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Dalla produzione al commercio: gli impatti dei cambiamenti climatici sul settore agricolo
Rischi associati al cambiamento climatico sono sempre più avvertiti in tutto il settore agricolo, dalla produzione, alle infrastrutture, al commercio, alla finanza
Il cambiamento climatico influenzerà il settore agricolo, in Europa e non solo, alterando le condizioni di crescita delle colture regionali e l'incidenza dei parassiti.
Sebbene la produzione agricola globale aggregata non dovrebbe diminuire prima del 2050, le zone di coltivazione e produzione cambieranno, i rendimenti annuali diventeranno più variabili e aumenterà la variabilità dei prezzi delle materie prime agricole. Ciò influenzerà i modelli di coltivazione, il commercio internazionale e i mercati regionali.
Questo è quanto emerge da un briefing dell'Agenzia europea per l'ambiente che ha anche analizzato la vulnerabilità ai cambiamenti climatici dei paesi di origine dei prodotti e ha cercato di delineare le strategie di adattamento da mettere in atto.
L'infografica che segue, che descrive i fattori fisici del cambiamento climatico e i loro impatti sui sistemi di produzione e quelli socioeconomici a cascata, è tratta dal Report dell'Agenzia europea e liberamente tradotta dalla Redazione.
Commercio agricolo internazionale e meccanismi di mercato
Quasi un quarto del cibo per il consumo umano è scambiato sui mercati internazionali anche se questa proporzione varia ampiamente a seconda della merce: per riso, burro e maiale è inferiore al 10%, per soia, oli vegetali, pesce e zucchero supera il 30%, per mais, manzo e frumento rispettivamente il 12%, 15% e 24%. Si prevede che queste proporzioni rimarranno stabili per il prossimo decennio ma aumenteranno leggermente entro la metà del secolo a causa dei cambiamenti climatici.
Vulnerabilità dell'approvvigionamento in Europa correlata al cambiamento climatico
L'Europa è un importante esportatore di alimenti trasformati e prodotti lattiero-caseari ed è per lo più autosufficiente per quanto riguarda i cereali (grano, orzo) e verdure; quindi non si prevedono problemi per gli impatti dei cambiamenti climatici che si verificano fuori del continente.
L'Europa invece dipende molto dalle importazioni di prodotti per l’alimentazione e la lavorazione animale (soia e mais), prodotti coltivati in regioni tropicali (cacao, caffè, banane) e prodotti per la trasformazione secondaria (olio di palma, barbabietola e zucchero di canna). È probabile che le forniture di fave di cacao, olio di palma e frutta esotica siano messe particolarmente i crisi poiché queste materie prime sono altamente esposte ai fattori legati al clima e i loro fornitori sono concentrati in alcuni paesi. Tutto questo rende l'Europa vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici che si verificano altrove.
Nell'immagine a seguire la vulnerabilità climatica dei principali paesi esportatori di sei materie prime chiave.
Quali le soluzioni?
L'apertura del commercio con più paesi, con un'attenzione alla protezione ambientale nelle loro politiche agricole e la diversificazione delle importazioni potrebbe ridurre il rischio di interruzioni dell'approvvigionamento. Ma si tratta di un’azione che non è applicabile a tutte le merci e che si basa sull'azione privata piuttosto che sulla politica pubblica. Quest'ultima può aiutare nel compito di evitare i rischi di approvvigionamento, riducendo del tutto la domanda di prodotti ‘vulnerabili’, elemento da introdurre soprattutto per i prodotti sottoposti a elevate pressioni ambientali.
L’Europa deve dare maggiore sostegno all’adattamento e alla mitigazione ai cambiamenti climatici, anche in chiave internazionale, in particolare con il rafforzamento delle capacità di adattamento nei paesi produttori, come annunciato nel progetto della Commissione europea della prossima strategia di adattamento dell'UE.
Per approfondimenti leggi il briefing Global climate change impacts and the supply of agricultural commodities to Europe
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