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I cittadini protagonisti delle politiche
Le scelte e i comportamenti dei singoli aumentano l'efficacia delle iniziative di governo, soprattutto in campo ambientale
Che i cittadini abbiano oggi giorno un ruolo fondamentale per la buona riuscita di politiche e iniziative di governo è ormai innegabile: senza il contributo di ciascuno di noi, con i nostri stili di vita, le nostre azioni quotidiane e le nostre scelte, di consumo e di mobilità per dirne solo alcune, difficilmente si otterranno quei cambiamenti significativi che piani e programmi, internazionali, nazionali e locali, prospettano.
Ecco che il coinvolgimento del cittadino deve necessariamente diventare un obiettivo della pubblica amministrazione che quei piani e programmi mette in pratica. Per fare ciò è sicuramente prioritario che la PA si metta in ascolto del cittadino, andandogli incontro e facilitando il più possibile la relazione; assunto del resto richiamato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che tra gli obiettivi indica proprio una "Pubblica Amministrazione efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, veramente al servizio del cittadino".
Senza scomodare l'attualità, non possiamo non dimenticare poi che sono ormai diversi anni che l’ordinamento comunitario e le norme internazionali prevedono diritti e obblighi partecipativi dei cittadini, che le istituzioni sono tenuti a garantire. Su Arpatnews abbiamo più volte parlato dell'esperienza a tal proposito della Regione Toscana.
Dal canto loro, i cittadini, se non attivati dall'ente pubblico, si muovono anche in maniera autonoma, rendendosi sempre più parte attiva della cosa pubblica, realizzando, nel proprio contesto locale o su una scala anche più ampia, dei cambiamenti tangibili. Stiamo parlando di persone che si rimboccano le maniche per risolvere un problema che affligge il territorio o la comunità, diventando a tutti gli effetti corresponsabili del buon andamento del bene comune.
Da parte delle amministrazioni invece, al di là delle norme e dei coinvolgimenti più o meno formali, quanto è davvero messa in pratica e realmente sentita la partecipazione del cittadino? Quanto quest'ultimo è considerato un partner irrinunciabile per raggiungere gli obiettivi di governo e delle amministrazioni in generale, in particolare in campo ambientale?
Le iniziative forse più interessanti da questo punto di vista sono quelle che esulano dalla consuetudine e dalla concezione stereotipata della PA, composta di tavoli ed organismi più o meno formali: ne è un esempio la nascita, negli ultimi anni, dell'assessore alla gentilezza, una figura cioè che dovrebbe favorire proprio lo sviluppo di pratiche costruttive condivise, coinvolgendo le istituzioni e i cittadini in un’organizzazione allargata e partecipativa, stimolando quindi soluzioni per rendere la società più aperta, inclusiva e rispettosa. L'iniziativa, nata nel 2019 su impulso dell'associazione Cor et Amor e del Movimento Mezzopieno, porta con sé anche il principio secondo cui con la gentilezza si possano raggiungere proprio quei cambiamenti di cui parlavamo all'inizio.
Le amministrazioni e i decisori politici hanno a tal proposito a disposizione da qualche tempo uno strumento che utilizza i risultati dell'economia cognitiva applicata attraverso l'introduzione di una regolamentazione basata sul nudge, concetto nato dal lavoro dell’economista Richard Thaler e del giurista Cass Sunstein. Si tratta, tradotte in italiano, delle “spinte gentili” (rinforzi positivi, suggerimenti, aiuti indiretti..), adatte a orientare e cambiare i comportamenti dei cittadini, rendendoli armonici e incanalati verso il bene collettivo, senza però proibire o sanzionare in alcun modo le altre possibili opzioni. La teoria del nudge sostiene quindi che si possano indirizzare le scelte dei cittadini attraverso stimoli più o meno impliciti, piuttosto che tramite il canale rigido e burocratico delle norme.
Le spinte gentili, come racconta in un'intervista a Il cantiere delle donne Irene Ivoi, esperta di sostenibilità ed anche di nudge, inducono a risultati positivi anche nel campo delle buone pratiche ambientali poiché possono orientare il comportamento e incidere fortemente sulla sostenibilità.
