Adottato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici
La strategia per rendere l’Italia più resiliente alla crisi climatica si propone anche come una guida per pianificare le politiche di adattamento non solo a livello nazionale ma anche regionale e locale, nel breve e lungo periodo
Con il DM 21 dicembre 2023 n. 434, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica ha approvato il Pano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) con l’obiettivo di affrontare la sfida del cambiamento del clima.
Nel 2021, l’Europa ha adottato la “Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici” e gli Stati membri sono chiamati, a loro volta, a predisporre e attuare strategie e piani nazionali. In questo contesto, il 2 gennaio 2024, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ha annunciato l’adozione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che, come si legge, “contiene le azioni per ridurre al minimo possibile i rischi legati ai cambiamenti climatici, migliorando la capacità di adattamento dei sistemi socio-economici e naturali e traendo benefici dalle nuove opportunità proposte dalle nuove condizioni climatiche”. Il Piano è accompagnato da quattro allegati dedicati alle strategie regionali, locali, agli impatti, alla vulnerabilità ed alle azioni.
Il PNACC svolge, quindi, una funzione di indirizzo non solo a livello nazionale ma anche regionale e locale ed, inoltre, istituisce una struttura di “governance” nazionale, che prenderà vita nel prossimo futuro.
La prima parte del Piano è una sintesi delle conoscenze scientifiche a disposizione sul clima in Italia. I segnali del cambiamento, anche nel nostro Paese, sono sempre più evidenti: il 2022 è stato l’anno più caldo dal 1961. L’analisi degli estremi mostra un aumento degli indici legati agli estremi di caldo e una riduzione di quelli rappresentativi degli estremi di freddo. Nel 2022, ad esempio, le precipitazioni sono state ben inferiori alla media climatologica, soprattutto durante l’inverno e la primavera, in particolare nell’Italia centro-settentrionale.
Il Piano presenta, inoltre, alcune proiezioni su quello che potrebbe accadere, in Italia, dal 2036 al 2065 e delinea tre scenari possibili:
- scenario ad elevate emissioni: si ipotizza che le emissioni climalteranti crescano in modo incontrollato, le emissioni di CO2 in atmosfera triplicheranno o quadruplicheranno, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli preindustriali e la temperatura globale aumenterà di 4-5 gradi, con conseguenze devastanti per l’ambiente e la società;
- scenario intermedio: le emissioni climalteranti verranno gradualmente ridotte, ma non in modo sufficiente a contrastare il riscaldamento globale. Entro il 2070, le concentrazioni di CO2 scenderanno al di sotto dei livelli attuali, ma la temperatura globale aumenterà comunque di 2-3 gradi;
- scenario a mitigazione forte: le emissioni climalteranti verranno ridotte drasticamente, entro il 2050, e la temperatura globale aumenterà di 1,5 gradi.
Per scegliere quale strada intraprendere, bisogna definire il contesto in cui operare: ad elevate emissioni, intermedio o a mitigazione forte. Nel primo caso, le azioni di adattamento dovranno essere molto intense per far fronte agli impatti più gravi del mutamento climatico, mentre, negli altri casi, le azioni di adattamento potranno essere meno intense, ma sarà, comunque, necessario mantenere i sistemi socio-economici in equilibrio.
Le 361 azioni contenute nel PNACC si suddividono in tre categorie:
- azioni soft: non richiedono interventi strutturali o materiali diretti; si tratta di misure di tipo informativo, educativo, normativo o di sensibilizzazione
- azioni green: prevedono soluzioni basate sulla natura, come la riforestazione, la creazione di zone umide o la protezione delle coste
- azioni grey: sono interventi materiali diretti su impianti, tecnologie o infrastrutture.
Il maggiore numero di azioni è classificato come soft ma non mancano azioni più incisive, come quelle che intervengono sulle aree e vasche di esondazione, sui processi di rinaturalizzazione dei bacini idrografici e dei versanti per ridare spazi ai fiumi, quelle sull’impegno a ridurre lo smog e, conseguentemente, le morti correlate all’inquinamento, oppure ancora quelle sulla riduzione dell’erosione delle nostre coste o sull’aumento della biodiversità delle aree umide e sulla protezione degli habitat marini. Si parla anche di risparmio della risorsa idrica e di aumento dell’efficienza energetica, con la previsione di aumentare gli edifici in classe energetica A.
Il contrasto ai cambiamenti climatici, articolandosi su più piani, nazionale, regionale e locale, conferma e vuole implementare una tendenza in atto. Infatti, già ora, molte regioni, tra cui anche la Toscana, hanno adottato Piani energetici regionali, Piani forestali, Piani regionali di tutela delle acque, Piani costieri, Piani Regionali di Qualità dell’Aria, Piani territoriali paesistici/paesaggistici ed altro ancora. A livello locale, invece, alcune Amministrazioni si sono dotate di Piani di adattamento e mitigazione comunali, che si aggiungono ai Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS) di ambito comunale e di area vasta, ai Piani del verde urbano ed ai Regolamenti edilizi a prova di clima.
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