Letture verdi, a colloquio con Erasmo D'Angelis
Crisi idrica, cambiamento climatico e soluzioni da adottare nelle domande proposte all'autore
"La nuova civiltà dell’Acqua. Il Piano Nazionale per la Sicurezza Idrica e Idrogeologica e l’adattamento al cambiamento climatico" è il libro scelto per la rubrica Dialoghi con l'autore e l'autrice. Si tratta di un manuale scritto a quattro mani da Grassi e D'Angelis, in cui si racconta i come e i perché della nostra crisi idrica, offrendo una dettagliata storia d’Italia attraverso l’acqua.
Abbiamo intervistato Erasmo D'Angelis, uno degli autori, che vanta numerose esperienze nel settore idrogeologico, tra cui la presidenza di Publiacqua e gli incarichi di capo della Struttura di Missione contro il rischio idrogeologico e per le infrastrutture idriche “Italiasicura” nonché Segretario Generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale. Oggi presiede la Fondazione Earth Water Agenda che, con il Comitato One Water e i ministeri degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale e dell’Ambiente e della sicurezza energetica, organizzerà a Roma nel 2026 il primo Forum Euromediterraneo sull’acqua con 45 Paesi.
Qual è lo stato di salute delle risorse idriche in Toscana?
La Toscana è una delle regioni europee più ricche di risorsa idrica sia in superficie che nel sottosuolo. Ovviamente le precipitazioni variano, negli ultimi 70 anni abbiamo toccato punte massime fino a 32,3 miliardi di m3 del 2010 e minime a 16 m3 nell’anno siccitoso 2022, abbiamo territori a forte piovosità come Massa e Lucca e a piovosità molto più ridotta come nel grossetano, con 835 mm all’anno che, però, si avvicina alle medie delle capitali europee che nel nostro immaginario consideriamo le più piovose come Parigi o Londra.
La verità amara è che oggi le precipitazioni variano molto più del previsto e non abbiamo “contenitori” dove poter immagazzinare l’acqua nei periodi piovosi. È un problema italiano, ed è un problema della Toscana, che la Regione si è posta per trovare soluzioni.
Se tra il 1951 e il 1999 subivamo un’annata siccitosa ogni 16 anni, negli ultimi venti anni, la frequenza è scesa a circa 3 anni, e con l’aumento della temperatura globale questa media è destinata a intensificarsi. In ogni caso, oggi, in Toscana abbiamo 22,7 miliardi di m3 di precipitazioni medie all’anno, 11,1 miliardi utilizzabili per tutti gli usi. Se pensiamo ai consumi medi annuali di una famiglia media toscana sotto i 200 m3, siamo a valori record teoricamente ben trenta volte superiori ai nostri consumi.
La ricchezza di acqua, del resto, è nella presenza di 70 falde, circa 5.000 fonti e sorgenti, circa 60.000 km di vie d’acqua superficiali di 49 fiumi e 642 torrenti, 43 laghi e 16.248 piccoli specchi d’acqua e due grandi dighe.
Detto questo, dal punto di vista dello stato chimico i puntuali monitoraggi di ARPAT, che sono da best practices, evidenziano la necessità per circa un 30-40% di acque superficiali di raggiungere prima possibile i traguardi del “buono” o “elevato” stato ecologico e stato chimico, come ci impone la Direttiva europea. Insomma, la lotta all’inquinamento e agli sprechi non può e non deve fermarsi, anche se siamo a livelli più bassi rispetto alla media nazionale. L’unico grande fiume italiano con la depurazione delle acque di scarico di tutti comuni attraversati al 100% è l’Arno. E quella di Firenze è, oggi, l’unica area metropolitana italiana sulle 14 ad aver raggiunto l’obiettivo della depurazione degli scarichi civili al 100%.
Dall'Anticiclone delle Azzorre all'anticiclone africano. Come è cambiato il clima nel Mediterraneo negli ultimi 50 anni?
Ormai in atmosfera tutto è cambiato. Lo dimostra la scomparsa del classico temporale o acquazzone e l’utilizzo della nuova terminologia fatta di improvvisi flash floods o urban floods, cicloni extratropicali, tifoni, uragani, tornado.
Ormai la nostra penisola, nel mare, è un bersaglio di fenomeni a carattere “esplosivo” dovuti alla tropicalizzazione del clima mediterraneo per la sempre più calda temperatura delle acque marine, con la loro più intensa evaporazione che si scarica a terra con precipitazioni concentrate e violentissime. L’escalation è impressionante. Se nel Novecento si contavano in Italia tra cinque o sei eventi meteo distruttivi ogni 10-15 anni, oggi siamo a un centinaio all’anno e su aree ristrette ma sempre con vittime e danni. E nella nostra Toscana, in meno di due anni, sulla piana tra Firenze e Prato abbiamo subìto due eventi estremi nella stessa area mai visti così violenti e ravvicinati, con vittime e danni per oltre 2 miliardi: il 2 novembre 2023 e 9 settembre 2024.
