Docu-film "Voci di transizione", verso un modello di agricoltura sostenibile
Un documentario con più voci narranti: esperti, imprenditori agricoli e semplici cittadini impegnati per un'agricoltura rigenerativa e sostenibile in grado di tutelare l’ambiente
Voci di transizione (titolo originale: Cultures en transition) è un documentario non recente ma molto attuale, girato da Nils Aguilar. Visibile, con sottotitoli in italiano, su diverse piattaforme streaming, pagando una piccola somma di denaro. Il docu-film è consigliato a tutti coloro che vogliono approfondire il tema degli impatti ambientali ma anche sociali dell’agro-industria chimica e della produzione alimentare intensiva, che sono tra le principali responsabili del cambiamento climatico, dell'erosione dei suoli e della riduzione delle risorse naturali.
Il docu-film, nonostante i suoi dieci anni, lancia messaggi di forte attualità, attraverso una narrazione collettiva guidata da esperti del settore, mostra come già molti agricoltori e persone comuni sperimentino modelli di produzione agricola sostenibili e circolari in grado di ridurre l'impatto sugli esseri umani e sull’ambiente. I protagonisti, con le loro scelte sulla produzione e consumo responsabile, stanno riducendo, giorno dopo giorno, la loro impronta ambientale, puntando ad un preciso obiettivo: la rivoluzione agricola basata un modello meno dipendente
- dal petrolio
- dall’oligopolio delle sementi
- dal giogo economico delle multinazionali
- dai concimi e dai pesticidi
- dai finanziamenti dell’Unione Europea, percepiti dai protagonisti del documentario come distorsivi per il mercato agricolo.
Tutti temi molto discussi, tanto che la stessa Commissione europea nella sua strategia "From farm to fork" indica i maggiori problemi da affrontare in agricoltura e le possibili soluzioni. Tra i primi:
- l’uso dei pesticidi chimici
- l’eccesso di nutrienti (in particolare azoto e fosforo)
- la salute degli animali e la resistenza antimicrobica
- la salute delle piante e la sicurezza e diversità delle sementi
- gli sprechi alimentari
- le frodi alimentari
- il sistema di informazione ai cittadini (etichettature alimentari)
Tra le possibili soluzioni, la Commissione delinea, invece, i nuovi modelli di business verde, tesi a:
- sequestrare il carbonio da parte di agricoltori e selvicoltori
- implementare la bioeconomia circolare, con l’implementazione delle bioraffinerie avanzate che producono i biofertilizzanti, mangimi proteici, bionergia e sostanze biochimiche
- costruire i digestori anaerobici per la produzione di biogas da rifiuti e da residui agricoli come il letame
- installare i pannelli solari su casolari e capannoni per produrre energia rinnovabile
- aumentare l’agricoltura biologica e stimolare la domanda e offerta di prodotti bio
- incentivare la produzione ittica sostenibile con un impatto minore rispetto alla produzione animale su terra ferma
- sostenere il settore della produzione di alghe che costituisce un'importante fonte di proteine alternative
- progettare imballaggi sostenibili, riutilizzabili, facilmente riciclabili e sicuri dal punto di vista alimentare.
Lo stesso PNRR pone la transizione agricola tra i pilastri della transizione ecologica, richiedendo cambiamenti radicali ed uno specifico investimento sulla caratterizzazione e sulla specificità di ogni sistema agricolo ed alimentare. Ogni specificità connota un territorio, conoscendola si può implementare innovazione e tecnologia per raggiungere la sostenibilità ambientale, sociale ed economica in quel territorio.
La transizione agricola, nel rispetto di quella ecologica, pone domande su come rendere l'agricoltura sostenibile e come alimentare l’umanità nel terzo millennio in una situazione in cui abbiamo accumulato un debito ecologico che dobbiamo recuperare nei prossimi anni. Si stima che nei prossimi anni la popolazione mondiale crescerà (dieci miliardi di persone nel 2100), se questo accadrà, avremo bisogno di maggiori quantità di cibo, che dovremo produrre in modo diverso da come facciamo ora per non andare incontro ad un disastro climatico. Se la rotta non verrà invertita, le emissioni, nel prossimo futuro, aumenteranno parallelamente alla produzione di cibo necessaria per nutrire una popolazione mondiale sempre più numerosa.
Nel prossimo futuro, saranno necessarie innovazioni rivoluzionarie ma anche piccoli e grandi gesti, che il docu-film racconta come soluzioni per ridurre gli impatti che l'agricoltura e l'allevamento determinano sul Pianeta. Gli studi scientifici stimano, infatti, che questo comparto sia il quarto settore per emissioni climalteranti (prevalentemente metano ma anche protossido d'azoto a cui si aggiungono zolfo e ammoniaca), dovute anche agli allevamenti soprattutto di bovini e maiali.
Il comparto agricolo non contribuisce solo all'emissione di gas serra responsabili dell'innalzamento delle temperature ma determina anche altri impatti, ad esempio, sulla risorsa idrica e sul suolo, con l’uso dei fitofarmaci. Inoltre è un settore produttivo che
- contribuisce alla produzione di rifiuti alimentari, in tutte le fasi della filiera, questi, marcendo, emettono metano in atmosfera
- consuma importanti quantità di energia, acqua e suolo.
A tutto questo bisogna aggiungere altri problemi ambientali, strettamente connessi, come:
- la deforestazione, rispetto alla quale l'Unione Europea ha pubblicato, di recente, un'apposita strategia europea per la salvaguardia del patrimonio boschivo e forestale
- la perdita di biodiversità.
L’alternativa all'agro-industria esiste, come indicato anche dal docu-film; siamo ad un bivio e possiamo scegliere la strada del cambiamento, prediligendo un’agricoltura locale e sostenibile, che persegue il modello dell’economia circolare in grado di tutelare l’ambiente e sostenere le comunità locali, unendole e rendendole maggiormente resilienti.
Il messaggio è chiaro: bisogna smettere di investire in un’economia in declino e su scelte fallimentari per le persone e per l’ambiente. Gli sforzi vanno direzionati verso modelli alternativi, innovativi, possibili e concreti.