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La comunicazione nelle grandi opere
Intervista agli autori del capitolo dedicato alla comunicazione nelle Linee guida per la gestione sostenibile delle venute d’acqua e del calore geotermico nelle gallerie
Nel documento Linea guida sulle metodiche da adottare per una gestione sostenibile della risorsa idrica in galleria, di cui abbiamo parlato in una precedente Arpatnews, un capitolo è dedicato specificatamente alla comunicazione e al ruolo che essa riveste nella progettazione e realizzazione di una grande infrastruttura.
Come Settore Comunicazione e informazione di ARPAT, abbiamo quindi deciso di rivolgere alcune domande agli autori del capitolo, Antonio Dematteis (A), della Lombardi Engineering Limited, coordinatore gruppo di lavoro GESTAG-Studio della gestione sostenibile delle acque nelle gallerie, e Sergio Vazzoler (S), Partner Amapola, consigliere nazionale FERPI.
Nelle Linee guida sulle metodiche da adottare per una gestione sostenibile della risorsa idrica in galleria si sottolinea l'importanza di utilizzare, nella comunicazione con gli stakeholders e quindi anche con i cittadini, una terminologia che non sia “ultra-tecnica”. Quali suggerimenti potete dare per mettere in pratica questo aspetto? Chi dovrebbe occuparsene secondo voi?
A: Le due domande sono giustamente poste assieme, perché sono collegate. Partiamo dalla seconda. Il proponente è il responsabile e quindi in genere è colui che si fa carico della comunicazione, tramite professionisti specializzati e responsabili dell’Ente che “mettono la faccia”. Per questo il proponente deve ovviamente richiedere anche l’aiuto dei progettisti e, nel caso la costruzione sia già in corso, anche del costruttore. La terminologia che generalmente viene utilizzata dai tecnici è necessariamente tecnica. Il tema degli impatti non è necessario banalizzarlo pensando di parlare a persone non in grado di capire. Generalmente si introduce con sintesi non tecniche, accompagnate da approfondimenti tecnici. La comunicazione non dovrebbe essere solo frontale, ad un senso. Uno stakeholder interessato (e possibilmente anche influente nelle decisioni) è più efficacemente informato quando ha la possibilità di interloquire.
S: L’obiettivo della comunicazione è sempre garantire trasparenza e comprensione da parte del nostro interlocutore. L’adozione di una terminologia troppo tecnica – per quanto necessaria a veicolare con precisione i contenuti – rischia, se non supportata da adeguate spiegazioni, di divenire un muro alla comprensione. Quindi il primo suggerimento è accompagnare la trattazione tecnica con un approccio più discorsivo, trasformare il dato specialistico in un dato esperibile concretamente per il nostro interlocutore. È necessario non banalizzare, né semplificare eccessivamente, ma riportare il dato scientifico ad un’esperienza reale comprensibile per lo stakeholder. È compito del comunicatore, o del team di facilitazione individuato dal proponente, veicolare questi contenuti e accertarsi dell’effettiva comprensione da parte degli stakeholder coinvolti.
Il contenuto della comunicazione deve provenire dal gruppo di progettazione che la trasferisce al proponente e/o proprietario dell’opera e da qui deve essere diretta verso la popolazione locale attraverso media e con linguaggio specifico. Chi opera e traghetta questa comunicazione dal gruppo di progettazione all'utente finale? È previsto il ricorso a professionalità specifiche?
A: Lascio a voi l’ovvia risposta…
S: Dovrebbe essere sempre un team di comunicatori specializzati a traghettare la comunicazione, proprio perché si tratta di un processo complesso che chiama in causa professionalità e competenze specifiche che devono collaborare insieme. I comunicatori utilizzano una cassetta degli attrezzi in cui trovano posto strumenti di engagement, di facilitazione, di moderazione del dibattito pubblico, che facilitano questo percorso di osmosi rendendo comprensibile il contenuto dell’opera. Ma non si tratta soltanto di travasare nozioni. Il vero valore aggiunto offerto dal ricorrere a un team di comunicazione sta nel creare coinvolgimento. Per esperienza sappiamo – e sono molti i casi che possono essere citati – che un’opera sostenuta solo da una valanga di informazioni, non sempre viene accolta con positività. Oltre a informare è necessario ascoltare, coinvolgere, far dibattere, comporre posizioni divergenti arrivando a posizioni il più possibile condivise. E, aspetto spesso sottovalutato, occorre motivare le proprie decisioni: una buona motivazione spesso incide sulla valutazione dei nostri interlocutori tanto quanto il merito di quella decisione.
