Progetto Closed - Report del convegno 11 maggio 2000
Si è svolto a Firenze, l'11 maggio 2000 un Convegno, promosso da ARPAT, dal titolo: "Progetto CLOSED - I Sistemi di gestione a ciclo chiuso nei distretti produttivi - Le esperienze di Lucca, Pistoia e Prato" in cui sono stati illustrati gli obiettivi e le metodologie del progetto e sono state presentate le più importanti esperienze internazionali di realizzazione dei sistemi a ciclo chiuso nei distretti industriali.
Gli obiettivi prioritari del progetto CLOSED sono:
- la riduzione degli impatti ambientali;
- il miglioramento della gestione di territori a forte concentrazione produttiva e caratterizzati da economie di distretto.
CLOSED intende progettare un Distretto Eco-Industriale attraverso un sistema di relazioni produttive e territoriali in cui aziende e attori locali collaborino al raggiungimento di performance economiche ed ambientali mediante l'adozione di sistemi di economie a ciclo chiuso.
- come individuare i fattori d'impatto ambientale critici per i settori produttivi omogenei;
- come sviluppare una metodologia di gestione ambientale per le aree distrettuali;
- come individuare e massimizzare i flussi di materiale di scarto da reimpiegare come materie prime tra le filiere produttive coinvolte;
- come individuare e promuovere nicchie di "mercato verde";
- come ridurre i costi di gestione ambientale delle filiere produttive del tessile, cartario e vivaismo.
Il Convegno, che si è svolto al Palazzo dei Congressi a Firenze, ha visto la partecipazione di numerosi addetti ai lavori: tecnici esperti della materia, nazionali ed internazionali, rappresentanti di Associazioni imprenditoriali, delle Organizzazioni Sindacali, del Ministero dell'Ambiente, della Regione Toscana, il presidente di ANPA, rappresentando una delle rare occasioni di confronto tra l'esperienza italiana e le più recenti applicazioni di Ecologia Industriale in ambito europeo e statunitense. Con l'Ing. Santo Vicari della Commissione Europea - Direzione Generale per l'Ambiente, è stato realizzato un collegamento in diretta, via cavo da Bruxelles.
- risanamento del deficit ambientale (rischi, emissioni, degradi, pericoli, rifiuti);
- incremento di azioni di sviluppo sostenibile (riqualificazioni, riorganizzazioni, decongestioni, integrazioni infrastrutturali);
- promozione di innovazioni ambientali (ricerca e sviluppo, sperimentazioni, Agende 21, formazione e informazione, servizi interattivi).
Il progetto CLOSED, pur collocandosi nelle innovazioni nel terzo tipo di direttrice, è indubbiamente coerente anche con il risanamento del deficit ambientale e con l'incremento delle azioni sostenibili.
Il Direttore Generale di ARPAT, dottor Alessandro Lippi, ha sottolineato come, nell'ambito delle attività dell'Agenzia si collocano anche attività di supporto alla progettazione, nel senso dello stimolo e della partecipazione all'elaborazione di progetti concorrenti al finanziamento comunitario.
Tale attività rientra pienamente nella tendenza evolutiva delle attività di ARPAT, da soggetto di mero controllo (nella logica del command & control) ad una funzione di soggetto "attivatore" di interventi a favore dell'ambiente. Tendenza evolutiva che è ormai nella logica delle cose ed è pienamente riconosciuta a livello europeo.
ARPAT ha al proprio interno le competenze, le capacità e le risorse tecniche ed organizzative per costituire un interlocutore privilegiato dei sistemi produttivi nella analisi e nella progettazione di uno sviluppo rispettoso dell'ambiente, e può ed intende dare il suo contributo, se possibile, nella direzione dello "sviluppo sostenibile" dell'economia, affinché economia ed ambiente marcino sempre più in modo convergente nella direzione della valorizzazione delle risorse e della minimizzazione delle esternalità negative.
Si inseriscono in tale logica di intervento, secondo Lippi, le azioni che l'Agenzia ha già svolto e che ha inserito nei programmi di attività per il 2000-2003, per la progettazione e la implementazione delle Agende XXI locali quali strumenti di coinvolgimento delle comunità locali e di concertazione nella programmazione dello sviluppo locale di tutte le forze sociali.
