Particolato atmosferico: il contributo del riscaldamento domestico
Risultati di uno studio a cui ha partecipato l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del CNR
Uno studio, a cui ha preso parte l'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del CNR, ha mostrato e quantificato l'effetto delle emissioni provenienti dalla combustione di biomassa sulle reazioni chimiche responsabili della formazione di particolato secondario.
Il particolato può infatti essere sia di tipo primario, se immesso in atmosfera direttamente dalla sorgente, che secondario, se si forma successivamente, in seguito a trasformazioni chimico-fisiche di altre sostanze. Si stima che in alcuni contesti urbani più del 50% del particolato presente in atmosfera sia di origine secondaria.
Se il calore, compreso quello solare, facilita o scatena di solito i processi di reazione chimica che producono il particolato di origine secondaria, lo studio ha mostrato come quest'ultimo si formi rapidamente anche attraverso trasformazioni chimiche che avvengono in assenza di radiazione e che sono promosse dalla presenza in atmosfera di particelle liquide, come la nebbia.
Oggi per lo più si stima l'effetto di queste reazioni chimiche sulla formazione di particolato secondario a partire dalle sorgenti di traffico ed agricoltura. I ricercatori hanno rilevato come anche le emissioni da combustione di legna per il riscaldamento domestico, ad esempio in stufe a legna e pellet, contribuiscono alle concentrazioni totali di PM in maniera fondamentale.
Per approfondimenti leggi la ricerca pubblicata sulla rivista PNAS