|
EEA: tessile moda e impatti ambientali
L’industria tessile - moda è tra le più impattanti per l’ambiente e tra quelle che maggiormente incidono sul cambiamento climatico, la quarta più inquinante dopo l’agro-alimentare, edilizia e mobilità. Si posiziona al terzo posto per quanto riguarda gli impatti sull’acqua e sul suolo ed al quinto per consumo di materie prime ed emissioni di gas serra
L’ Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), nei primi giorni di marzo 2022, ha pubblicato un nuovo rapporto che contiene un'analisi dettagliata sugli impatti ambientali prodotti dal comparto industriale tessile-moda, soffermandosi anche su come incida sul cambiamento climatico.
In attesa che la Commissione Europea elabori, in via definitiva, la strategia per la sostenibilità e circolarità nel tessile, questa pubblicazione dell’Agenzia Europea per l’Ambiente
- fotografa l’importanza economica di questo comparto industriale
- analizza i numerosi impatti ambientali
- propone possibili soluzioni per rendere il settore più sostenibile e più circolare.
Vediamo quali sono i principali impatti sull’ambiente e sul clima derivanti dal comparto industriale tessile-moda. Il rapporto dell’Agenzia Europea per l’ambiente entra nel dettaglio esaminandoli uno per uno.
Bisogna premettere che gli impatti sull’ambiente si verificano in varie fasi del ciclo di produzione sia durante la coltivazione e produzione delle fibre naturali come il cotone, la canapa e il lino che nella realizzazione delle fibre sintetiche, come il poliestere e elastane. Le prime richiedono una grande quantità di acqua e di suolo oltre che l’utilizzo di pesticidi, le seconde, invece, necessitano di un alto consumo di energia e l’utilizzo di sostanze chimiche.
Questo nella fase di produzione, poi bisogna valutare gli impatti prodotti durante la fase di distribuzione e di vendita al dettaglio, entrambe responsabili di contribuire all’emissione in atmosfera di sostanze inquinanti e alla produzione di grandi quantità di rifiuti, dovute soprattutto all’imballaggio dei prodotti.
Questo non è ancora tutto ... è necessario calcolare l’impatto che deriva dall’uso e dalla manutenzione dei capi d'abbigliamento e dei prodotti tessili per la casa. Questi, infatti, vengono lavati, asciugati e stirati, con ulteriore consumo di elettricità ed acqua ed utilizzo di sostanze detergenti per la pulizia che finiscono, insieme alla microfibre rilasciate dagli abiti, negli scarichi reflui ma anche nei fiumi e nei mari.
Infine quando gli indumenti ed i materiali tessili per la casa vengono gettati via producono ulteriori impatti ambientali, in quanto per il loro smaltimento la destinazione finale è, per lo più, l'inceneritore o la discarica. Solo una piccola parte, circa l’1%, viene riciclato.
Consumo di materie prime
Per la produzione tessile vengono utilizzate grandi quantità di materie prime. Per produrre i capi di abbigliamento, le calzature e il tessile per la casa, acquistati dalle famiglie europee, solo nel 2020, sono state impiegate circa 175 milioni di tonnellate di materie prime, pari a 391 kg a persona. Circa il 40% di queste è destinato alla produzione di vestiti, il 30% ai tessili per la casa ed il 30% alle calzature.
Questo fa sì che il comparto industriale tessile sia classificabile come il quinto in termini di consumo di materie prime in Europa. Le materie prime utilizzate comprendono tutti i tipi di materie e materiali impiegati nella produzione di fibre naturali e sintetiche, come i combustibili fossili, i prodotti chimici e i fertilizzanti, ma anche materiali da costruzione, minerali e metalli. Bisogna poi considerare le materie prime utilizzate nel trasporto e nella vendita al dettaglio dei prodotti tessili. Solo il 20% di queste materie prime viene prodotto o estratto in Europa, tutto il resto fuori. A dimostrazione della natura globale della catena produttiva del tessile e di quanto i consumi europei dipendano dalle importazioni. Ciò implica che l'80% degli impatti sull'ambiente, generati dal consumo di prodotti tessili in Europa, hanno luogo al di fuori dell'Europa.
Consumo di acqua
La produzione di tessuti richiede grandi quantità di acqua, che il rapporto EEA distingue in
acqua "blu", ovvero acqua superficiale o sotterranea consumata o evaporata durante l'irrigazione, o utilizzata in processi industriali o ancora ad uso domestico e acqua “verde”, ovvero acqua piovana immagazzinata nel terreno, utilizzata per lo più per le colture.
Per produrre tutti i capi di abbigliamento, calzature e tessili per la casa acquistati dalle famiglie in UE, nel 2020, sono stati necessari circa 4.000 milioni di m³ di acqua “blu”, pari a 9 m³ a persona. A questi si devono aggiungere altri 20.000 milioni di m³ circa d'acqua verde, principalmente per la produzione di cotone, che significa circa 44 m³ /persona.
Il tessile si classifica al terzo posto tra i comparti industriali per consumo di acqua dopo la produzione di cibo, il settore dello svago e cultura.
L'acqua blu viene utilizzata, in eguale modo, nella produzione di abbigliamento (40%), calzature (30%) e tessili per la casa e altro (30%). L'acqua verde, invece, viene consumata principalmente nella produzione di abbigliamento (quasi il 50%) e per i tessili per la casa (30%). Per lo più il suo impiego è nella coltivazione di cotone.
ll consumo di acqua per i tessili, destinati al mercato europeo avviene principalmente al di fuori dell'Europa. Si stima che la produzione di 1 kg di cotone richieda circa 10 m³ di acqua, questo consumo avviene al di fuori dell'Europa.
