Campi elettromagnetici prodotti dagli impianti radiotelevisivi
Gli impianti per la diffusione delle trasmissioni radiofoniche e televisive emettono onde elettromagnetiche con frequenze comprese tra alcune centinaia di kHz e alcune centinaia di MHz.
A partire da pochi metri di distanza dalle antenne si genera un'onda in cui il campo elettrico e quello magnetico variano insieme. L’ampiezza dell’onda diminuisce rapidamente all'aumentare della distanza dalle antenne emittenti ed è inoltre attenuata sia dalle strutture murarie che dalla vegetazione presente.
I limiti di esposizione ai campi elettromagnetici prodotti da questi impianti sono fissati in 20 V/m, per il campo elettrico, e 0,05 A/m, per il campo magnetico. All’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere o nelle aree intensamente frequentate, questi valori scendono a 6 V/m, per il campo elettrico, e 0,016 A/m, per il campo magnetico. Questi limiti stabiliti dalla norma italiana sono molto cautelativi: i valori limite raccomandati dalla Commissione Europea sono infatti circa 1.5-4 volte superiori rispetto ai valori italiani.
Le verifiche condotte da ARPAT, in alcuni casi in collaborazione con l' Ispettorato Regionale del Ministero delle Comunicazioni, hanno mostrato il superamento dei limiti con una incidenza superiore a quella delle stazioni radio base. La strategia seguita è quindi quella di determinare, in collaborazione con gli Enti Locali, una delocalizzazione degli impianti che impattano aree urbanizzate, o alternativamente di procedere in collaborazione con il Ministero delle Comunicazioni ad una variazione dei parametri radioelettrici che comporti da un lato il rispetto dei limiti e dall'altro il mantenimento delle aree di copertura a cui fanno riferimento le specifiche concessioni ministeriali relative ai singoli impianti.