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Le microplastiche nel mare della Toscana

11/07/2024 11:00

I risultati del monitoraggio effettuato dal personale di ARPAT, nel 2023, per verificare la presenza di micro e nano plastiche nel mare toscano

Proseguiamo l’attività di anticipazione di alcune informazioni ambientali contenute nell’Annuario dei dati ambientali 2024. Oggi presentiamo i risultati del monitoraggio realizzato dal personale agenziale nel 2023 per verificare la presenza di piccoli frammenti plastici (micro e nano plastiche) nello strato superficiale del mare toscano.

Si tratta di un’attività che l’Agenzia svolge nell’ambito della Strategia marina voluta dall'Unione Europea, che chiede agli Stati membri di reperire informazioni sui trend per individuare la quantità, la distribuzione e, se possibile, la composizione di microparticelle e nano plastiche presenti in ambiente marino con l’obiettivo finale di minimizzare la quantità di microplastiche ed i danni da esse causate sulle reti trofiche.

Prima di fornire i dati, ricordiamo che si parla di microplastiche per indicare i frammenti di dimensione compresa tra 0,1 e 5000 micrometri (cioè da 0,001 a 5 millimetri). Si parla di nanoplastiche quando, invece, ci si trova di fronte a frammenti ancora più piccoli, da 0,001 a 0,1 micrometri.

I dati contenuti nell’Annuario 2024

Nell'ultimo anno di monitoraggio, 2023, il numero medio di frammenti di microplastiche raccolti con il retino manta nello strato superficiale (circa 25 cm) è risultato pari a 0,014 oggetti per metro quadrato (oggetti/m2). Purtroppo, nella campagna autunnale non sono stati effettuati tutti i campionamenti.

Il dato medio degli oggetti rinvenuti per metro quadro, nei precedenti 3 anni, risulta il seguente:

  • 0,035 oggetti/m2 nel 2022
  • 0,046 oggetti/m2 nel 2021
  • 0,054 oggetti/m2 nel 2020.

Lo scorso anno, il valore massimo si è registrato presso la Carbonifera, 0,088 oggetti/ m2, il più basso, invece, alla foce dell’Ombrone: 0,009 oggetti/m2.

Nel 2023, non emergono particolari differenze tra l’area settentrionale (Fiume Morto e Donoratico) e quella meridionale (Carbonifera e Foce Ombrone) della Toscana, analogamente a quanto accaduto nel 2022.

Le forme rilevate sono state il frammento (69%) ed il foglio (12%) mentre i colori dominanti: bianco (68%), blu (14%) e verde (11%).

Come, dove e quando viene effettuato il monitoraggio

ARPAT, con cadenza semestrale (quindi due volte l'anno: solitamente in aprile e in ottobre), esegue campionamenti in mare lungo 4 transetti ortogonali alla costa, in corrispondenza dei seguenti punti: Fiume Morto (PI), Donoratico (LI), Carbonifera (LI) e Foce Ombrone (GR).

Ogni transetto è caratterizzato da tre stazioni di campionamento poste a 6, 1,5 e 0,5 miglia nautiche dalla costa. In ogni stazione, il retino “manta” (meglio descritto di seguito) viene trainato per 20 minuti in direzione contraria alla corrente.

In corrispondenza di ciascuna delle 3 stazioni viene calato il retino campionatore detto “manta” (che possiede le caratteristiche definite nella scheda metodologica della Direttiva) con maglia di 330µm trainato ad una velocità non superiore a 3 nodi per 20 minuti in direzione contraria alla corrente predominante. Il manta nella sua parte terminale ha un bicchiere collettore per la raccolta del campione.

Dal tratto percorso e dalla misura dell’apertura della bocca del retino si stima la superficie campionata risalendo così al parametro “numero oggetti/metro quadro per forma, colore, trasparenza opacità”.

Il campione così raccolto viene collocato in un barattolo, fissato con alcool e portato in laboratorio dove viene passato su 2 setacci (da 330µm e 5 mm) per isolare la frazione delle microplastiche. Al microscopio si procede poi alla separazione per forma (filamento, frammento, foglio, foam, granulo, pellet) e per colore (bianche, nere, rosse, blu, verdi e altro colore) suddividendo, poi, i frammenti anche in opachi o trasparenti.