Nell'intervista si racconta, ad esempio, l'esperienza del muro della gentilezza, nata nel 2015 in Iran con lo scopo di offrire cappotti e coperte ai senzatetto per proteggersi dal freddo e arrivata oggi a riguardare non solo vestiti, ma anche libri ed altri oggetti, un esempio di atto gentile che risponde al concetto di condivisione e rimessa in circolo, nel segno del rispetto per il prossimo e l'ambiente. Anche ARPAT, nella sua Pillola di sostenibilità dedicata a Vestirsi in modo sostenibile, ha indicato proprio questa buona pratica come una delle possibili azioni per ridurre l'impronta ecologica del nostro stile di vita.
I muri della gentilezza sono sparsi in tutto il mondo, anche in Italia, alcuni hanno avuto successo, altri meno, come quello di Roma, che era purtroppo diventato una sorta di discarica. Per evitare il fallimento di questa bella idea di solidarietà una delle risposte messe in campo, ad esempio in Svezia, a Uppsala, è quella di far diventare il muro un’istallazione artistica che, oltre a offrire un servizio, abbellisce anche la città.
La stessa Ivoi è coautrice del recente studio Ref Ricerche La “spinta gentile”: riforma a costo zero in cui vengono analizzati in particolare i servizi pubblici locali, come la gestione delle acque e dei rifiuti, in quanto terreni importanti di sperimentazione di questi strumenti.
A tal proposito lo studio riporta l'esperimento condotto nel 2014 presso il collegio Sant’Anna di Pisa dove è stato misurato il numero di bicchierini presenti nei cestini dedicati alla raccolta differenziata posizionati nei paraggi delle macchinette del caffè. L'esperimento ha previsto due interventi che utilizzavano due diverse leve comportamentali: da una parte la facilità, ovvero l’utilizzo di cestini più grandi e più accessibili in cui correttamente smaltire i bicchierini usati, dall'altra la pressione sociale stimolata tramite una serie di cartelli che stimolavano una competizione con prestigiose università estere. Un primo trattamento prevedeva l’utilizzo esclusivo della pressione sociale, un secondo invece prevedeva l’implementazione anche del nudge con il re-design dei conferimenti. L’esito dell'esperimento è stato molto significativo: in assenza di nudge la percentuale di bicchierini correttamente conferiti era pari a circa il 4%, l’uso esclusivo della pressione sociale ha fatto crescere la percentuale a circa il 35% e l’uso integrato dei due stimoli ha invece fatto crescere questa percentuale sino a quasi il 100%.
Un altro esperimento riportato nello studio riguarda lo spreco alimentare ed è stato condotto nel 2018 dalle università Tor Vergata e di Ferrara in ristoranti delle province di Torino e Rieti, in cui sono state distribuite 716 doggy bag (70% in più rispetto a quanto distribuito normalmente negli stessi locali). I clienti dei ristoranti interessati sono stati sottoposti a due tipi di comunicazione: da una parte cartellini sui tavoli con il messaggio “Sempre più Italiani utilizzano la doggy bag per portare via il cibo non consumato. Qui, se vuoi, puoi farlo anche tu. Chiedi la doggy bag al tuo cameriere”, con lo scopo di ridurre il senso di vergogna e stimolare l'azione attraverso il comportamento degli altri. Dall'altra i cartellini avevano il messaggio “Alla fine del pasto ti consegneremo la doggy bag con il cibo che non hai consumato. Se oggi non la vuoi, fallo sapere al tuo cameriere. Grazie!”, prevedendo che fosse il cliente a dover chiedere la doggy bag in caso di avanzi. Tra i due gruppi quello che ha dato i risultati migliori è stato il primo: potersi sentire simili ad altri cittadini nella richiesta della doggy bag ha generato un beneficio maggiore rispetto all’ottenerla in modo automatico.
Un'interessante rassegna di altre esperienze di nudging condotte in ambito ambientale è stata anche realizzata dalla Fondazione Cariplo e disponibile on line.
Gli studiosi sono concordi nel riconoscere che attraverso il nudging e la gentilezza in generale, lasciando il cittadino sempre libero di decidere, a differenza delle norme, delle disposizioni e delle direttive, si possa dar vita a tanti piccoli comportamenti sostenibili, armonici e coerenti; non saranno cambiamenti repentini e di grande portata, ma la loro somma potrà generare, poco alla volta, quel "salto di specie" che si rende sempre più necessario. Le Pillole di sostenibilità di ARPAT, dal canto loro vorrebbero fare proprio questo: nessun medico le prescrive e le impone, sono piccole azioni, da applicarsi in contesti differenti della nostra quotidianità, che ciascuno può scegliere, "assumere" e mixare secondo le proprie attitudini e i propri tempi.
Testo di Maddalena Bavazzano
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