Che lo sviluppo sia generatore di pressioni ambientale è ormai un dato accertato. Altrettanto indubitabile è la necessità che lo sviluppo (è questa la scommessa del presente e del futuro) sia indirizzato verso la sostenibilità, e la sostenibilità non può essere garantita solo con la produzione di norme e regole ma dovrà essere perseguita in modo concreto attraverso lo sviluppo di azioni.
Per il futuro è necessario ricorrere a nuovi strumenti per promuovere l'integrazione della dimensione ambientale nei settori economici per trattare alla fonte i problemi ambientali: migliore informazione, maggiore partecipazione dei cittadini alle decisioni, maggiore responsabilità per le azioni che possono nuocere all'ambiente, effettiva traduzione pratica del principio chi inquina paga, piena internalizzazione dei costi ambientali a carico di chi inquina.
Ampia rilevanza viene data all'uso e alla gestione più razionale delle risorse, come ad esempio il concetto di "fattore dieci " quale obiettivo a lungo termine di una riduzione in termini assoluti di 10 volte dell'uso di risorse nei paesi industrializzati e la conseguente ripartizione più equa delle risorse nel mondo. A tali strumenti sono da aggiungere la VAS (valutazione ambientale strategica di piani e programmi), il LIFE (la linea di finanziamento comunitaria a favore dei progetti di protezione e innovazione in campo ambientale) ma anche le Banche per lo sviluppo (che includono criteri ambientali nelle concessioni di prestito). ARPAT è impegnata in tal senso, e in particolare, nell'ottica collaborativa con il mondo produttivo toscano l'Agenzia sta svolgendo attività di promozione e di assistenza per la diffusione delle certificazioni ambientali, sia d'impresa, che di distretto; insieme alle altre agenzie regionali, è sede del nodo regionale della "rete" EMAS nazionale per la promozione e la diffusione dei principi dell'ecogestione ed ha ricevuto un contributo dalla UE, nell'ambito del programma Life, per il progetto Closed.
Questo progetto è mirato principalmente ai distretti industriali di Prato per l'industria tessile, Lucca per quella cartaria e Pistoia per quella agroindustriale e, oltre a delineare i caratteri dell'Ecodistretto, inteso come sistema produttivo in cui si massimizza il riuso dei rifiuti e si ottimizza l'uso delle risorse, costituirà un contributo di conoscenza e di metodo per rendere più facile e meno onerosa la certificazione ambientale dei distretti produttivi. La missione del Progetto Closed è aprire una nuova strada all'ecologia industriale attraverso la creazione del Distretto Eco-Industriale (EID) connotando in senso ambientale le interrelazioni tra le attività produttive, le organizzazioni e le istituzioni locali ed evidenziando le conseguenti riduzioni dei costi. l progetto CLOSED rappresenta, un'opportunità per i territori coinvolti nell'iniziativa di elaborare delle strategie proprie di sviluppo sostenibile a partire dalle opportunità e dalle conoscenze che il progetto stesso sarà in grado di realizzare nel corso del tempo.
Benché non direttamente finalizzato a tale scopo, appare tuttavia evidente la correlazione positiva fra gli studi e le ricerche del progetto CLOSED e le attività volte ad ottenere la certificazione EMAS di distretto.
Il Seminario è poi proseguito in collegamento con l'Ing. Santo Vicari che ha autorevolmente illustrato le caratteristiche essenziali del programma LIFE dal punto di osservazione dell'Unione Europea. Il programma LIFE, per la sua formula, consente un filo diretto tra la Commissione e i beneficiari del progetto ed ha consentito di ottenere già dei risultati lusinghieri, quali quelli di avvicinare, da un lato, la Commissione al territorio e, dall'altro, di trovare delle soluzioni innovative e dinamiche che servono a dimostrare come in realtà gli obiettivi prefissati dalla politica comunitaria siano raggiungibili. A giudizio di Vicari, il progetto CLOSED, che si inserisce in queste tematiche e mira alla creazione di un distretto industriale, in una realtà quale quella italiana, è una sfida nuova e rappresenta un progetto a carattere innovativo che vuole essere soprattutto dimostrativo. Il concetto di distretto industriale non ha molti esempi in Europa e quindi andare con la sperimentazione a vedere che cosa può significare e che cosa soprattutto può dare dal punto di vista ambientale è di estremo interesse, per esempio servirà certamente anche a dare elementi di valutazione nuovi per il modo in cui il Regolamento EMAS potrà essere applicato rispetto alla problematica della certificazione ambientale di distretto.
