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Annuario dei dati ambientali della Toscana 2022: l'intervento del professor Francesco Ferrini
Notti tropicali, isole di calore, piogge intense, alluvioni e inondazioni sono alcuni degli effetti del cambiamento climatico, per combatterli è necessario rendere le nostre città più sostenibili
Francesco Ferrini, professore di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell’Università degli Stdui di Firenze, nel suo intervento, in occasione della presentazione dell’Annuario dei dati ambientali della Toscana 2022, mostra come gli effetti del cambiamento climatico siano ormai visibili anche nel contesto urbano e come sia possibile contrastarli. A Firenze, ad esempio, le giornate connotate da forte caldo, negli ultimi 10 anni, sono in aumento mentre diminuiscono quelle di forte freddo. Sono in crescita anche le notti tropicali e tutti i fenomeni di estremizzazione del clima, che risultano più che raddoppiati.
Questi dati dovrebbero spingere ad assumere una posizione proattiva, invece, nonostante i tempi di turbolenza, continuiamo ad agire secondo una logica passata, che non ci consente di intraprendere la strada della rigenerazione delle nostre città, in modo che siano in grado di affrontare i cambiamenti in atto.
Dobbiamo costruire città e comunità sostenibili, sia dal punto di vista ambientale che economico e sociale, come il professor Ferrini aveva esaurientemente spiegato, in un precedente intervento, durante le giornate scientifiche dedicate al cambiamento climatico organizzate da ARPAT.
Rigenerare una città significa adottare soluzioni sostenibili, in concreto, ad esempio, smettere di impermeabilizzare il suolo, avere un diverso approccio all’acqua, vista, per anni, solo come un problema e non come una risorsa da recuperare, stoccare e riutilizzare. Dobbiamo creare “città spugna”, in grado di assorbire intense piogge ma anche in grado di rilasciare, all’occorrenza, tutta l’acqua stoccata.
Se piove più intensamente, è necessario
- stoccare l’acqua
- fare in modo che l'acqua arrivi meno intensamente nelle condotte, avvalendosi della componente vegetale, che riduce il deflusso superficiale con le foglie
- non pavimentare le superficiali in modo da rendere impermeabili ma, al contrario, implementare le superfici porose, chei assorbono l’acqua.
Un esempio di rigenerazione urbana è New York, con 13 milioni di abitanti e un Pil superiore ad alcuni Stati, questa megalopoli sta trasformando le sue strade per affrontare la tropicalizzazione del clima e ridurre il problema del deflusso fognario, che crea problemi alla città che si trova al livello del mare. Le strade non sono più pensate solo per le auto ma per le persone, per i mezzi sostenibili, come le biciclette e sono in grado di gestire le acque in eccesso.
Per realizzare questi progetti, bisogna, però, acquisire una mentalità diversa, pensare a città con infrastrutture verdi ed a misura d'uomo. Tutti gli spazi verdi andrebbero riprogettati e interconnessi l’uno con l’altro: il parco, che è una superficie boscata di dimensioni ampie, avrà un’efficacia maggiore rispetto alla singola aiuola nel contrastare gli effetti del cambiamento climatico ma anche le piccole superfici verdi dovranno essere valorizzate perché importanti per l'intero ciclo che ha forti interconnessioni.
L’altro problema, che si pone nelle città, sempre più colpite dai cambiamenti climatici, è quello delle isole di calore. A Firenze, ad esempio, una zona in cui il calore si fa sentire molto nelle stagioni sempre più calde è il “nuovo quartiere” di Novoli, dove ha sede anche l’Università. Quest'area ha un’elevata densità di edifici ed una forte impermeabilizzazione del terreno e, pur avendo un parco delle immediate vicinanze, nei periodi di forte caldo diventa invivibile: una vera e propria isola di calore. Come possiamo fare fronte a situazioni come questa ?
Una maggiore copertura arborea può aiutarci a ridurre la temperatura; l’assenza di alberi, infatti, fa aumentare molto la temperatura, già l’erba la riduce ma sono gli alberi quelli veramente in grado di combattere le alte temperature, garantendo una situazione di benessere per le persone e per l'ambiente.
Quando si decide di piantare alberi è necessario scegliere quelli che meglio rispondono agli obiettivi che ci prefiggiamo di raggiungere: se l’esigenza è quella di ridurre le isole di calore in ambiente urbano, bisogna prediligere certi tipi di alberi con foglie ampie, chiome ricche in grado di garantire una buona ombreggiatura. Dall’analisi di alcuni dati, raccolti tra Rimini e Cattolica, emerge che il Pioppo nero risulta la specie più adatta, più performante nell’abbassare la temperatura, tre volte superiore rispetto all’Ippocastano. Questo non significa che dobbiamo piantare solo il Pioppo ma, dove c’è il problema di fronteggiare la bolla di calore, il Pioppo mostra una capacità di risposta in termini di efficacia maggiore di altre specie arboree.
Va detto anche che un “ecosistema verde”, formato da alberi ma anche da un ricco sottobosco, ha una capacità di stemperare le alte temperature ancora maggiore, riducendo l’effetto bolla di calore. Creare un bosco bio-diverso è, quindi, una soluzione vincente.
A Prato e Firenze, con il coinvolgimento delle Amministrazioni locali e dell’Università, è in via di realizzazione un progetto per identificare le aree più calde nel contesto urbano. Il centro storico fiorentino, ad esempio, è risultato una grande isola di calore, anche per via dell’impermeabilizzazione del suolo realizzata nel tempo e rispetto alla quale, oggi, è più difficile intervenire. In altre aree della città, come la zona di Novoli, invece, è possibile introdurre forme di mitigazione del calore, cambiando la pavimentazione stradale e piantando più alberi.
A Prato, lo studio è in uno stadio più avanzato e la proposta presentata si basa sulla regola del 3, 30, 300. Nelle progettazioni future bisognerà rispettare questo principio: vedere almeno 3 alberi dalla finestra della propria abitazione, vivere in un’area in cui la copertura arborea sia almeno del 30% ed, infine, avere uno spazio verde di una certa dimensione a 300 metri da dove si vive.
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