Penso anche alle ripetute devastazioni lungo la costa. Questo trend drammatico indica l’urgenza di un grande piano per la sicurezza delle nostre aree urbane che oggi non reggono quantità estreme di pioggia. Servono nuovi modelli di prevenzione e nuove infrastrutture di difesa. È questa la nostra grande sfida tecnologica, infrastrutturale, culturale, di partecipazione collettiva.
Non abbiamo più le certezze del Novecento, quando il mitico colonnello Bernacca sulla Rai in bianco e nero spiegava l’evoluzione del tempo con l’“Anticiclone delle Azzorre” che arrivava puntuale a fine giugno con i suoi venti rinfrescanti e rendeva l’estate invidiabile perché annullava il rovente “anticiclone Africano”. Era un regolatore del clima mediterraneo. Oggi l’Anticiclone staziona sulle Azzorre e sull’Atlantico e sulla nostra penisola penetra aria calda africana. Il Lamma, altra eccellenza toscana, ci segnala, ormai da anni, ogni anno come quello più caldo della storia, e il 2024 ha battuto ogni record. E noi siamo uno dei punti di maggior fragilità climatica.
L'innalzamento del livello del mare rappresenta una delle minacce più gravi del cambiamento climatico, con conseguenze potenziali per le regioni costiere. Con quali strategie di adattamento si affronta?
La verità amara è che questa è un’insidia rimossa perché apparentemente è invisibile, ma potrebbe avere effetti drammatici se non iniziamo a prevenirne gli effetti lungo la nostra fascia costiera così urbanizzata, dove sono presenti attività agricole, portuali, commerciali e turistiche fondamentali per le nostre economie.
Il rialzo del livello del mare è un alert presente in ogni proiezione climatica, e l’IPCC dell’Onu prevede, entro il 2100, temperature medie globali oltre i 2 °C con un innalzamento dei livelli del mare e degli oceani tra 44 e 76 centimetri e in alcune aree anche il più catastrofico superamento di un metro se il caldo e lo scioglimento dei ghiacciai raggiungessero massimi storici.
Prospettive inquietanti. E già oggi, subiscono questo scenario i 40 piccoli Stati con isole esotiche dove le maree degli oceani inondano spiagge e coste. Ma questo dramma dimenticato vede a rischio anche la nostra penisola e la nostra costa toscana. Abbiamo rendering con modellistiche previsionali degli impatti da non dormirci! Vanno pianificate prima possibile strategie di adattamento e protezione nelle aree urbane costiere, rialzi di infrastrutture portuali e marittime di porti e moli, spostamenti verso l’interno di alcune funzioni per non lasciare nel dramma le prossime generazioni. Basta vedere le falde costiere inquinate dal cuneo salino per capire che questo non può essere un problema italiano completamente ignorato ma deve attivare risposte per l’adattamento.
Come irrigare di più e con meno acqua?
L’irrigazione in Toscana ha una rilevante importanza economica e si è avviata verso una rivoluzione tecnologica. Dai campi della Val di Chiana e Val Tiberina, dalla Maremma alla Val di Cornia, dalla Lunigiana alla Piana di Lucca e al Chianti se la carenza idrica si configura come uno dei fattori di rischio, il dato positivo è che l’acqua c’è e possiamo intanto immagazzinarla e gestirla ma possiamo anche evitare sprechi con tecnologie per il risparmio nell’irrigazione.
Nel 2022 la Toscana, prima in Italia, ha finanziato progetti di reti di adduzione e distribuzione e Coldiretti, Confagricoltura e CIA-Agricoltori con i Consorzi di Bonifica puntano su tecnologie evolute con controlli digitali di tutte le fasi dell’irrigazione e della micro-irrigazione. È l’Agricoltura 4.0, che permette di conoscere quando e come irrigare, calcolando con precisione i volumi d’acqua da utilizzare, rilevando da piattaforme IoT (Internet of Things) dati agro-meteorologici e da modelli previsionali le fasi delle colture.
Anche i settori industriali dovrebbero attivare soluzioni di risparmio?
Il nostro settore industriale è il secondo consumatore di acqua nella regione dopo quello agricolo e prima del servizio idrico integrato, ma con sprechi enormi. È un comparto tra i più idro-esigenti ma è il meno percepito come tale dai cittadini. È imbarazzante la mancanza di sistemi di recupero di acqua piovana o di uso di acqua di depurazione a fronte degli elevatissimi consumi di ottima acqua di falda in gran parte per utilizzi che spesso diventano sprechi: pulizia di impianti, cicli termici per il raffreddamento dei macchinari, lavaggio di locali, piazzali e automezzi.
Il consumo di acqua è in costante aumento, nonostante ci siano soluzioni a portata di mano per risparmiare, recuperare e riutilizzare acqua depurata, anche con sinergie tra aziende. Le esperienze sul territorio regionale favorirebbero molto il riuso delle acque depurate. In Toscana, abbiamo il più grande depuratore industriale europeo, a Prato, che convoglia l’acqua verso alcune aziende ma potrebbe essere utilizzata anche nella pulizia strade o nell’innaffiamento di giardini e parchi o per il lavaggio delle auto.
