ARPAT si dota del “Prontuario per un uso corretto della lingua italiana” per superare stereotipi e pregiudizi anche in ambito professionale
Con l’obiettivo di favorire l’utilizzo di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere e contribuire all’acquisizione di nuove consuetudini linguistiche che tengano conto della presenza delle donne nei luoghi di lavoro, l’Agenzia si allinea ad analoghe iniziative avviate in altre istituzioni pubbliche
Negli ultimi anni molte pubbliche amministrazioni in Italia, tra cui anche le Università toscane ma anche istituzioni private come gli organismi di certificazione, hanno ravvisato la necessità di dotarsi di linee guida per l’utilizzo di una lingua rispettosa del genere, per superare l’uso generalizzato del maschile e, quindi, l’abitudine di utilizzare il genere maschile esteso anche per parlare di donne, pratica che non consente di rappresentare fedelmente la realtà professionale in cui viviamo. Anche l’Agenzia ha deciso di affrontare questa nuova sfida, che deriva da fattori linguistici e culturali e istituzionali.
Il Prontuario per un uso corretto della lingua italiana in Agenzia, è frutto di un percorso di formazione e nasce dalla consultazione di studi e manuali sul tema, richiamati nella bibliografia, con attenzione anche ai dettami dell’Accademia della Crusca, che continua a essere il maggior punto di riferimento della linguistica italiana. Infatti, la stessa Accademia invita a rappresentare negli atti e documenti amministrativi, donne e uomini con nomi declinati coerentemente al femminile e al maschile. Il Prontuario ARPAT si connota come uno strumento agile di orientamento, finalizzato a superare stereotipi o inerzie e andando incontro ai bisogni delle persone. Si assume, infatti, che sia proprio l’utilizzo di un linguaggio non inclusivo uno degli strumenti attraverso il quale pregiudizi e stereotipi trovino terreno fertile.
L’importante è acquisire la consapevolezza che il linguaggio abbia un ruolo fondamentale nella percezione, nella relazione con l’altro/a nel luogo di lavoro e nella costruzione della realtà, e quella a cui dobbiamo aspirare è una comunità professionale aperta, che sappia valorizzare le differenze esistenti. La lingua è in continua evoluzione e le parole che la comunità, anche quella professionale, utilizza per esprimersi, cambiano insieme alla società. Ne deriva che il linguaggio è uno strumento promotore del cambiamento culturale necessario per il superamento di stereotipi. La lingua si trasforma per comunicare il progresso sociale, nominare tecnologie nuove, descrivere oggetti o professioni che prima non esistevano.
“Il modo in cui ci esprimiamo all’interno dei diversi contesti professionali è indubbiamente uno degli strumenti più efficaci nella lotta alla discriminazione e nella promozione di una cultura pluralista che rispetta i valori fondamentali della nostra Carta costituzionale” – scrive nella prefazione Alessandra Viviani, ordinaria di diritto internazionale dell’Università di Siena e coordinatrice del Tavolo di lavoro che ha redatto analoghe linee guida per l’Università di Siena – “In questo, l’impegno da parte delle pubbliche amministrazioni italiane è particolarmente significativo dato che l'italiano è una lingua di genere, in cui i sostantivi e gli aggettivi sono tipicamente marcati per il genere, e crea sfide intrinseche per l'inclusività" ma si assiste ancora a una “resistenza culturale che gioca un ruolo cruciale nell'accettazione del linguaggio inclusivo di genere. Spesso ci troviamo di fronte ad un forte scetticismo nei confronti delle riforme linguistiche volte a promuovere l'uguaglianza di genere, e questa resistenza è spesso radicata nella convinzione che tali cambiamenti siano inutili o eccessivamente politically correct. Spesso ascoltiamo frasi come “questa parola suona male” oppure “ormai non si può dire più niente” ed è proprio verso questo tipo di atteggiamenti, che nascono da una mancanza di consapevolezza su quanto gli stereotipi e i pregiudizi plasmino le nostre esistenze, che l’impegno verso un linguaggio ampio e una cultura del rispetto delle differenze non può venire meno”.
Attraverso il linguaggio, infatti, non ci limitiamo a descrivere l’esistente, ma contribuiamo alla costruzione e al rafforzamento di precisi modelli culturali o al loro radicale cambiamento. La lingua racchiude e propone una data visione del mondo. Ogni passo verso il cambiamento, infatti, si fonda sulla capacità di raccontare la realtà che desideriamo attraverso quelle esatte parole che riescono a farci immaginare un diverso modello di società e di vita. È in questa prospettiva che ogni parola del nostro linguaggio, anche nei contesti professionali scientifici, contribuisce a diventare il sentiero su cui viaggia il pensiero, condizionando il nostro modo di pensare e di agire.
L'auspicio è quello di alimentare una riflessione all'interno delle pubbliche amministrazioni e favorire buone pratiche di condivisione.