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Tipologie di ricarica dei veicoli elettrici
La auto a batteria si possono rifornire anche con le comuni prese domestiche. Ma per ridurre il tempo di attesa e per migliorare l’efficienza si utilizzano sistemi di varie tipologie. E con potenze diverse
Quando si parla di auto elettriche, il dato più importante, quello su cui tutti si concentrano, riguarda l’autonoma garantita dalla batteria. Da un lato perché si deve programmare l’eventuale ricarica, dall’altro perché l’operazione richiede molto più tempo di un rifornimento di benzina o gasolio. L’autonomia, quindi, condiziona pesantemente la durata del viaggio. Ci sono poi varie tipologie di ricarica: le auto elettriche si possono rifornire anche da una comune presa domestica, ma in questo caso l’attesa è lunghissima mentre con sistemi dedicati il rifornimento impiega solo qualche decina di minuti. Tutto il processo è regolamentato dalle norme Iec (International elettrotechnical commission), ovvero l’ente che definisce a livello internazionale gli standard degli impianti e degli apparecchi elettrici. L’Iec ha così definito quattro tipologie di ricarica dei veicoli elettrici definite “Modi”, e classificato in “Tipi” le spine di collegamento. Volendo essere attenti, non è corretto ricaricare un’auto elettrica utilizzando la prolunga dell’aspirapolvere. Il mero collegamento via cavo ad una presa domestica è si contemplato dalle norme Iec nel Modo 1, ma è riservato ai veicoli leggeri come i quadricicli. Per le vetture, che assorbono molta corrente per un tempo assai più lungo di un elettrodomestico, serve un sistema che controlli la bontà dell’impianto e, magari, tenga sotto controllo la temperatura della spina, per evitare surriscaldamenti dell'impianto domestico o peggio l’innesco di incendi.
Modo 2
Ecco quindi il Modo 2 che prevede un cavo speciale, dotato di un control box, che verifica la presenza della messa a terra, dispone di un interruttore salvavita, e talvolta, monitora la temperatura della spina Shuko. Considerato che la potenza è comunque limitata ( di solito 2,3 kWh), il passo successivo è l’uso di una presa ed un cavo specifici, quelli della tipologia Modo 3.
Modo 3
Il sistema più comune per ricaricare una vettura a trazione elettrica a casa è la predisposizione di una wallbox (da installare in garage) o se si è in viaggio l’erogazione della ricarica si esegue nelle colonnine stradali, mentre il cavo ha la spina adatta (Tipo 2 o Mennekes dal nome del produttore).
A fronte della spesa d’installazione di una wallbox (peraltro detraibile), i tempi di attesa di avvenuta ricarica scendono parecchio rispetto alla presa domestica, restando ancora nell’ambito delle ore. Questo perché l’auto non sempre riesce a sfruttare tutta la potenza a disposizione. La batteria, infatti, accetta la corrente continua, mentre quella della rete è alternata. Così in macchina c’è un caricabatteria, simile a quello dei telefonini, ma più potente, che converte la corrente da alternata in continua e la invia all’accumulatore. E proprio la taglia del caricabatteria determina la potenza massima della ricarica.
Se, per esempio, si dispone di una wallbox da 7,4 kW e il caricabatteria della vettura ha la medesima taglia, il pieno si effettua a questa potenza, ma se il raddrizzatore è da 3,6kW, si utilizza soltanto la metà della potenzialità di erogazione della presa di ricarica. Per superare questa limitazione, sono state realizzate le stazioni di ricarica fast a corrente continua: in questo modo non serve il caricabatteria/raddrizzatore e l’energia va dalla colonnina all’accumulatore direttamente, senza colli di bottiglia. Risultato: si hanno a disposizione almeno 50kW, una potenza che consente di raggiungere l’80% della ricarica in qualche decina di minuti. L’80% e non il 100% perché, quando ci si avvicina al “pieno”, per motivi tecnici l’intensità di corrente si riduce e il tempo necessario per completare l’operazione si allunga. In viaggio, quindi, è meglio che il rifornimento di energia sia interrotto giusto prima che del suo completamento.
Modo 4
La ricarica a corrente continua è il Modo 4 dell’Iec e può compiersi anche a potenze superiori a 50 kW. Le colonnine Hpc ( High power charge) erogano infatti ben 150 kW e, per i pochi modelli con rete di bordo a 800V, addirittura 270 kW (ma sono progettate per raggiungere 350 kW). Giusto per dare un ordine di grandezza, 270 kW sono sufficienti ad alimentare gli impianti elettrici di 90 abitazioni comunemente fornite di 3 kW, che è il tipico contratto domestico. Occorre ricordare che le colonnine fast e Hpc sono dotate di cavo integrato con connettore dedicato, CHAdeMO ( Charge de Move, traducibile in qualcosa del tipo “carica il movimento” o “ricaricati per muoverti” e scelto per l'assonanza con l’espressione nipponica “O cha demo ikaga desuka”, che significa “prendiamoci un tè mentre ci ricarichiamo”). A promuoverlo, in particolare le case automonilistiche giapponesi come Toyota, Nissan, Mitsubishi e Subaru in collaborazione con la Tokyo Electric Power Company . Obiettivo, diffondere un metodo condiviso di ricarica rapida per i veicoli elettrici).
La risposta alternativa dell’Europa è stata la Ccs Combo2. Considerata l’elevata intensità di corrente, in entrambi i casi il cavo è progettato assieme all’erogatore in modo da supportare la ricarica agevolmente. Con tanta potenza, l’attesa durante la ricarica si riduce parecchio. In condizioni ottimali, possono bastare cinque minuti, per ripristinare 100 km di autonomia.
Anche se qui la corrente va diritta nella batteria, senza passare per il collo di bottiglia del caricabatteria, le potenze in gioco sono cosi elevate che non tutti i modelli le sopportano. Così, alcune vetture si fermano a 40, chi a 80 e chi a 100 kW. Si tratta di valori massimi, ma ciò che conta di più ai fini della rapidità della ricerca è la potenza media utilizzata: un valore più basso, ma mantenuto a lungo, è meglio di un picco elevato che cala in fretta.
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