Occorrono nuove normative nazionali e investimenti del governo per creare infrastrutture per riutilizzare l’acqua dei depuratori del servizio idrico integrato portandola dove serve e anche nei campi per alcune colture, evitando di buttarla nei fiumi o in mare.
Qual è lo stato del servizio idrico integrato?
La Toscana è tra le pochissime regioni fuori dalla black list europea. Oggi l’Italia è sanzionata dall’Europa per i ritardi vergognosi nella depurazione e ogni giorno lo Stato versa ben 125.000 euro di sanzioni per le prime due condanne della Corte di giustizia di Strasburgo per circa 2.000 piccoli e medi comuni italiani ancora senza depuratori o addirittura reti fognarie.
La Toscana è fuori! È un grande obiettivo raggiunto dalla Regione, dai Comuni e dai sette gestori del servizio idrico integrato con 3.125 addetti. Tutti hanno migliorato le proprie prestazioni nel tempo, l’acqua arriva ai rubinetti con una elevata qualità e sono ben regolati dall’Autorità regionale diretta da Alessandro Mazzei nella gestione di 30.000 km di reti di acquedotto, 13.844 km di fognatura, 1150 potabilizzatori, 820 depuratori di varia tipologia, tecnologie di avanguardia.
La Toscana ha lasciato al passato i ricordi delle autobotti della grande sete estiva ma oggi si devono fronteggiare nuove e urgenti sfide per combattere gli effetti del clima nelle aree urbane che fanno esplodere tratti di reti fognarie tarate per le piogge del secolo scorso, gestire nuovi invasi, impianti di captazione, dorsali di acquedotti, interconnessioni, almeno due dissalatori lungo la costa e all’Elba.
Quale ruolo giocano le dighe e gli invasi nella Regione?
Un ruolo centrale. In Toscana abbiamo fortunatamente due grandi invasi come Bilancino in Mugello che può contenere fino a 69 milioni di m3 di acqua della Sieve, gestito da Publiacqua, e Montedoglio sul Tevere gestito dall’Ente Acque Umbro-Toscane, in grado di contenere fino a 124 m3. Abbiamo 43 laghi e 16.248 piccoli specchi d’acqua soprattutto ad uso agricolo con superfici inferiori a 0,1 km2.
L’area più a rischio di crisi idrica da siccità è quella costiera, in particolare la Maremma, che ha bisogno di un invaso modello Bilancino e invasi minori per accumulare acqua. Gli invasi servono anche per uso idroelettrico e per mitigare le alluvioni. L’aumento della capacità di stoccaggio è prioritario. È necessaria però la ripresa di una programmazione finanziaria nazionale.
Quali sono le principali regole da rispettare per un Piano dell'acqua?
Tutelare la naturalità dei corsi d’acqua e la qualità delle nostre riserve sotterranee e superficiali e ripensare l’urbanistica con nuovi Piani Regolatori delle acque.
Un argine da solo non ci salva dalle alluvioni. Viviamo in aree molto urbanizzate e dobbiamo riuscire a renderle il più possibile “spugnose” per garantire il miglior scorrimento delle acque meteoriche senza danni. Va aperto questo nuovo capitolo dell’adattamento al nuovo clima.
Le nostre reti di fognatura sono ben gestite ma non riescono a scaricare piogge “esplosive” perché le loro sezioni sono state progettate per smaltire le portate delle acque di scarico e le piogge così come si generavano dalla metà dell’Ottocento al Novecento.
Occorrono nuove infrastrutture idriche da inserire nelle pianificazioni comunali. Diventare il più possibile “città spugna” significa aumentare quote di verde e terreni drenanti, riuscire a convogliare acqua piovana in piccole aree di laminazione, in pozzi disperdenti, in bacini di infiltrazione, vasche interrate, rallentare la velocità di scorrimento. E informare i cittadini che non conoscono i piani comunali di protezione civile utilizzando anche le tecnologie dell’Intelligenza Artificiale.
Quali strategie, quali azioni sono necessarie e urgenti per la lotta al dissesto idro-geologico?
Circa un terzo dei toscani, un milione di persone, vive in aree a rischio frane o alluvioni come emerge dalle analisi dell’Ispra.
Mai dimenticare del resto che un tempo le nostre pianure urbanizzate erano paleo-laghi alimentati da fiumi. Leonardo da Vinci scrisse: “Dove oggi volano gli uccelli a torme, solean discorrere i pesci a grandi squadre”. Viviamo su terreni alluvionali e franosi perché è frutto di espansioni anche abusive e prive di ogni criterio di sicurezza.
Al cambiamento climatico si risponde con il nuovo cambiamento urbano e con nuove difese e una buona comunicazione ai cittadini. La Toscana può essere la prima regione italiana a dotare le città di nuovi Piani Regolatori delle Acque da affiancare ai PRG comunali.
Conosciamo ormai le aree più esposte. Si stanno concludendo le opere del nostro “MOSE” che sono le casse di espansione lungo l’Arno a monte di Firenze, e bisogna lavorare con i tempi dell’emergenza per mitigare i rischi nelle fasi di "troppa acqua" o “poca acqua”.