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Gestire l'acqua in un clima che cambia: facciamo i conti con l’acqua per un migliore utilizzo della risorsa idrica

14/10/2024 00:00

Un confronto proficuo sugli effetti del cambiamento climatico sulla risorsa idrica e sulle soluzioni da adottare che confermano l’importanza della conoscenza e della raccolta del dato.

A Firenze, il 27 settembre 2024, si è tenuto un interessante confronto sulla gestione della risorsa idrica “Fare i conti con l’acqua. Gestire l’acqua in un clima che cambia””, articolato in due tavole rotonde:

  • Facciamo i conti con l’acqua
  • Confronto tecnico sugli utilizzi della risorsa idrica

La prima tavola rotonda “Facciamo i conti con l’acqua”, moderata da Maria Adele De Francisci - Giornalista RAI, si è avviata con l’intervento di Filippo Cadamuro - coordinatore del servizio del rischio idraulico idrogeologico costiero e idrico della protezione civile – che ha sottolineato come negli ultimi anni la Protezione Civile ha dovuto fronteggiare emergenze quali alluvioni, inondazioni e la carenza idrica dell’acqua, aspetti strettamente collegati tra di loro ed esacerbati dai cambiamenti climatici determinati dall’azione antropica. L’eccessivo consumo di suolo, infatti, e la scarsa attenzione alla corretta gestione della risorsa idrica hanno determinato questo scenario che la cultura della prevenzione e della mitigazione del rischio e il coinvolgimento della popolazione può mitigare e migliorare.

La sfida oggi è quella di non consumare altro suolo e ridurre e, quando possibile eliminare, attraverso il supporto di tutta la comunità scientifica, gli interventi già effettuati non rispettosi degli ecosistemi e dell’ambiente (pavimentazione e impermeabilizzazione dei suoli per es. che non permettono più il recupero dell’acqua nel sottosuolo) e progettare nuove opere, come per es. invasi, capaci di trattenere la risorsa.

d’aprileLaura D'Aprile, capo del Dipartimento dello Sviluppo Sostenibile del Ministero per l'Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha delineato il quadro della risorsa idrica disponibile e del riuso delle acque in Italia: quanta acqua c’è e quanta ne serve, soprattutto per l’uso potabile, in che modo possiamo colmare il gap che stiamo riscontrando in alcune parti del paese e quanta ne stiamo recuperando.

Attraverso le Autorità di Distretto, che assolvono gli obblighi normativi di pianificazione, abbiamo una visione a scala territoriale e tecnica di quella che è la disponibilità della risorsa, ma mentre per alcuni usi abbiamo certezza e abbiamo dati abbastanza precisi, per altri, purtroppo, ad oggi, non sappiamo in modo puntuale quanta acqua viene consumata, in particolare per gli usi più intensivi che sono quegli agricoli.

Sul tema del riuso delle acque, siamo in grado di garantire, grazie al Regolamento Europeo, un quadro normativo certo a livello nazionale. Ad oggi, il riutilizzo dell’acqua è molto sviluppato solo in alcune aree del paese. ILPNRR ha stanziato 600 milioni di euro nel campo della depurazione per il superamento della frammentazione della gestione che è ancora presente in alcune aree.

Con Giuseppe Bortone, Direttore generale di ARPA Emilia-Romagna, si è tornati ad affrontare il tema degli eventi alluvionali che proprio recentemente hanno colpito di nuovo, dopo il 2023, l’Emilia-Romagna per capire anche qual è stato il ruolo dell'Agenzia regionale Arpa Emilia-Romagna nella gestione della recente emergenza.

Le scelte antropiche esacerbano gli effetti del cambiamento climatico e determinano l’aumento di temperatura che ha un effetto sul ciclo dell’acqua. Un altro dato scientificamente provato è l'aumento di frequenza degli eventi estremi, come quelli che si sono susseguiti nel 2023 e nel 2024 in Emilia-Romagna che hanno visto impegnata ARPAE nel ruolo di centro funzionale per il dipartimento della protezione civile insieme alla protezione civile regionale, a cui spetta il compito della previsione dell'emissione dei bollettini di allerta. Bortone ha ringraziato chi ha operato nelle previsioni, diramando in modo cautelativo, l’allerta rossa. Questo è un esempio di come sia possibile mettere insieme strumenti scientifici con la capacità di comunicare e di interagire con gli enti locali, in particolare i sindaci.

Secondo Barbero, Direttore generale di Arpa Piemonte, punta l’attenzione sulla distribuzione della pluviometria che è cambiata in maniera drastica, amplificando i problemi legati alla gestione dell’acqua. A novembre saranno 30 anni dall'alluvione che ha colpito il Piemonte nel 1994 e che ha rappresentato una svolta nella gestione di questi eventi alluvionali. I danni ma soprattutto le perdite di vite umane hanno portato alla consapevolezza dell’importanza degli investimenti.

