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Ambiente, biodiversità ed ecosistema entrano in Costituzione. Un passaggio storico: cosa cambia?
Risponde alle nostre domande Fausto Ferruzza, Presidente Legambiente Toscana
Proseguiamo il nostro approfondimento su quali potranno essere le implicazioni della tutela costituzionale dell’ambiente, della biodiversità e dell’ecosistema, intervistando Fausto Ferruzza, Presidente Legambiente Toscana, a cui abbiamo rivolto anche alcune domande sugli effetti ambientali e sulle scelte, in particolare energetiche, conseguenti agli avvenimenti bellici in corso in Ucraina.
Dopo qualche decennio, la Carta fondamentale della Repubblica recepisce importanti novità, dando attenzione all’ambiente, al termine di un iter durato quasi tre anni. A cosa dobbiamo questo ritardo e perché solo adesso abbiamo raggiunto questo traguardo?
Registriamo oggi la conclusione, persino insperata, di un percorso complesso, costellato di difficoltà e reticenze, in cui per una volta si è deciso meritoriamente di arretrare sul piano delle identità politiche particolari per fare un enorme passo in avanti - tutti assieme - come sistema Paese. Questa, sul piano valoriale, mi pare la prima cosa degna di nota. Non banale.
La seconda è contestuale e richiama la straordinaria urgenza che evoca l’ultimo Rapporto IPCC. Gli impatti della crisi climatica sono gravi, già nel breve periodo, tanto che la comunità scientifica prevede, da subito, un rapido aumento della povertà e una riduzione della sicurezza alimentare in larghi strati della popolazione planetaria, oltre al moltiplicarsi di conflitti, anche a scala regionale, per l’approvvigionamento idrico ed energetico.
Da questo punto di vista, sento di dover tributare un caloroso riconoscimento al movimento giovanile Fridays For Future, senza la cui forza propulsiva non si sarebbero create le condizioni culturali e politiche ideali per questa riforma.
Queste modifiche sono storiche e decisive per la qualità della vita delle persone, che riconoscono l’importanza fondamentale della tutela dell’ambiente, ma non saranno determinanti se non saranno accompagnate da atti e leggi in grado di attivare prassi virtuose. Qual è il ruolo di Legambiente e quali i contenuti prioritari della riforma su cui s’impegnerà l’Associazione?
Per quanto riguarda il nuovo art. 9 della Costituzione, la sfida che interroga non solo Legambiente bensì tutto l’associazionismo vocato alla tutela è e sarà il modo col quale riusciremo a contemperare le pressanti istanze ecologiste dettate dall’emergenza climatica al governo delle trasformazioni paesaggistiche.
In logica formale diremmo atque atque e assolutamente non aut aut. Dal mio punto di vista, è infatti profondamente sbagliato contrapporre ambientalisti e paesaggisti.
Il nostro paesaggio non ha niente di selvaggio. Nessun territorio da noi, nel Belpaese, può dirsi completamente naturale. Al contrario, il paesaggio italiano è stato incessantemente modellato dai suoi abitanti, e per molti secoli ciò è avvenuto con una misura e con una grazia uniche a livello mondiale. Negli ultimi decenni, invece, a partire dal boom economico degli anni sessanta, le trasformazioni sono state rapide, caotiche e irriguardose rispetto al contesto. La nostra scommessa, che non è solo raccolta in quanto ambientalisti, ma soprattutto in quanto cittadini di questa peculiare generazione, è quella di progettare un nuovo bel paesaggio, che sappia abbattere le ciminiere e i tanti moloch dell’era fossile e sappia accogliere gli impianti della rivoluzione energetica (rinnovabili ed efficienti !) e dell’economia circolare.
Siamo consapevoli che sul cammino di questa sfida incontreremo resistenze e avversari dichiarati, ma questo non ci spaventa perché è intimamente giusto nella sua moralità umanista.
Per quanto riguarda invece il nuovo art. 41 della Costituzione, esso richiama e rafforza il nostro impegno di vigilanza contro tutte le illegalità ambientali. Questo momento suggella un percorso iniziato con l’approvazione della L. 68/2015, che inserì finalmente gli ecoreati nel codice penale. Non si può intraprendere un’attività economica senza prima preoccuparsi delle conseguenze che essa può arrecare alla salute e all’ambiente di vita delle persone.
Si può nascondere dietro la formula di tutela costituzionale dell’interesse ambientale, ecosistema e biodiversità, il rischio di una sorta di “green washing” della politica?
Francamente, sono lontano anni luce dalla cultura dietrologica di chi ha salutato la riforma come il de profundis della tutela del paesaggio nel nostro Paese. La coerenza e la giustezza della riforma dovranno essere valutate con equilibrio e imparzialità quando essa creerà giurisprudenza, atti, leggi, piani e, mi verrebbe da dire, soprattutto, comportamenti collettivi. Di tutti noi. Perché è di tutta evidenza che la Carta Costituzionale vive con noi, con le nostre posture civiche e i nostri stili di vita.
Le terribili notizie dell’aggressione russa all’Ucraina stanno minacciando gravemente la vita, la libertà, il presente e il futuro della popolazione ucraina. Qual è l’impatto della guerra in Ucraina, dove sono presenti un numero consistente di reattori nucleari ?
Le immagini che ci provengono in tempo reale dall’Ucraina sono devastanti. Da ogni punto di vista. Morte, distruzione, civili inermi che scappano a piedi dall’orrore. Sono immagini che non avremmo voluto mai più rivedere. Dopo la seconda guerra mondiale e le guerre fratricide che hanno visto dissolvere l’ex Jugoslavia, l’Europa è precipitata di nuovo nel baratro dei genocidi. Questo è il mio primo pensiero.
Poi, certo, da ambientalista non posso dimenticare che la nostra associazione è nata sull’onda dei movimenti pacifisti anti-nucleare della fine degli anni Settanta. E non posso dimenticare soprattutto che la regione di Chernobyl soffre ancora (e sarà così per secoli) le conseguenze del disastro del 26 aprile 1986. Non oso immaginare cosa potrebbe succedere se un ordigno, anche solo per errore, colpisse una delle 15 centrali ucraine. Tutta questa storia non può non crearci un’angoscia opprimente. Alla quale rispondo con una sola parola, urlata con tutta la forza che ho: PACE!
Sul versante energetico, anche l'Italia, come il resto dell'Europa dipende dall’importazione di gas di imprese russe. Quale piano energetico di emergenza dovrebbe adottare l’Italia e cosa cambia per la transizione energetica con la crisi in atto? E con quale modello di sviluppo?
Questa crisi conclama definitivamente la morte del modello di sviluppo lineare (preleva-usa-getta) basato sulle fonti fossili di energia. È una prova terribile quella che stiamo affrontando, una prova di cui noi tutti avremmo volentieri fatto a meno, ma essa ci obbliga a capovolgere il nostro atteggiamento mentale. Non possiamo più pensare a soluzioni tampone, di basso profilo. Neanche nel breve periodo.
Dobbiamo invece immaginare coraggiosamente un nuovo modello, decentrato, solidale, democratico che utilizza tutte le generose potenzialità dell’efficientamento energetico e dello sviluppo massivo delle fonti rinnovabili sui territori. Un mix sapiente, fatto di solare, eolico, biomasse, geotermia, biogas, idroelettrico etc.
Una rivoluzione ci attende. Una rivoluzione che dovrà «modellare» necessariamente i nostri territori, per liberarli dal degrado e trasformarli finalmente in meravigliosi paesaggi di pace.
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