Tartarughe marine
Le tartarughe marine sono rettili molto ben adattati alla vita acquatica, che dipendono però dall’ambiente terrestre per la deposizione e l’incubazione delle proprie uova.
Sono animali molto longevi, il cui ciclo vitale mantiene tuttora aspetti poco conosciuti, soprattutto riguardo alla fase giovanile. Solitamente nidificano nel luogo in cui sono nate, compiendo migrazioni molto lunghe attraverso tutto il Mediterraneo, grazie alle loro eccezionali capacità di orientamento. Dal momento della schiusa delle uova, solo pochi individui su centinaia riescono però a raggiungere l’età adulta per riprodursi a loro volta.
La dieta varia in funzione delle specie ma, ad eccezione della tartaruga verde - che è l’unica specie prevalentemente erbivora - le tartarughe sono solitamente onnivore e possono nutrirsi di pesci, molluschi, crostacei, meduse, alghe, tunicati, spugne o coralli, in base alle esigenze, scegliendo il tipo di alimento più abbondante nel loro ambiente; si dice quindi che le tartarughe mostrano una alimentazione di tipo opportunistico.
Nei mari del mondo esistono solo 7 specie di tartarughe marine, 3 delle quali vengono segnalate abbastanza regolarmente anche in Mediterraneo. Mentre la tartaruga liuto è considerata un visitatore occasionale, la tartaruga comune e quella verde nidificano nel nostro mare e sono ritenute essere popolazioni completamente distinte da quelle atlantiche e indo-pacifiche
- tartaruga comune (Caretta caretta): è la specie di gran lunga più diffusa nel mare toscano, si sposta dal bacino orientale del Mediterraneo alle acque del Tirreno e dell’Adriatico durante la stagione di alimentazione e svernamento;
- tartaruga verde (Chelonia mydas): la prima segnalazione di questa specie in Toscana risale al 1997, quando un esemplare fu catturato accidentalmente nelle acque delle Secche della Meloria, a Livorno, da un palamito. Successivamente sono stati registrati 5 esemplari morti, 4 tra il 2001 e il 2004, l'ultimo nel 2014;
- tartaruga liuto (Dermochelys coriacea) dal 1990 ad oggi in Toscana sono state registrati solo 10 esemplari di tartaruga liuto - 5 morte e 5 vive - l'ultima nell'estate 2024;
Importanza ecologica e pressioni antropiche
Insieme ai cetacei e ai grandi pesci pelagici, le tartarughe marine svolgono un ruolo importante per l’equilibrio ecologico degli ecosistemi marini, perché occupano il vertice della catena alimentare e contribuiscono quindi a mantenere l’equilibrio numerico delle popolazioni di flora e fauna di cui si nutrono. Sono inoltre ottimi bioindicatori ambientali, perché la loro salute è direttamente correlata a quella delle acque in cui vivono. Il fatto che compiano migrazioni su distanze anche molto elevate rende molto ampio l’areale di distribuzione delle singole popolazioni, rendendo quindi molto importanti le implicazioni di un eventuale impatto antropico su queste specie.
Secondo la red list di IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), tutte le specie mediterranee di tartarughe marine sono a rischio di estinzione, Dermochelys coriacea in particolare. Per quanto riguarda Caretta caretta - la specie più comune nel mare toscano - è specie protetta ai sensi della direttiva europea Habitat 92/43/CEE ed è tutelata a livello internazionale dalla Convenzione di Washington (CITES), dalla Convenzione di Berna (1979) e dalla Convenzione di Bonn (1979).
La pressione antropica più incisiva è senz’altro quella delle catture accidentali. Al contrario dei cetacei, le tartarughe marine non sono forti competitori dei pescatori, perché non si nutrono esclusivamente di pesce. Godono dunque del vantaggio di non subire persecuzioni dirette da parte dell’uomo. Tuttavia, la crescita incontrollata dello sforzo di pesca fa sì che gli animali rimangano sempre più spesso impigliati in modo accidentale (bycatch) nelle reti pelagiche, morendo per annegamento o riportando gravi ferite che ne provocano in seguito lo spiaggiamento.
Un altro fattore di pressione molto importante, che ha già acquisito enorme risonanza mondiale ed è stato recentemente segnalato anche in Mediterraneo, è legato alla presenza di rifiuti antropici nelle acque e sui fondali, provenienti da discariche illegali e soprattutto dalle foci dei fiumi, tramite l’azione di venti e correnti. Le tartarughe marine possono confondere le plastiche galleggianti con le meduse di cui si nutrono; ingerendo plastica, spesso in grandi quantità, possono verificarsi gravi occlusioni intestinali che provocano anche la morte dell’animale. In più, i rifiuti plastici vengono degradati e sminuzzati da processi fisici e chimici, fino a diventare micro-particelle tossiche capaci di accumularsi nei tessuti animali attraverso la catena alimentare, con potenziali effetti nocivi anche per l’uomo.
Agli effetti tossicologici delle microplastiche si aggiungono quelli di altre sostanze contaminanti, come gli inquinanti organici persistenti (POP), sostanze genotossiche e cancerogene anch’esse soggette a bioaccumulo.
Il traffico marittimo è poi una delle cause principali dello spiaggiamento di tartarughe. Rispetto ai cetacei, questi animali nuotano infatti in modo più lento e sono più facilmente vittime di collisioni fatali, non solo con le grandi navi, ma anche con le piccole imbarcazioni da diporto. Infine, la cementificazione costiera determina l’alterazione dei siti di nidificazione delle tartarughe, con importanti conseguenze sul loro ciclo riproduttivo.