Inoltre, un progetto "LIFE" si rivolge sia ad enti pubblici locali, sia ad aziende private, o anche ad aziende pubbliche, e, riguardando sempre tematiche ambientali, è indispensabile che a prescindere dal beneficiario del finanziamento, sia correlato col territorio. Quindi in questo senso, secondo Vicari, la struttura ed il sistema delle Agenzie Regionali di Protezione Ambientale in futuro potrebbero avere un ruolo importante proprio nel supporto alla elaborazione di progetti "LIFE". A valle, c'è un altro ruolo che le ARPA possono giocare, sempre rispetto ai progetti "LIFE", che è quello della diffusione dei risultati.
I progetti "LIFE" hanno essenzialmente uno scopo dimostrativo, quindi l'Unione Europea non finanzia con "LIFE" la singola iniziativa per risolvere un problema locale, questo è infatti compito dello Stato membro; però perché questo aspetto esprima tutte le potenzialità è necessario, appunto, che ci siano delle strutture sul territorio che facciano da cassa di risonanza a questi progetti ed ai risultati di questi progetti, e un esempio di questo tipo di processo lo stiamo cominciando a vedere con il progetto CLOSED. A conclusione del suo intervento l'Ing. Vicari ha raccomandato di "ancorarsi con i piedi a terra" e soprattutto di preoccuparsi di rendere comprensibili i risultati all'esterno con un'azione fortemente visibile, anche verso la Commissione dell'Unione Europea.
Pietro Maccari, del Comitato tecnico-scientifico per la valutazione dei progetti di protezione e risanamento ambientale del Ministero dell'Ambiente ha fatto alcune considerazioni sul progetto LIFE partendo dall'aspetto nazionale. Il Ministero dell'Ambiente, infatti, poiché LIFE è un programma che può forse rispondere meglio di altri agli obiettivi della realizzazione concreta dello sviluppo sostenibile, ha fatto un'opera di diffusione, informazione e orientamento, soprattutto per le potenziali proponenti meno attrezzate come alcune Amministrazioni periferiche, che poi magari col passare del tempo si sono attrezzate. I risultati ci sono stati, secondo l'opinione di Maccari, perché guardando al livello medio dei progetti presentati negli anni si è visto un notevole innalzamento qualitativo della proposta; ciò significa che la cultura ambientale è maggiormente diffusa e, soprattutto, ha preso un aspetto di maggior concretezza. Infatti nei progetti si osserva spesso l'impostazione in un'ottica sistemica che travalica il singolo aspetto, e per quanto riguarda i prodotti, si considera sempre di più l'analisi dell'intero ciclo di vita.
Il Ministero, che ha svolto una valutazione molto rigorosa dei progetti secondo i criteri stabiliti dalla Comunità, ha analizzato a fondo il carattere innovativo dei progetti in quanto alla base di tutto c'è l'esigenza di rappresentare un progresso, un salto in avanti rispetto alla situazione esistente. C'è una certa soddisfazione da parte del Ministero dell'Ambiente perché nel 1999 la short list proposta è stata sostanzialmente accettata dalla Commissione. Sono stati finanziati su 150 progetti totali europei ben 26 progetti italiani, con una erogazione di fondi di circa 10 milioni di euro, che è pari circa al 15% del totale; in particolare il progetto CLOSED è stato classificato come il primo nella lista di Bruxelles, ottenendo il punteggio più alto in assoluto. Maccari ha anche richiamato un concetto già espresso da Vicari: l'estrema importanza della trasferibilità e quindi della possibilità di diffusione.
Judy Kinkaid del Triangle J Council of Governments - North Carolina ha relazionato sul progetto "Sviluppo di un Ecosistema Industriale" in un'area di sei contee nella Carolina del Nord (USA). Scopo di tale progetto, avviato tre anni fa, ha riferito Kinkaid, è quello di promuovere l'associazione fra diverse aziende per il reimpiego di materiali, acqua ed energia.