Con la Protezione Civile si è creato un sistema considerato in altre nazioni come un modello da utilizzare e che vede alcune Agenzie operare nei centri funzionali. Questo sistema si basa su una valutazione di previsione comune a tutti i soggetti chiamati ad intervenire ma anche ai cittadini perché i codici delle allerte fanno parte oramai della conoscenza comune. Al momento, non siamo ancora riusciti ad affrontare, in maniera soddisfacente, il trasferimento della conoscenza tecnologica e previsionale sul cittadino, soprattutto per gli eventi meno prevedibili, quelli rapidi temporalmente, sui quali non siamo in grado di capire con certezza dove si verificheranno. Per questo, è importante continuare ad investire sulle esercitazioni nel territorio.

Sull’altro versante, quello della carenza dell’acqua, a partire dal 2003 e poi 2007, gli ultimi eventi siccitosi estivi hanno evidenziato un gap crescente tra domanda e disponibilità di acqua, con conseguenti conflitti che hanno determinato la necessità di identificare una governance, come gli osservatori sugli usi nelle regioni del Nord, strutture che non dovrebbero essere solo espressione della volontarietà ma capaci di prendere decisioni nell'interesse comune. Quando parliamo di scarsità d'acqua parliamo anche di qualità, infatti, il cambiamento climatico sta intaccando la qualità dei nostri corpi idrici, per cui dobbiamo fare attenzione alle fonti di pressione, esempio gli scarichi, e tenere conto che il nuovo regime idrologico porterà ad esasperare il problema della qualità.

L’ultimo relatore della tavola rotonda è Pietro Rubellini, Direttore generale di ARPA Toscana, che harubellini
prospettato alcune buone pratiche che si potrebbero attuare per la salvaguardia della risorsa idrica grazie alle innovazioni tecnologiche e alle conoscenze scientifiche.

Il cambiamento dei regimi pluviometrici con l'estremizzazione delle precipitazioni (a volte in una singola precipitazione piove la metà di quello che piove/o pioveva in un anno) ha cambiato completamente i regimi di ricarica delle falde sotterranee che ricevono meno acqua perché la maggior parte delle piogge se ne va per ruscellamento superficiale. Il sistema di pompaggio acquedottistico industriale piuttosto che agricolo o per consumo umano, da sempre compatibile con la falda, non lo è più ed in certe situazioni va in sovrasfruttamento pompando dagli strati più profondi dove si erano stratificati inquinamenti fossili o magari richiamando il cuneo salino cioè l'acqua salmastra dal mare e cambiando completamente le caratteristiche chimiche delle acque attinte.

L’estremizzazione del regime delle piogge con il ruscellamento rapido e massiccio porta anche ad "effetti pistone" sui corsi d'acqua superficiali dove si concentrano nella stagione di secca gli inquinanti, che, alla prima pioggia intensa, finiscono in mare, impattando sulla qualità delle acque di balneazione.

bussettiniLa II tavola rotonda, coordinata e moderata da Martina Bussettini di ISPRA, si è concentrata sugli utilizzi dell’acqua, sottolineando come il calo della risorsa idrica determini un acuirsi del conflitto sugli utilizzi.

Donato Ramunno, Direttore generale di ARPA Basilicata, ritiene che l’acqua dovrebbe essere al centro delle politiche sia nazionali che locali coinvolgendo tutti gli enti che se ne occupano. Per proteggere la risorsa idrica, bisogna fare i conti con la gestione del territorio, la pianificazione e l’uso del suolo. La governance dell’acqua, inoltre, oggi non può prescindere dal cambiamento climatico, che è condizionato dalle attività antropiche, per questo, siamo chiamati a modificare il nostro stile di vita.

Una buona pratica sta nell’organizzare gli stati generali nei territori in modo che sistematicamente i soggetti che si occupano di acqua possano incontrarsi e confrontarsi per trovare le migliori soluzioni.

Donatella Spano, membro del Consiglio Strategico e Consiglio di Amministrazione CMCC, conferma la necessità di lavorare tutti insieme: soggetti istituzionali ed enti di ricerca, affinché le decisioni adottate siano scientificamente basate.

Due strumenti possono facilitare l’applicazione di soluzioni di adattamento: pianificazione integrata della gestione idrica e digitalizzazione del sistema idrico. Le azioni di adattamento non possono riguardare solo le situazioni estreme ma devono tenere conto degli aspetti socioeconomici che impattano sulla popolazione, infatti, l’acqua è essenziale per garantire la sicurezza alimentare, gli ecosistemi e la produzione di energia. L’adattamento va disegnato con azioni locali che tengano conto di criteri e principi comuni a tutto il territorio nazionale ma anche ai paesi del bacino del Mediterraneo, con cui dobbiamo cooperare.

Abbiamo necessità di molti dati e di modelli di previsione e proiezione climatica, siccome l’adattamento è locale, riuscire ad avere un dettaglio di previsione e proiezione molto raffinato è di primaria importanza. Fondamentale, quindi, l’attività svolta da Ispra e dalle Agenzie che raccolgono informazioni ambientali in modo capillare sul territorio.