Consumo di suolo
La produzione di tessuti, in particolare da fibre naturali, richiede lo sfruttamento di grandi quantità di terreno. Il terreno utilizzato nella filiera dei tessuti acquistati dalle famiglie europee, nel 2020, è stimata in 180.000 km², ovvero 400 mq a persona. Solo l'8% di questo si trova in Europa, oltre il 90% dell'impatto sul suolo avviene al di fuori dell'Europa, per lo più, in Cina e India, dove si ha una grossa produzione di fibre naturali in particolare cotone.
Anche le fibre di origine animale, come la lana, hanno un impatto significativo sullo sfruttamento del suolo. Ciò fa del tessile il terzo settore con il più alto impatto per uso del suolo, dopo quello agroalimentare e delle costruzioni. Il 43% dello sfruttamento è da attribuire all'abbigliamento, il 35% alle calzature (comprese le scarpe in pelle, che hanno un elevato impatto sull'uso del suolo a causa della necessità di pascolo per il bestiame) e il 23% al tessile per la casa insieme ad altri prodotti tessili di varia natura.
Emissioni di gas serra in atmosfera
La produzione e il consumo di tessili generano emissioni di gas serra, dovute in particolare all’ estrazione delle risorse, alla produzione, al lavaggio, all’essiccazione ed infine all’incenerimento dei rifiuti tessili.
Nel 2020 la produzione dei materiali tessili, consumati nell’UE, ha generato in totale 121 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2), pari a 270 kg CO2 per persona. Questo rende la produzione di tessile per il consumo famigliare, non industriale, il quinto maggiore settore per impatto sul cambiamento climatico, dopo edilizia, agroalimentare, mobilità ed attività ricreative e culturali.
Il 50% è attribuibile all'abbigliamento, il 30% ai prodotti tessili per la casa ed il 20% alle calzature. Nonostante le emissioni di gas ad effetto serra incidano a livello globale, quasi il 75% viene rilasciato fuori dall'Europa, principalmente nelle regioni produttrici di tessuti, in particolare in Asia.
Circa l'80% dell'impatto totale del cambiamento climatico dovuto al tessile si verifica nella fase di produzione. Un ulteriore 3% avviene nella distribuzione e nella vendita al dettaglio, il 14% nella fase di utilizzo (lavaggio, asciugatura e stiratura) e il 3% durante il cd "fine vita" (raccolta, cernita, riciclaggio, incenerimento e smaltimento dei rifiuti tessili).
I tessuti realizzati con fibre naturali, come il cotone, hanno generalmente un minore impatto climatico rispetto a quelli che contegono fibre sintetiche (soprattutto nylon e acrilico), che hanno generalmente un impatto sul cambiamento del clima maggiore, sia per la loro origine, in quanto estratti dai combustibili fossili, che per l'energia consumata durante la produzione.
Considerando gli impatti ambientali prodotti dal comparto tessile-moda, si comprende facilmente come sia considerato uno dei fondamentali nella svolta verso l’economia circolare, ovvero verso un sistema di produzione e di consumo non più lineare bensì circolare dove prevalgono concetti come: minore consumo e ottimizzazione dell’utilizzo delle materie ma anche uso prolungato e duraturo dei beni, riuso e il riciclaggio.
Un ruolo di primo piano nella svolta verso la sostenibilità e la circolarità sarà quello del design, che dovrà progettare gli indumenti in modo nuovo, realizzandoli fin dalla nascita per essere riciclabili e riciclati a fine vita ma anche riparabili nel corso della vita.
Gli impatti sono impressionanti ma dobbiamo essere consapevoli che stiamo parlando di un comparto industriale importante, il terzo dopo quello agroalimentare e delle costruzioni. Un settore industriale che:
- nel 2019, ha fatturato una cifra pari a 162 miliardi di euro e ha fornito lavoro a 1,5 milioni di persone in 160.000 aziende.
- nel 2020, nella sola Europa, ha realizzato 6,9 milioni di tonnellate di prodotti tessili, come tappeti, tessile per la casa e altri materiali tessili (compresi i tessuti non tessuti e quelli tecnici e industriali) a cui si aggiungono prodotti intermedi, come fibre, filati e tessuti
- nel 2020, ha mosso una grande quantità di prodotti tessili, sia d'importazione che d'esportazione, lo scorso anno, sono arrivati nel nostro continente ben 8,7 milioni di tonnellate di prodotti tessili, per un valore di 125 milioni di euro, importati prevalentemente dalla Cina, dal Bangladesh e dalla Turchia ma sono stati anche esportati prodotti tessili dall’Europa destinati prevalentemente al Regno Unito, alla Svizzera ed agli Stati Uniti.
Un sistema industriale che muove l'economia UE, secondo il rapporto EEA, infatti, le famiglie europee sono grandi consumatrici di prodotti tessili. I dati Eurostat, riportati nel report indicano che gli Europei
- hanno speso, sia nel 2019 che nel 2018, in media 600 euro per l'abbigliamento, 150 euro per le calzature e 70 euro per i tessili per la casa. Durante la pandemia, il consumo di abbigliamento è sceso compensato da un leggero aumento del consumo di prodotti tessili per la casa.
- hanno consumato, nel 2020, in media:
- 6 kg per l’abbigliamento
- 6,1 kg per prodotti tessili per la casa
- 2,7 kg per le calzature.
Leggi il rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente: Textiles and the environment: the role of design in Europe’s circular economy
Organizzazione con sistema di gestione certificato e laboratori accreditati
Maggiori informazioni all'indirizzo www.arpat.toscana.it/qualita