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Ambiente, biodiversità, ecosistemi entrano nella Costituzione: prime letture
Prime letture della riforma costituzionale degli articoli 9 e 41
Pietro Rubellini, Direttore generale di ARPAT, ha introdotto il corso “Ambiente e Costituzione: un binomio da ripensare“ organizzato, venerdì 25 marzo 2022, dall’Ordine dei Geologi della Toscana, in occasione del quale il Professore Marcello Cecchetti, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Cagliari e l'avvocato Agostino Zanelli Quarantini hanno dato una prima lettura della riforma costituzionale.
ll Professore Marcello Cecchetti conferma quanto sottolineato dal Senatore Dario Parrini nel suo intervento, ovvero che la riforma nasce dalla necessità di colmare una lacuna del nostro ordinamento giuridico. Per questo si è introdotta la disciplina sostanziale sulla tutela dell'ambiente in Costituzione, dove, per la verità, il richiamo alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema compariva già dal 2001 con riferimento alle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Mancava, invece, un riferimento esplicito ad una disciplina sostanziale, introdotta, ora, con la legge costituzionale n.1 del 2022, che ha ritoccato due disposizioni della nostra Costituzione:
- l'articolo 9, aggiungendo un comma terzo ai due originali con il quale si dice che la Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi anche nell'interesse delle future generazioni ed aggiungendo anche che la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali
- l'articolo 41, in particolare il secondo e terzo comma, con il riferimento duplice al danno alla salute e al danno all'ambiente come limiti alla libertà di iniziativa economica privata, ed al terzo comma, l’aggiunta secondo cui l’attività economica, sia privata che pubblica, sia funzionalizzata sia ai fini sociali, indicazione preesistente, che a quelli ambientali, indicazione innovativa, attraverso programmi e controlli che la legge è abilitata a determinare.
Questa riforma fa emergere un cono di luce, da una parte, e un cono d'ombra, dall'altra.
Nel cono di luce si collocano alcuni contenuti normativi che sono sicuramente da apprezzare in quanto ha fatto emergere in forma di enunciati positivi quel diritto costituzionale che si era progressivamente formato nelle elaborazioni, ormai consolidate, del giudice costituzionale con alcune potenzialità evolutive ed innovative del nostro ordinamento costituzionale.
Nel cono d'ombra, oltre alla previsione della riserva di legge statale riferita alla disciplina dei modi e delle forme di tutela degli animali, frutto di un compromesso al ribasso tra le forze politiche, rientrano invece le molte ... troppe, omissioni, lacune, frutto forse anche queste di un compromesso a cui sono pervenute le forze parlamentari tanto da fare pensare che questo intervento di revisione, pur costituendo sicuramente un passo avanti, si configuri soprattutto come un'occasione mancata piuttosto che come un effettivo ed epocale passo decisivo per le politiche ambientali.
Nel cono di luce, secondo il Professore, è possibile ascrivere la traduzione e il consolidamento in enunciati normativi esplicitati di quelli che sono approdi a cui era giunto il giudice costituzionale nella sua giurisprudenza ormai decennale; la formulazione scelta ha i connotati dell'essenzialità e sobrietà, tipiche delle formulazioni costituzionali.
Ora con questa riforma, l'effetto è quello di tradurre in enunciati positivi questi valori ed acquisirli definitivamente al patrimonio della Carta costituzionale repubblicana, conferendo quella certezza e quella solidità che solo il riferimento testuale è idoneo a garantire. Al tempo stesso, il riferimento testuale è in grado di:
- garantire da eventuali arretramenti
- costituire fonte per possibili nuovi sviluppi futuri.
Nella positivizzazione di contenuti normativi, già presenti da decenni nel nostro diritto costituzionale di matrice giurisprudenziale, è possibile collocare alcuni elementi connotanti questa riforma.
La tutela dell'ambiente è finalmente citata nella sua corretta declinazione semantica, che ricomprende le sue principali componenti: biodiversità ed ecosistemi; la tutela ambientale si accompagna inoltre alla tutela del paesaggio, che era già presente nel testo originario dell'articolo 9 della Costituzione
L'intestazione soggettiva della tutela ambientale alla Repubblica esprime la peculiare ineludibile connotazione trasversale degli interessi ambientali, che riguardano, in ogni ambito di intervento, i pubblici poteri, con l'effetto di accogliere il principio del compito comune, proprio di tutti i soggetti pubblici, ciascuno ovviamente nella misura e nei limiti delle proprie competenze
La configurazione della tutela ambientale come valore costituzionale cioè come principio fondamentale a carattere oggettivo, affidato almeno in via prioritaria alla concreta implementazione di apposite politiche pubbliche scongiurandone così per ciò stesso il rischio che possa qualificarsi come una situazione soggettiva, ovvero che possa essere considerato come un diritto fondamentale che avrebbe un contenuto quanto mai aperto e indeterminato. L'ambiente, quindi, come oggetto di politiche.
