Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali
Effettuato con la rete MAS sulla base della Direttiva 2000/60
Il fine del monitoraggio ambientale delle acque superficiali è quello di controllare lo stato di qualità dei corsi d’acqua e invasi significativi della regione, attraverso l’erborazione di due indici: lo stato ecologico e lo stato chimico.
L’attuale rete di monitoraggio per il controllo ambientale è stata strutturata in collaborazione ARPAT Regione Toscana, secondo i requisiti della Direttiva 2000/60/EU e del D.Lgs 152/06 che, per la parte acque, rappresenta il recepimento, in Italia, della direttiva europea. I requisiti tecnici sono invece dettati nelle seguenti norme:
- DM 131/2008 del Ministero Ambiente che definisce e spiega il concetto di tipizzazione dei corpi idrici (fiumi, torrenti ed altri corsi d’acqua),
- DM 56/2009 del Ministero Ambiente che descrive vari tipi di monitoraggio,
- DM 260/2010 del Ministero Ambiente che stabilisce quali indicatori applicare e le modalità di applicazione ed interpretazione.
A livello regionale le rete di monitoraggio ambientale è definita nelle due norme:
- Delibera Giunta Regione Toscana 100/2010,
- Delibera Giunta Regione Toscana 847/2013 (modifiche ed integrazioni della Delibera 100/2010).
Il primo triennio di applicazione della direttiva europea si è concluso nel 2012; in seguito alla revisione operata con la DGRT 847/13, dal 2013 è iniziato un nuovo triennio di monitoraggio tramite una rete composta da:
- 228 punti di campionamenti su corsi d’acqua,
- 28 punti di campionamenti su laghi ed invasi,
- 10 punti di campionamenti di acque di transizione
che sono distribuiti territorialmente nelle due idroecoregioni definite a livello ministeriale: Appennino settentrionale e Toscana.
In ordine ai criteri del DM 260/2010 i parametri da monitorare sull’intera rete sono di carattere biologico e chimico. Il complesso dei parametri misurati, con frequenza variabile (da mensile a stagionale) è successivamente elaborato, a cadenza annuale, per ottenere una classificazione, che prevede cinque classi per lo stato ecologico (ottimo, buono, sufficiente, scarso, cattivo) e due classi per lo stato chimico (buono, non buono).
L’obiettivo da raggiungere, ai sensi della Water Frame Directive (2000/60/EU) è lo stato buono sia dal punto di vista biologico che chimico, infatti al punto 26 della WFD si afferma: gli Stati membri dovrebbero cercare di raggiungere almeno l’obiettivo di un buono stato delle acque definendo e attuando le misure necessarie nell’ambito di programmi integrati di misure, nell’osservanza dei vigenti requisiti comunitari. Ove le acque abbiano già raggiunto un buono stato, si dovrebbe mantenere tale situazione.
L’azione preliminare alla stesura della rete di monitoraggio deve essere l’analisi del rischio, in quanto a seconda che il corso d’acqua risulta a rischio o non a rischio di raggiungere gli obiettivi europei, sarà monitorato con clausole operative oppure di sorveglianza. Le prime prevedono un azione di controllo a frequenza ravvicinata e la ricerca di un elenco di sostanze pericolose (tabella 1A e tabella 1B); il controllo in sorveglianza invece ha un frequenza triennale ed un elenco sostanze pericolose da ricercare di minore impatto.
L’analisi del rischio si basa su pregresse conoscenze del territorio che permettono di calcolare e stimare statisticamente una serie di indicatori.
Con il recepimento della direttiva europea, lo studio delle comunità biotiche, animali e vegetali ha assunto una notevole importanza, in entrambi di tipi di monitoraggio.
Inoltre gli indicatori sia chimici che biologici, che concorrono a stabilite lo stato di qualità, sono espressi sotto forma di rapporto tra la qualità rilevata e quella misurata nel sito di riferimento, cioè in zone con nullo o minimo impatto antropico (EQR =valore attuale/valore di riferimento).
I parametri chimico-fisici, indicati come a supporto degli elementi biologici, misurano le condizioni dei nutrienti, l’ossigenazione, la salinità, la temperatura e quindi concorrono a descrivere e completare il monitoraggio biologico permettendo una migliore interpretazione dei risultati ottenuti dallo studio delle comunità reperite..
Tra gli indicatori biologici rilevati sono le comunità di macroinvertebrati di cui fanno parte insetti, oligocheti, crostacei, molluschi, platelminti, irudinei, celenterati, briozoi, poriferi che popolano il substrato dei corsi d’acqua, almeno per una parte del loro ciclo vitale. Hanno dimensioni inferiore al mm e caratterizzati da facilità di campionamento e di identificazione, lungo ciclo vitale, differenti ruoli ecologici e sensibilità all’inquinamento.
Tra le comunità di organismi vegetali, le diatomee sono alghe microscopiche con diverso grado di tolleranza all’inquinamento organico, al grado di mineralizzazione dell’acqua in particolare ai cloruri. Vivono avvolte in una corazza silicea, trasparente che presenta vari tipi di ornamentazioni, caratteristiche morfologiche su cui si basa la loro classificazione.
Infine con il termine macrofite si indica un gruppo di organismi vegetali e non (comprende anche i muschi), visibili a occhio nudo che colonizzano gli ambienti acquatici. Le macrofite sono fini indicatrici delle condizioni ecologiche ambientali, e sono rappresentate da un centinaio di specie. Fanno parte delle macrofite alcune alghe, cianobatteri, briofite, (epatiche e muschi), pteridofite, fanerogame (angiosperme) mono e dicotiledoni.
Ai vari organismi campionati, animali e vegetali, campionati, è attribuito un punteggio in base alla loro maggiore o minore tolleranza ad ambienti contaminati; successivamente calcoli relativamente semplici permettono di ottenere lo stato ecologico, suddiviso in cinque classi da ottimo a cattivo.
Le sostanze pericolose da ricercare con frequenza bimensile sono scelte tra quelle elencate in tabella 1A e tabella 1B del DM 260/2010 e il valore medio di concentrazione riscontrato alla fine dell’anno solare di monitoraggio è confrontato con il valore soglia indicato nel decreto; lo stato chimico non buono è dato dal superamento del livello normativo anche di un solo parametro.
Dai risultati del primo ciclo di monitoraggio triennale (2010-2012) si evince che solo poco più di un terzo dei corpi idrici (35%) ha raggiunto lo stato di qualità ecologico che la normativa ha fissato come obiettivo al 2015 (buono o elevato). Il 30,3% si trova in stato ecologico scarso o cattivo ed è ben lontano dal raggiungere gli obiettivi prefissati.
Con il 2015 si è concluso un altro ciclo di monitoraggio. Anche se l'arco temporale analizzato è su base triennale, ARPAT pubblica annualmente un report sullo stato delle acque superficiali della Toscana.