I risultati che il progetto intende ottenere sono:
- un ritorno economico per le istituzioni e le imprese;
- un sistema di informazione per le imprese circa le materie riutilizzabili nell'area
- identificare nuove opportunità d'impresa
- individuare soluzioni per il risparmio energetico e idrico
Il progetto ha ricevuto il finanziamento dell'EPA (Agenzia di Protezione Ambientale Statunitense) assieme alla partecipazione finanziaria di altre organizzazioni locali (università, enti di governo locali) e di un panel di imprese locali garanti del corretto funzionamento e della ricerca delle informazioni sul territorio. Hanno aderito al progetto 184 imprese del North Carolina sulle 350 selezionate all'inizio.
Il progetto si è inoltre avvalso di un Sistema Geografico Informativo (GIS) in modo tale da poter visualizzare e contenere le innumerevoli informazioni rilevate circa i potenziali "serbatoi" di rifiuti da riutilizzare.
Suzanne Giannini facente parte dello Spohn Environmental Protection Agency (EPA) di Washington ha relazionato sulle: Strategie finanziarie per i Parchi Eco-Industriali (PEI), verso i quali c'è dal 1992 un costante aumento di interesse sociale, in quanto opzione di sviluppo economico. Al momento comunque, ha detto la relatrice, non esiste negli USA alcun PEI pienamente operativo e quindi non sono disponibili dati confrontabili per valutare rischi ed entità dei profitti. Il tentativo che si sta facendo, con l'attuazione di questo progetto, è quello di trasformare il concetto nebuloso di un parco o di una rete eco-industriale in una serie di investimenti chiaramente definiti, rendendo i parchi eco-industriali investimenti attraenti.
Noel Jacobsen, del Symbiosis Institute di Kalundborg (Danimarca) ha relazionato sul caso Kalundborg, che costituisce il primo modello di applicazione di Ecologia Industriale in Europa.
Si tratta di un'area industriale della costa danese dove il processo di simbiosi industriale ha cominciato ad evolversi negli anni '70, quando, alcune imprese hanno avviato una collaborazione per adeguarsi rapidamente ai mutamenti della legislazione ambientale e ridurre i costi d'impresa facendo ricorso ad un sistema innovativo di gestione dei rifiuti ed utilizzo efficiente della risorsa idrica. La Simbiosi Industriale è la denominazione che viene utilizzata per la rete ambientale sviluppatasi durante gli ultimi due decenni. L'amministrazione locale e cinque aziende si scambiano sottoprodotti al fine di ottenere vantaggi ambientali ed economici.
La filosofia alla base del progetto è che il sottoprodotto di un'azienda funge da materia prima per una o più delle industrie della rete ambientale: si risparmiano in tal modo risorse naturali ed economiche.
Il motivo della Simbiosi Industriale, secondo Jacobsen, è la sua intrinseca redditività. Il desiderio cioè di fare investimenti intelligenti al fine di risparmiare sui costi. Ciò significa che ciascun progetto di Simbiosi Industriale è stato stipulato da tutti i partner su base commerciale, molto spesso fra due soci alla volta.
Di conseguenza, il progetto di Simbiosi Industriale non è nato come rete pianificata, cioè non è stato il risultato di una gestione congiunta, né è stato pensato sulla base di teorie scientifiche di rete ambientale; al contrario, è il risultato di singoli progetti, inizialmente abbastanza indipendenti l'uno dall'altro. Tale progetto è dunque il tentativo di porre in essere una buona gestione e di migliorare l'impatto sull'ambiente.
