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Quante e quali risorse per proteggere l'ambiente?
I conti dell’ambiente di Istat forniscono informazioni statistiche sulla interazione tra i sistemi economico ed ambientale
A partire dai primi anni ‘90 Istat ha avviato la sua attività di contabilità ambientale, con la produzione di conti, in modo coerente con le metodologie definite in ambito europeo. L’integrazione tra economia e ambiente risulta fondamentale per affrontare e rispondere alla sfida della sostenibilità ecologica del processo socio-economico.
I conti ambientali presi in considerazione da Istat riguardano: flussi di materia, flussi di energia, emissioni in atmosfera, imposte ambientali, beni e servizi ambientali.
Flussi di materia, ovvero l’uso di risorse materiali da parte del sistema socioeconomico. Dal 1951 al 2006 l’estrazione interna dell’Italia è passata da 189 milioni di tonnellate nel 1951 a 600 nel 1973, è crollata tra il 2008 e il 2012, in corrispondenza della crisi economica, per stabilizzarsi poco sopra i 300 negli anni più recenti.
Tra i minerali estratti in Italia è preponderante la categoria dei minerali non energetici ovvero quelli per l’industria chimica, manifatturiera e da costruzione: nel tempo, questa grande massa di materiali si è accumulata sul territorio italiano sotto forma di edifici, capannoni, strade, ponti, dighe, tubature, tralicci, impianti sportivi e infrastrutture d’ogni tipo.
Venendo all’importazione di risorse naturali, il paese dipende molto da materiali provenienti dall’estero nel soddisfacimento del fabbisogno dell’economia nazionale. Questo fa sì che l'Italia abbia una responsabilità diretta per gli impatti ambientali subiti da altri territori. La crescita quasi costante del grado di apertura internazionale del sistema italiano può essere colta anche attraverso il rapporto tra le tonnellate importate e quelle estratte internamente, rapporto che passa da 0,15 (1951) a 0,98 (2019).
Flussi fisici di energia. Il consumo energetico al netto delle trasformazioni, tra il 2008 e il 2018, si è ridotto del 17,2%, attestandosi nel 2018 a 7,04 milioni di terajoule, di cui l’80% è costituito da energia dissipata, il 14% da perdite di trasformazione, l’1% da perdite di distribuzione e il 5% da uso non energetico.
L’incidenza dei consumi delle famiglie è del 31%, superiore a quella della media UE27, pari al 25%. Il rapporto con il Pil è più favorevole per l’Italia, con circa 4,46 terajoule per milione di euro contro una media europea di 5,30.
Emissioni in atmosfera. Tra il 2008 e il 2018 si registra una riduzione generalizzata delle emissioni di sostanze climalteranti e inquinanti atmosferici.
Le emissioni di gas climalteranti sono pari, nel 2019, a oltre 431 milioni di tonnellate di CO2 equivalente: tra il 2008 il 2019 hanno subìto una riduzione del 25,5%, corrispondente a un calo medio annuo del 2,6%, questo calo si confronta con una riduzione delle attività produttive molto meno marcata, infatti, sebbene negativa, la dinamica del Pil ha fatto registrare una diminuzione media annua dello 0,3%.
Tutti i settori economici e le famiglie hanno contribuito a questo calo, anche se in maniera molto diversificata rispetto alle sostanze rilasciate in atmosfera. La quota dell’industria sul totale nel 2019 genera ancora quasi la metà delle emissioni climalteranti totali, pur essendo diminuita notevolmente rispetto al 2008. Le famiglie contribuiscono alle emissioni dell’intera economia con una quota pari al 25,7%, i servizi con il 16,9% e l’agricoltura con il 9,1%, tutte in aumento rispetto al 2008.
Imposte ambientali. Nel 2019, il gettito delle imposte ambientali in Italia sfiora i 59 miliardi di euro, mantenendo un livello quasi stabile dopo il massimo raggiunto nel 2016 (59,5 miliardi di euro).
L’andamento complessivo delle imposte ambientali è influenzato soprattutto dalla dinamica delle imposte sull’energia, il cui gettito, pari a 47 miliardi di euro nel 2019, rappresenta mediamente l’80% di queste imposte. L’altra componente significativa è rappresentata dalle imposte sui trasporti (circa 19%) mentre la componente residua del gettito è costituita dalle imposte sull’inquinamento. Il gettito di queste ultime deriva quasi totalmente da due tributi: “funzione tutela e protezione dell’ambiente” e “tributo speciale per il deposito in discarica”.
Considerando l’incidenza delle imposte ambientali sul totale delle imposte e dei contributi sociali, questa passa dal 6,2% del 2008 all’8,3% del 2016, cui fa seguito un triennio di progressivo calo che porta al 7,9% registrato nel 2019.
Oltre la metà del gettito viene pagata dalle famiglie, mentre una quota che giunge al 44% nel 2018 è corrisposta dalle attività economiche, il 2% è la quota residua generata dai non residenti.
La fiscalità ambientale è tra gli strumenti messi in campo per garantire la tutela ambientale, scoraggiare comportamenti potenzialmente dannosi per l’ambiente, stimolare la ricerca e l’investimento in fonti di energia rinnovabili. Non necessariamente, però, al gettito ricavato dalle imposte ambientali corrisponde un’allocazione di risorse finanziarie per interventi di “protezione dell’ambiente”. In Italia, l’ammontare del gettito delle imposte ambientali esplicitamente finalizzato al finanziamento di interventi di protezione ambientale rappresenta una quota molto esigua del totale (1% per l’intero decennio 2010-2019).
Beni e servizi ambientali. La produzione di beni e servizi ambientali è passata da 72,7 miliardi del 2014 a 80,4 miliardi del 2018 e il valore aggiunto ha raggiunto 33,1 miliardi di euro, con un aumento del 7,2%.
Entrando nel dettaglio delle finalità ambientali, l’erogazione di servizi riguarda tutti gli ambiti della protezione dell’ambiente, ma prevale in quelli del trattamento delle acque reflue e della gestione dei rifiuti. Per quanto riguarda i beni, sono realizzati per tutte le finalità di protezione dell’ambiente poiché includono i beni necessari allo svolgimento delle attività ambientali (strumenti e macchinari per la misurazione, analisi e mitigazione dell’inquinamento).
Nel 2018, la spesa nazionale per la protezione dell’ambiente è risultata di oltre 32 miliardi di euro, pari all’1,84% del Pil, con un incremento rispetto al 2016 di oltre il 4%.
Quasi la metà della spesa ha riguardato attività per prevenire la produzione di rifiuti pericolosi e non-pericolosi e ridurne gli effetti nocivi sull’ambiente attraverso la raccolta, il trattamento, lo smaltimento.
Poco meno di un quarto delle risorse per la protezione dell’ambiente sono state spese per la gestione delle acque reflue, comprensiva di attività di prevenzione dell’inquinamento delle acque superficiali tramite la riduzione degli scarichi di acque reflue e della raccolta e il trattamento delle acque reflue stesse. Le spese sostenute per le altre attività di protezione dell’ambiente – per aria e clima, decontaminazione del suolo inquinato, riduzione del rumore, salvaguardia della biodiversità e del paesaggio, protezione dalle radiazioni – ammontano complessivamente a circa 8,5 miliardi correnti, un valore pressoché invariato nel periodo.
Per approfondimenti: Economia e ambiente. Una lettura integrata
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