Rischi per l'ambiente e la salute
La quantità di prodotti caduti in mare risulta essere pari a circa 30-35 tonnellate di catalizzatori. La documentazione inizialmente fornita ne individuava due tipi, simili tra loro: uno a base di nichel e molibdeno e l’altro a base di cobalto e molibdeno. Le successive note della capitaneria di porto circoscrivono al solo primo prodotto quello imbarcato. Le sostanze pericolose sono comunque essenzialmente metalli pesanti, prevalentemente sotto forma di solfuri. Solo una piccola parte di queste sostanze risulterebbe solubile in acqua.
E’ stato valutato che nella prima fase una eventuale contaminazione potesse avvenire solo da quei sacchi che si fossero aperti durante la caduta in mare o, successivamente, al momento di un loro spiaggiamento su scogliera. In entrambi i casi è verosimile, anche tenuto conto delle condizioni del mare, una diluizione del materiale tale da rendere minimo il rischio di una contaminazione significativa dei pesci.
Il rischio potrebbe invece diventare più consistente se il carico in fondo al mare, che si presume contenga la gran parte dei fusti dispersi, dovesse rimanervi a lungo senza essere recuperato: infatti, prima o poi, per l'aggressività dell'ambiente marino, la tenuta dei fusti e dei sacchi verrà meno, con conseguente rilascio di una quantità rilevante e concentrata di materiale inquinante. In questo caso gli effetti sull'ambiente e la biodiversità potrebbero essere gravi, per la presenza in quell'area di una rilevante nursery di naselli, e per l'interessamento della zona della riserva marina santuario dei cetacei.
Dal punto di vista sanitario due i possibili rischi sanitari:
- rischio immediato di autocombustione per esposizione all’aria del materiale (asciutto) che arrivasse sugli arenili: si raccomanda di non toccare eventuale materiale spiaggiato. La Prefettura e la Capitaneria di porto si sono attivate nei confronti di Sindaci, delle Associazioni di pescatori e dei media per diffondere l’avvertimento.
- contaminazione della catena alimentare: tenuto conto della forma e della natura chimica delle sostanze disperse la loro immissione nella catena trofica può avvenire essenzialmente attraverso gli organismi detritivori e, successivamente, attraverso i loro predatori. Al momento l'ipotesi è abbastanza remota ma impossibile da escludere.
La diminuzione dei rischi è strettamente connessa ad un pronto recupero del materiale disperso, che compete all'armatore: la Capitaneria di Porto di Livorno ha autorizzato l'unità specializzata Minerva Uno alle operazioni di individuazione, mappatura ed eventuale recupero dei relitti del carico dal 4 febbraio 2012 per la durata presunta di circa 30 giorni.