Walter Ganapini, presidente di ANPA, ha portato un interessante contributo sviluppando una importante riflessione sulle varie e numerose esperienze di "scambio e riuso" di sottoprodotti, in particolare sottolineando alcune delle esperienze degli ultimi 20 anni. I sistemi nazionali ed europei a l'attivazione dell'Unione, vedevano, ad esempio, in Germania le "borse dei rifiuti" operative già negli anni Sessanta e primi Settanta; in Italia a Torino la Camera di Commercio di Torino di allora, 1975, aveva la borsa dei rifiuti che aveva lo scopo di mettere in contatto l'offerta e la domanda di particolari sottoprodotti riutilizzabili. Nella metà degli anni Ottanta Allan Johanson, che era ed è il direttore dell'equivalente ENEA finlandese, il Vtt, illustrò esattamente lo schema dell'integrazione in cascata dove, a partire da una produzione primaria, il sottoprodotto non è rifiuto ma è materia prima per un ciclo a seguire. Anche Israele diede dei contributi che andavano in questa direzione, una delle esperienze più forti dell'economia dei kibbutz presentava cicli integrati che cominciavano a muoversi in questo senso. Nella Commissione europea attorno all'86-87, fu istituito il primo gruppo di lavoro su waste Exchange Mechanism che era coordinato da Eusebio Murio Matia che era allora alla Direzione generale XI. C'è quindi una continuità di contenuti tra queste esperienze passate con l'esperienza toscana attuale, ha affermato il Presidente dell'Agenzia Nazionale di Protezione Ambientale. Proseguendo nel suo intervento il Dottor Ganapini ha citato innovative esperienze di sei aziende italiane che intorno alla metà degli anni '90 si sono poste il problema del riuso di acqua e del risparmio energetico, applicando un'analisi del ciclo produttivo con il coinvolgimento del management in cascata fino ai circoli della qualità, alla scala di singolo reparto produttivo, accorgendosi di poter recuperare addirittura da fase a fase del processo i sottoprodotti.
Secondo Ganapini, la cultura che si è venuta formando e sedimentando nel corso degli ultimi vent'anni certamente propende per l'approccio bottom up, e in Italia abbiamo un modo per definire l'approccio bottom up, e in Italia abbiamo un modo per definire l'approccio bottom up rispetto al top down, ed è il richiamo all'animazione di comunità, le metodologie di animazione sociale che fanno ancora una volta riferimento a punte alte della cultura industriale del nostro paese, e le Agenzie di protezione ambientale possono fare molto in questo senso operando sul versante prevenzione e sul versante controllo. E la cosa si coniuga, nel senso che controllo significa produzione di conoscenza e dunque di informazione, e l'informazione è essenziale per la prevenzione.
Il sistema delle agenzie può dare il proprio contributo, dalla costruzione della conoscenza al favorire della prevenzione, fino alla certificazione, in Europa dobbiamo fare i conti con il regolamento EMAS e le agenzie sono "gli istruttori della certificazione". La revisione in corso della normativa comunitaria sulla certificazione EMAS apre alla certificazione di distretto, ed aiuta la certificazione di filiera, cosa particolarmente importante.
Nel marzo del '98 in Italia c'erano 4 siti certificati EMAS, in Germania erano 1600. Lavorando come degli ossessi in mezzo a mille difficoltà, affermava Ganapini, oggi siamo a 36 siti certificati EMAS in Italia, in Germania 1780 circa. Stiamo investendo, come agenzia nazionale un miliardo e mezzo per ewalizzare almeno un punto focale EMAS in ogni provincia italiana, di volta in volta con Camera di commercio, Unione degli industriali; nel Molise con la realtà più vicina che c'è che è l'Università del Molise e così via, per irradiare, soprattutto verso le piccole e medie imprese e verso il sistema dell'artigianato la cultura della certificazione come parte fondamentale di una sfida competitiva di mercato.
E sappiamo che fare investimenti su questo versante significa fare investimenti industriali, proseguiva il Dottor Ganapini citando quello che è un po' stato l'alfiere della partita in Italia, Pasquale Pistorio e il sito Microelectronics, che è stato il primo sito certificato EMAS. Cioè siamo nel campo degli investimenti industriali con ritorno assolutamente industriale, e quindi è importante che questo dato venga reso di comune comprensione. Secondo il Presidente di Anpa questi sono temi di competizione e mercato e fare queste cose, quindi operare nel senso dell'eco-distretto, significa operare in un quadro di integrazione europea, dando forza competitiva al sistema paese.