La scelta delle aree di mare da monitorare è stata effettuata tenendo conto della Direttiva europea, ovvero presenza di aree di upwelling e downwelling, aree di accumulo per condizioni idrodinamiche locali, distanza da fonti di immissione diretta come, ad esempio, foci fluviali e distanza da strutture portuali o rilevanti insediamenti urbani.

Upwelling e downwelling sono due fenomeni legati ai venti e alle correnti, che comportano lo spostamento di masse d’acqua. Quando tale fenomeno riguarda la risalita di masse di acqua più fredda e ricca di nutrienti si parla di upwelling; viceversa, quando le masse d’acqua più fredda e più densa per la presenza di nutrienti sprofondano verso il basso si parla di downwelling.

Altri enti Enti che, in Toscana, si occupano del monitoraggio delle plastiche in mare

All'attività svolta dal personale del Settore mare di ARPAT si affianca, nella nostra regione, il lavoro del Consorzio LaMMA, che, da alcuni anni, è parte della rete Plastic Busters. Il progetto Plastic Busters MPAs pone particolare attenzione alle aree protette del Mediterraneo come il Santuario Pelagos.

L’iniziativa, guidata dall’Università di Pisa, valuta le dimensioni del problema, studia le sorgenti e le cause dell’inquinamento da plastica, identifica le aree di accumulo e le interazioni con gli ecosistemi marini e, infine, offre soluzioni per la mitigazione e la riduzione dell’impatto determinato dall’inquinamento da plastiche nel Mar Mediterraneo.

Il Consorzio LaMMA realizza anche un bollettino, a servizio di chi svolge attività di campionamento in mare, in cui traccia le traiettorie di dispersione dei detriti marini di superficie, costituiti per lo più da rifiuti plastici.

Cosa si sta facendo per prevenire e ridurre il problema

Secondo l'UNEP – United Nation Environment Programme - Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite - l'inquinamento da plastica ha diverse origini:

  • le discariche illegali di rifiuti domestici e industriali e quelle legali mal gestite
  • lo scarso trattamento delle acque reflue e gli sversamenti di quest'ultime
  • le cattive abitudini da parte delle persone che utilizzano le spiagge a fini ricreativi o per pesca sportiva
  • l'attività industriale, in particolare le industrie con processi che coinvolgono materiali plastici
  • i trasporti
  • le attività legate alla pesca
  • i contenitori per i rifiuti non adeguatamente coperti e le strutture per il contenimento dei rifiuti non chiuse ermeticamente
  • i rifiuti abbandonati al suolo che gli agenti atmosferici (pioggia o neve o vento) trasportano nei corsi d'acqua.

Questa forma di inquinamento risulta in aumento in tutti gli ecosistemi, dalle sorgenti ai mari, bisogna, quindi, fronteggiare questa crisi agendo soprattutto sui centri urbani da cui gli studi stimano giunga una grande quantità di rifiuti plastici, anche micro e nanoplastiche derivanti dal lavaggio degli indumenti e da prodotti per l’igiene e cura personale, per la pulizia della casa e prodotti di bellezza.

A livello internazionale, è in discussione un trattato contro l’inquinamento da plastica che vedrà la luce, presumibilmente, a dicembre 2024. Nel frattempo, l'UNEP nel rapporto Turning off the Tap: How the world can end plastic pollution and create a circular economy, propone una serie di azioni per contrastare l’inquinamento da plastica, come

  • riduzione dell'uso superfluo
  • trasformazione del mercato prediligendo riutilizzo, riciclo, riorientamento
  • eliminazione dell'”eredità” dell'inquinamento da plastica.

Il rapporto conclude ricordando che queste soluzioni sono già disponibili e che una modifica del sistema, sostenuto da strumenti normativi ed economici, è in grado di produrre una serie di benefici come la riduzione dei danni alla salute umana e all'ambiente e il contrasto al cambiamento del clima.

Alcuni progressi sono stati già stati fatti e la sensibilizzazione su questo specifico problema è in aumento, dobbiamo continuare ad agire e non perdere la fiducia nella possibilità di essere soggetti attivi del cambiamento.

Per maggiori informazioni:

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