Giuseppe Argirò, Vicepresidente Elettricità Futura, ha ricordato come la crisi idrica del 2022, che ha colpito il nord-ovest, sia stata meno impattante grazie alle sei dighe presenti in Val d’Aosta che hanno garantito, nella fase acuta, di rilasciare acqua alla pianura. Nel 2024, invece, lo stoccaggio d’acqua, immagazzinato in Val d’Aosta, ha raggiunto il record storico degli ultimi 20 anni. Mancanza di acqua ed abbondanza, tutto nel giro di solo 18 mesi.

Bisogna lavorare sulle infrastrutture, e l’industria deve essere protagonista nel realizzare strutture di stoccaggio e reti di interconnessione per trasferire l’acqua nei territori. Le infrastrutture sono le vere risposte ma è necessario un senso di urgenza e di grande responsabilità perché bisogna fare scelte importanti e determinanti per il futuro.

zappalortiFabio Zappalorti, Direttore ANBI Toscana, fa presente alcuni aspetti caratterizzanti la Toscana, dove, nel 2012, è stato introdotto il tributo di bonifica per la manutenzione degli argini, favorendo l’aumento della sicurezza idraulica, la qualità dei corsi d’acqua e la tutela della biodiversità presente lungo i fiumi. La Toscana ha un ridotto numero di impianti di irrigazione perché, in passato, pioveva in modo diverso e le colture tipiche: la vite e l’olivo non necessitavano di irrigazione. Oggi, invece, con il cambiamento climatico avremmo bisogno di questi impianti ma i contributi europei escludono l’aumento della superficie irrigata o irrigabile mentre possiamo avvalerci dei fondi del PNRR per rimettere in sesto le reti irrigue esistenti.

Le azioni di adattamento devono andare nella direzione di aumentare la risorsa idrica a disposizione e consumarne meno. Per aumentare la risorsa è necessario progettare laghetti di piccole e medie dimensioni dove stoccare le acque e soprattutto vanno recuperati i laghetti esistenti, oltre a formare l’agricoltore.

Filippo Brandolini, Presidente Utilitalia, dichiara che, nella gestione dell’acqua, solo il settore industriale può perseguire l’efficacia e l’efficienza ed avere alti standard qualitativi oltre che investimenti maggiori, soprattutto per evitare le perdite di rete presenti in diverse parti del territorio nazionale.

Abbiamo bisogno di fare investimenti ma non basta la tariffa pagata dai fruitori, sono necessari finanziamenti pubblici ed un approccio alla gestione dell’acqua non settoriale (agricoltura, industria etc), visto che questo bene sta diminuendo; senza acqua non c’è agricoltura e industria ma neppure produzione dell’energia o smaltimento di rifiuti negli inceneritori. Infine, è necessario rafforzare tutti gli enti che si occupano, a livello nazionale e locale, della risorsa idrica, puntando sul riuso sia in agricoltura che in industria.

Il Direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti, si sofferma su tre fattori necessari per l’adattamento: 1) creare un sistema di allerta per salvare vite umane; 2) capire come le infrastrutture esistenti reagiscono alla crisi climatica in atto per definire quali investimenti fare; 3) dialogare con la natura per attuare interventi basati sulla rinaturalizzazione. A cui si aggiunge la necessità di una banca dati della conoscenza sulla risorsa idrica, una governance con capacità di intervenire in modo tempestivo ed una strategia ed un piano di adattamento. Infine, i cittadini devono essere resi parteci con percorsi d’informazione e di coinvolgimento.

conclusioniLe conclusioni sono affidate a Maria Siclari, Direttore Generale di Ispra, e Anna Lutman, Vicepresidente di SNPA e Direttore Generale di ARPA Friuli Venezia Giulia. La prima ha mostrato di essere soddisfatta per il confronto proficuo sugli effetti del cambiamento climatico sulla risorsa idrica e sulle soluzioni da adottare che confermano l’importanza della conoscenza, della raccolta del dato che deve essere continuo nel tempo e nello spazio. Dato utile anche all’economica e alle imprese che sono chiamate a rendicontare la loro sostenibilità. A tale proposito, Ispra, per aiutare il mondo imprenditoriale, ha elaborato delle linee guida sulla finanza sostenibile dove esamina e fornisce informazioni anche sull’impatto sulla risorsa idrica e sulla gestione sostenibile della stessa.

Anna Lutman sottolinea che le Agenzie e Ispra sinora hanno monitorato la qualità della risorsa idrica mentre adesso gli sforzi devono andare anche nella direzione della quantità. Questi numeri servono anche per la finanza sostenibile. L’ambiente sta dentro l’economia che ha bisogno di dati standard. Su questa partita dobbiamo lavorare come sistema ambientale e come sistema Italia.

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