Francesco Garanzino, Presidente del Comitato Ambiente del Movimento Giovani Imprenditori, si è complimentato con l'iniziativa per due aspetti. In primis per l'efficacia dell'iniziativa stessa, perché lavora sui cluster, quindi proprio sui distretti; e lavorando sui distretti coglie due diversi risultati immediati:1) una certa logicità di flusso informativo, essendo il distretto omogeneo per definizione è più facile la garanzia dell'interscambio di comunicazione e della linearità della comunicazione; 2) l'efficacia. L'Italia infatti, all'interno della Comunità europea, è la nazione con il maggior numero di distretti industriali, e quindi come tale questa iniziativa è sicuramente clonabile, ripetibile anche al di fuori di questo progetto toscano.
Un altro aspetto che Garanzino ha sottolineato riguarda il tipo di "cura" individuata da Arpat, una cura omeopatica che ha dato la pillola blanda, non un intervento farmacologico, e questa pillola blanda è riuscita a far partire il circolo virtuoso che c'è nelle certificazioni.
L'imprenditore ha poi affermato che ultimamente le aziende, l'industria italiana, hanno sicuramente convertito il proprio modo di lavorare. Le statistiche confermano che malgrado ci sia un incremento della produzione lorda in Europa del 5% annuo siamo rimasti fermi come consumo energetico al 30% del totale dei consumi energetici; quindi, malgrado abbiamo aumentato la capacità produttiva non abbiamo aumentato i consumi energetici. Ci sono, ha affermato Garanzino, differenti approcci al mondo ambientale, anzi all'ecoindustria e quindi al modo di fare azienda all'interno dell'ambiente. Il passivo, l'adattivo, il costruttivo e l'attivo o proattivo. C'è veramente un flusso che sta andando dal passivo verso l'attivo, studi della Bocconi lo stanno confermando, ma ben più del 50% delle aziende sono già nell'attivo, quindi il resto è da tenere in assoluta considerazione anche perché siamo entrati nell'ordine di idee che qualcuno paga. Siccome il principio del legislatore è stato che chi inquina paga, allora va accreditato agli imprenditori, almeno di una certa scaltrezza, di applicare il principio che ecologia vuol dire fatturato, vuol dire salvare costi addirittura. Come fare? Sostanzialmente con la prevenzione; il modo migliore per fare "seriamente" ambiente è giocoforza la prevenzione perché, tornando ai principi medici, è molto meno costoso prevenire che curare. E quindi la prevenzione è la chiave di volta per permettere ad aziende attive in termini economici e operativi nel pieno rispetto dell'ambiente; e lo strumento essenziale su cui intervenire è la divulgazione della conoscenza, aumentando il numero di brevetti. Garanzino ha poi sottolineato l'esigenza di un rapporto chiaro tra le Università e il mondo del lavoro che permetta di lavorare con intensità e serietà nel campo della ricerca applicata. Sull'aspetto fondamentale della formazione Garanzino ha proposto di sostenere, anche finanziariamente, le aziende che investono nella formazione dei propri operatori.
Mauro Mirri, responsabile per ARPAT del progetto CLOSED ha sottolineato il fatto che nelle imprese in cui il processo produttivo è portato all'estremo, in cui l'uso di risorse, la razionalizzazione del processo è estremizzata, nasce a maggior ragione, la riflessione sul risparmio delle risorse, sull'integrazione. Si tratta di due livelli di razionalizzazione: quella produttiva di tipo economico che tende alla riduzione dei costi e dei prezzi di mercato, a quella di livello ancora più ampio in termini di sistema in cui abbiamo una razionalizzazione di processi che vanno al di fuori della singola impresa. E' un sistema che riguarda le imprese nel loro complesso.