La popolazione non vuole solo ascoltare ed essere ascoltata, ma vuole potere partecipare, anche suggerendo modifiche ai progetti delle opere. Spesso questo coinvolgimento viene fatto, ma come mero adempimento burocratico, e ciò rende difficile instaurare un rapporto fiduciario e diventa causa del naufragio di esperienze di partecipazione. Quali suggerimenti potete dare per superare questo problema?
S: Innanzitutto definire il grado di coinvolgimento dei nostri stakeholder e definire da subito le “regole d’ingaggio”. Il primo suggerimento è non generalizzare, ma analizzare e profilare con cura l’interlocutore proponendogli contenuti e modalità di comunicazione coerenti. Il secondo suggerimento è adottare un atteggiamento trasparente e coerente. Le esperienze di coinvolgimento naufragano quando – banalmente – non sono supportate da atteggiamenti coerenti, quando gli esiti di questo coinvolgimento non vengono presi in considerazione. Meglio anticipare subito quale sarà il “perimetro” del campo da gioco.
A: Vedi la mia risposta alla prima domanda.
Nel capitolo si accenna all’importanza del coinvolgimento “ex-ante” delle comunità locali. Non pensate che andrebbe in realtà promossa come la sola modalità efficace di comunicare in questi casi?
A: Si, è molto importante “chiedere il permesso di entrare in casa d’altri prima di entrare”. Se fatto quando uno è già dentro casa non c’è sorriso e caramella che tenga, il padrone di casa a quel punto è già maldisposto, per non dire arrabbiato nel caso una abbia anche le scarpe sporche di fango…
S: Sì, concordo che le comunità locali dovrebbero essere sempre sondate in anticipo, ma con la consapevolezza che l’eventuale opposizione vada gestita e composta. Se il proponente ente pubblico è convinto – per fondate evidenze scientifiche – della bontà di un intervento, l’eventuale opposizione delle comunità locali va gestita (non ignorata, non “sedata”, ma seriamente presa in considerazione) per arrivare a posizioni condivise e informate. Troppo spesso si è infatti utilizzata come scudo l’opposizione (vera o presunta) delle comunità locali per conservare vantaggio politico e non incorrere in fenomeni di erosione dello stesso. Un fenomeno NIMBY attuato in prima persona da alcuni amministratori timorosi di perdere consenso (NIMTO, Not In My Term of Office). Le comunità andrebbero rispettate sempre: né ignorate e bypassate, né utilizzate per rendiconto politico.
Tra le modalità per operare il coinvolgimento degli stakeholders citate l’inchiesta pubblica prevista dall’art. 24 bis del DLgs 152/2006. Le gallerie però, sia esse stradali, ferroviarie, idrauliche, sottostanno di norma a VIA (o almeno ad assoggettabilità a VIA), perché ricomprese nelle opere che vi ricadono. Possono quindi rientrare anche tra le opere per cui il Decreto 76/2018 prevede l'effettuazione di un dibattito pubblico? Ci sono in Italia esperienze in tal senso?
A: Non sono preparato. Spero che voi abbiate più esperienza italiana su questo. Qui in Australia è diverso, ma è un’altra storia…
S. Il Gruppo di Lavoro tecnico avviato dal Governo Conte II per la valutazione dei sistemi di attraversamento dello Stretto di Messina ha stilato una relazione, trasmessa recentemente dall’attuale Ministro della Mobilità Sostenibile, Giovannini, ai Presidenti di Camera e Senato. Nella relazione che cita le diverse alternative progettuali, il GdL ha ritenuto di definire i contenuti e le analisi che andranno previste nella prima fase del Progetto di Fattibilità, anche in coerenza con quanto previsto nel regolamento sullo svolgimento del dibattito pubblico (DPCM n. 76/2018).
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