La riforma fa emergere almeno due contenuti nuovi e potenzialmente di grande prospettiva.
Il riferimento all'interesse delle future generazioni viene iscritto per la prima volta nella Carta costituzionale, questo riferimento impone in primis ai legislatori il compito di guardare lontano ossia di costruire politiche ambientali che sappiano assicurare la coesistenza, che forse oggi è addirittura sopravvivenza di lungo periodo del genere umano. La dimensione intergenerazionale impone innegabilmente, anche per ragioni di efficacia e di effettività della tutela ambientale, di proiettare le politiche dell’ambiente nel medio- lungo periodo anche oltre il termine dei mandati degli organi elettivi ma anche oltre la dimensione delle generazioni presenti o comunque delle generazioni politicamente attive.
In altri termini, l'esplicito richiamo all'interesse delle future generazioni assurge a parametro sostanziale di legittimità costituzionale determinando le tipiche conseguenze del diritto costituzionale cioè conformare con un vincolo giuridico le scelte degli organi titolari della potestà normativa, imponendo ponderazioni e bilanciamenti che siano specificamente orientati a considerare gli effetti di lungo periodo delle scelte che si vengono a fare e rendendo queste ultime al tempo stesso misurabili e valutabili nelle pronunce dei giudici.
L'altra novità, meno evidente sul piano testuale ma non meno importante, è contenuta nella modifica del terzo comma dell'articolo 41 che fa riferimento ai fini ambientali a cui possono essere funzionalizzate le attività economiche con i programmi e i controlli che la costituzione affida alla legge. Questa modifica non pare essere una ricognizione dell'esistente già alcuni commentatori vi intravedono la prefigurazione di un deciso cambio di passo per le politiche pubbliche in materia di sviluppo economico poiché le finalità ambientali si configureranno come specifici obiettivi in grado di fondare e imporre giuridicamente la transizione ecologica.
Il fine ambientale non può costituire un obiettivo autonomo ma deve essere realizzato congiuntamente ai fini sociali, assicurando che la transizione ecologica, verso cui deve essere indirizzato lo sviluppo dell'economia, proceda di pari passo con lo sviluppo sociale e con una specifica attenzione alle esigenze di equità ed uguaglianza sostanziale. In definitiva questo principio, nella sua essenzialità, sembra di grandissima lungimiranza in quanto le politiche pubbliche a tutela dell'ambiente dovranno necessariamente configurarsi come politiche della complessità e coniugare economia, ambiente e sviluppo sociale.
Quelli sopra descritti sono i due contenuti maggiormente innovativi della riforma ma che al tempo stesso mettono in evidenza il cono d'ombra di questa revisione costituzionale che avrebbe dovuto prevedere molto di più per essere realmente all'avanguardia in tema di politica ambientale e proiettarsi in modo adeguate verso le sfide del millennio.
Nonostante i lungimiranti riferimenti all'interesse delle future generazioni e alle politiche della complessità, il legislatore costituzionale si è rivelato decisamente miope, essendosi di fatto limitato a confermare genericamente in capo ai poteri pubblici della Repubblica il compito di elaborare e implementare la politica ambientale con i soli vincoli della proiezione temporale generazionale e intergenerazionale e del connubio fra economia, ambiente e sviluppo sociale ma senza alcuna ulteriore specificazione nè di natura sostanziale né di natura formale-procedimentale. Specificazioni che risulterebbero più che mai indispensabile in questa materia ed in questo momento storico.
L'Avvocato Agostino Zanelli Quarantini conferma a sua volta nel suo internvento che la riforma non fa altro che consolidare un punto di arrivo formatosi attraverso le pronunce giurisprudenziali nell'arco di un quarantennio. Ora si è deciso di inserire espressamente l’ambiente nella Costituzione, nonostante fosse comunque già un valore tutelato costituzionamente, e si è deciso di farlo utilizzando una formulazione sobria e diciamo conforme alla migliore tecnica legislativa costituzionale.
Se ci si chiede se siano stati introdotti nuovi diritti o nuovi diritti azionabili rispetto al panorama costituzionale già vigente, la risposta effettivamente è no e neppure sono stati introdotti nuovi vincoli alla libertà di iniziativa economica. Anche in questo caso si sono semplicemente consolidati i principi già manifestati in tema di bilanciamento degli interessi costituzionalmente tutelati.