L'integrazione produttiva tra imprese, proseguiva Mirri, non è una novità nei distretti industriali che noi siamo andati a toccare con questo progetto. La integrazione produttiva al fine del risparmio di risorse è simile per aspetti organizzativi all'integrazione produttiva che si ha fra imprese quando si attua quello che è il processo di decentramento produttivo. Ci sono imprese subfornitrici che concorrono a formare un prodotto finito fornendo ognuna una parte del prodotto, un componente. E' la stessa cosa, dal punto di vista organizzativo, e anche dal punto di vista culturale, per certi aspetti. L'impresa è un grande momento di razionalizzazione, lo sappiamo tutti, cioè funziona come un momento di razionalizzazione dei processi; quando l'impresa è stata costretta ad occuparsi del fatto che questi costi ambientali, non potendo essere scaricati all'esterno, esternalizzati, dovevano essere portati dentro, quindi contabilizzati, ha cominciato a lavorare per rirdurli. E quando ci si mette l'impresa questo ovviamente funziona, può funzionare. Questo è il principio del ciclo chiuso. Mirri ha poi brevemente descritto le varie fasi del progetto CLOSED. Come in tutti i processi c'è una fase di conoscenza; che Arpat ha sviluppato con i propri Dipartimenti provinciali, che si sono impegnati molto in questo e con le imprese. Sono stati raccolti le informazioni e i dati, elaborati dei questionari, e anche su questo c'è stato un lavoro importante nei tre distretti, sia da parte dei nostri Dipartimenti provinciali, sia da parte delle imprese. Sono stati superati anche i problemi che potevano nascere indagando sui processi produttivi, andando a toccare conoscenze, know-how dell'impresa. La fase successiva è quella della restituzione di conoscenza. Dalle informazioni raccolte saranno elaborati gli schemi che serviranno poi a fare il distretto eco-industriale, per poter dimostrare la possibilità concreta della convenienza economica. Naturalmente non vogliamo insegnare a nessuno il proprio mestiere, affermava Mirri, però noi vogliamo essere facilitatori, catalizzatori di questo processo. Ci siamo procurati degli strumenti per fare questo formando dei Comitati di osservatori che saranno dei comitati che non solo ci aiutano ad andare avanti nelle fasi successive del progetto, e quindi ci dicono se stiamo facendo bene o male, cioè valutando il nostro lavoro, ma anche che costituiscono un punto di riferimento locale che può essere il nucleo poi per dei centri di interesse.
Una prima analisi dei risultati fin qui ottenuti nello svolgimento del progetto Closed, è stata fornita da Laura Dalla Mora, di Ecosistemi. Il progetto CLOSED è nato con lo scopo di fare un'analisi di prospettive sul campo della ecologia industriale e delle possibilità di adozione da parte delle imprese di strumenti di gestione ambientale, internalizzazione della componente ambientale a livello di processi di produzione senza vivere passivamente nè subire i controlli relativi all'ambiente, cercando di avere un'opportunità per innovare nicchie di mercato che ormai possono essere diventate obsolete o comunque ferme, e avviare nuovi processi di produzione.
Gli obiettivi sono appunto quelli della riduzione dei rifiuti prodotti in una data area, la massimizzazione del reimpiego dei processi di produzione e l'aumento dell'efficienza energetica dei materiali, invertendo, in un certo senso quello che è il ciclo attuale. Si può riuscire a dare un'altra impronta, andando ad aumentare quella componente del trattamento e del riciclaggio che caratterizza i flussi e le relazioni tra sistema economico produttivo ed ambiente, e riducendo invece il flusso di rifiuti e di residui provenienti da processi di produzione che poi viene scaricato nell'ambiente.
La scelta dei distretti in Toscana, ha spiegato Dalla Mora, deriva dalla presenza in questa regione di economie di localizzazione che danno l'opportunità di testare un sistema che è più esteso rispetto ai tradizionali modelli di gestione ambientale per le imprese ad oggi disponibili. La scelta del distretto consente di adottare un modello che è valido per il territorio, quindi una dimensione più estesa rispetto alla piccola e media impresa e, contemporaneamente, sufficientemente ridotta per essere utile, anche come sperimentazione, rispetto a quello che è il contesto produttivo del nostro paese.
Un esempio degli output che verranno prodotti dallo studio lo ha fornito Francesco Sacchetto di Ecobilan: Life Cycle Assessment, illustrando l'aspetto caratteristico di questo progetto per quanto riguarda l'analisi del ciclo di vita e per ciò che richiede un adattamento specifico a questo contesto. Sacchetto ha sottolineato che l'ottica di distretto, cioè di una realtà produttiva omogenea collocata in un contesto geografico definito- approssimativamente si parla di confini provinciali- contiene un elemento geografico locale marcato che di solito non c'è in studi di questo tipo. Le conseguenze sono che si passa dal concetto di unità funzionale, cioè l'unità di servizio reso da un sistema prodotto, alla funzione di distretto, che, se vogliamo, è il fatto di realizzare una produzione quantitativamente e qualitativamente significativa per un certo comparto industriale. In secondo luogo si passa dal ciclo di vita del prodotto al settore produttivo del distretto, quindi con un'ottica molto relativa al contesto geografico di riferimento. I risultati di tutto ciò portano quindi ad una coerenza completa con gli obiettivi del progetto.