Il diritto dell'ambiente introdotto in Costituzione non è da intendersi come diritto all'ambiente. La novità del diritto si riduce alla scelta di politica costituzionale, fatta dal legislatore, che ha voluto inserire il diritto dell'ambiente tra i principi fondamentali ma non tra i diritti individuali. Ne segue quindi che anche alla domanda se è immediatamente azionabile un diritto all'ambiente alla luce di questa riforma costituzionale, la risposta tendenzialmente è no, nel senso che non corrisponde al diritto dell'ambiente un'analoga posizione giuridica soggettiva individuale che può essere tutelata dinnanzi al giudice ordinario.
La riforma nella sua formulazione supera la visione antropocentrica dell’ambiente per introdurne una ecocentrica, che va nella direzione di vedere l’ambiente, insieme all’ecosistema e alla biodiversità, al centro dell'attenzione. Questo ci chiama ad interrogarci sulla natura dell'ambiente e sulla tutela dell'ambiente come bene pubblico, bene comune, ovvero l'ambiente è da considerarsi come all'interno di un elenco di beni comuni. Si tratta di un interesse diffuso, non un diritto soggettivo, non una posizione giuridica soggettiva. Questo ci porta ad un’ulteriore domanda, ovvero quella sulla tutelabilità giudiziaria di questo interesse diffuso che è l’ambiente nel suo insieme, in sostanza: chi è legittimato a far valere una lesione al diritto dell'ambiente?.
Questa riforma, fondata sull'ambiente come bene comune, ci porta anche a chiederci se non sia necessario superare i restrittivi criteri di accesso alla giustizia attualmente previsti dal nostro ordinamento giuridico, infatti il sistema di accesso alla giustizia è legato al diritto soggettivo quindi se non c'è un diritto soggettivo non c'è giustiziabilità.
Ci sono degli esempi all'estero, soprattutto nei paesi di common law, che consentono ai gruppi di interesse di esigere il rispetto da parte dello Stato o della Repubblica di tutte le sue mansioni e compiti, ovvero, in questo caso, l'obbligo di tutelare l'ambiente da parte dello Stato. La sfida è quella di prendere spunto dalle esperienze, magari di altri paesi, sui rimedi esperibili anche sotto forma di legittimazione straordinaria per invocare il rispetto degli obblighi di tutela ambientale laddove ci sia un inadempimento o un rischio di inadempimento.
Questa riforma, dunque, ci spinge a trovare nuove soluzioni verso modelli di azionabilità dei diritti, degli interessi diffusi che superi i criteri della legittimazione ad agire che sono attualmente legati al concetto di diritto soggettivo.
Alcuni esempi di legittimazione straordinaria ci sono anche in Italia, si tratta della legittimità straordinaria istituita dalla legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, che ha riconosciuto alle associazioni ambientaliste riconosciute e poi anche a quelle non riconosciute, sulla base di determinati requisiti della legittimità ad agire. Partendo da questo esempio si potrebbe pensare di dare anche a soggetti che si trovano in una posizione di vantaggio, per proprie competenze o non solo per il criterio di vicinitas (prossimità), la legittimità ad agire. Si potrebbe pensare, ad esempio, agli ordini professionali, che sono maggiormente in grado di individuare i rischi connessi ad una non corretta gestione dell'ambiente o di individuare eventuali inadempimenti da parte delle istituzioni. L’Ordine dei geologici, che oggi ospita questo corso di formazione, potrebbe essere uno dei soggetti idonei ad ottenere il riconoscimento di soggetto legittimato ad agire proprio per le proprie competenze, per la prossimità, per la capacità di individuare i rischi e gli effetti legati all'inerzia nel campo delle bonifiche, del rischio idrogeologico e altro ancora. In questo modo, quindi, si potrebbero creare forme di legittimazione ad agire legate al ruolo svolto come soggetto professionale o soggetti o enti intermedi.
Il novellato art 41 della Costituzione, invece, prevede che l'iniziativa economica privata, che è libera, non possa svolgersi in contrasto con l'utilità sociale e neppure in modo da recare danno alla salute e all'ambiente. In questo caso, l'attività economica privata va intesa nel senso di processo produttivo, deve contemplare tra i vari costi anche quelli ambientali come contempla quelli collegati alla sicurezza e altri elementi.
Nell'ambito del processo produttivo, il privato deve farsi carico di questi oneri, di questi costi, ma questo principio era già conosciuto all’interno del nostro ordinamento giuridico, pensiamo al principio di chi inquina paga, introdotto dal diritto comunitario ma non solo a questo. Dal punto di vista ambientale quindi i processi produttivi devono tenere conto di precisi standard ambientali, delle migliori tecniche disponibili, in modo da garantire un processo produttivo rispettoso dell'ambiente. Lo stesso deve avvenire in fase di autorizzazione degli impianti produttivi, anche in questo caso il nostro ordinamento già prevedeva alcune specifiche tutele ambientali da valutare nel corso del procedimento atutorizzativo previsto ’autorizzazione integrata ambientale.
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