L'intervento di Patrizia Fagiani, di ISIS, ha sottolineato che, forse per la prima volta, i dati MUD (modelli di dichiarazione ambientale che tutti gli imprenditori sono tenuti a compilare) potrebbero essere visti non solo come un intralcio burocratico che ogni azienda deve comunque subire, ma anche come una fonte di potenziali benefici per gli imprenditori stessi, attraverso l'uso di un software che permetterà di interrogare i dati che sono presenti nei MUD stessi. L'analisi economico ambientale territoriale, infatti, attraverso i dati che emergono dai MUD riuscirà ad avere un duplice tipo di informazioni: da una parte fotografare i flussi attuali di origine e di destinazione dei rifiuti nelle province interessate, cioè Lucca Pistoia e Prato, quindi saper esattamente quale Comune (e non quale impresa) nel territorio produce quali rifiuti, e in questo momento qual è la destinazione attuale dei rifiuti: se vengono smaltiti, trattati, se esistono dei cicli di riutilizzo, come già esistono ad esempio all'interno del distretto di Prato. La seconda possibilità è quella di simulare degli scenari di riutilizzo, questo significa che una volta individuate delle coppie di rifiuto potenzialmente riutilizzabile/materia prima potenzialmente sostituibile con questo rifiuto- secondo criteri chiaramente di fattibilità tecnica e di convenienza economica- sarà possibile individuare appunto nel territorio i gruppi di imprese potenzialmente consumatori e potenzialmente produttori. In pratica tutte le imprese sono allo stesso tempo sia potenziali consumatori sia potenziali produttori. Chi invece si pone la prospettiva del potenziale consumatore di rifiuti può localizzare le quantità di rifiuti utili, cioè che egli stesso può secondo gli stessi criteri tecnici ed economici riutilizzare nell'area. Inoltre per Arpat questo può diventare uno strumento importante per la gestione del sistema di smaltimento dei rifiuti, per fornire una migliore visione strategica, pur avendo presente che i dati sono provvisori, infatti, per la loro natura, i dati MUD prima di essere utilizzati vanno sottoposti a processi di correzione statistica per correggere unità di misura ed altre variabili.
Silvano Falocco, di Ecosistemi, ha messo in evidenza la forte impronta pragmatica della metodologia utilizzata, infatti, nello svolgimento del programma di lavoro il punto di partenza è rappresentato da una revisione di alcuni metodi di lavoro preesistenti ed un adattamento alla realtà attuale, più che da acquisizioni metodologiche già scontate. Base del progetto sono state le idee di alcuni grandi economisti ambientali (Jorge Scureghen, Herman Deli, Kennet Building) secondo cui il controllo dei flussi di energia e materia provenienti dalla natura è l'elemento sostanziale per guidare verso la sostenibilità.
Con le informazioni che le imprese hanno fornito, ha sottolineato Falocco, verrà elaborata la contabilità dei flussi di materia a livello di singola impresa, i diagrammi di flusso che mettono in relazione gli input e gli output. Questo aspetto sarà sostanziale nella seconda fase, cioè la fase che partirà dopo un anno di lavoro, quella che è "il centro" della simbiosi ecoindustriale, dove gli imprenditori assumono un ruolo fondamentale, perché applicano la creatività imprenditoriale sulla base di dati oggettivi che saranno a livello di singola azienda.
Le esperienze già preesistenti e note a livello internazionale, ha sottolineato Falocco, riguardano o grandi imprese (esempio danese), che spesso hanno una visione più globale dei processi, oppure (esempio amaricano) molte volte si tratta di aree deindustrializzate che hanno iniziato a reindustrializzarsi, che hanno un approccio di marketing del territorio. Questo progetto invece ha una sua specificità e particolarità perché si riferisce a distretti preesistenti, quindi in un qualche modo siamo costretti a fare il conto con ciò che già esiste ed inoltre con la difficoltà che i contesti sono costituiti da piccole e medie imprese.