Annuario dati ambientali 2024: tavola rotonda tra associazionismo ambientale e Isde
Amici della Terra, Fridays for future, Legambiente Toscana, WWF Toscana e Isde-Medici per l'ambiente si confrontano nella tavola rotonda organizzata per commentare il contenuto dell'Annuario dei dati ambientali della Toscana nel 2024
La giornata di presentazione dell'Annuario dei dati ambientali della Toscana 2024 si è articolata in due momenti, il primo di presentazione delle informazioni ambientali ed il secondo caratterizzato da una tavola rotonda, dove si sono confrontati soggetti diversi, dalle associazioni ambientaliste, al mondo del lavoro, rappresentato dal mondo dell’industria e dell’agricoltura, fino al sindacato e ISDE - Medici per l’ambiente.
Tutti insieme hanno affrontato uno dei temi più “delicati” di questo momento: l’acqua. Infatti, il cambiamento climatico incide sulla quantità e qualità delle acque.
In questa notizia riportiamo quanto emerso nel confronto tra associazioni ambientaliste e ISDE- Medici per l'ambiente.
Il Direttore generale, Pietro Rubellini, ha moderato la tavola rotonda, proponendo alcune domande; nella prima ha chiesto agli interlocutori di affrontare il tema del riuso e delle buone pratiche nella gestione delle acque in Toscana.
Secondo Gatteschi - Amici della Terra, il riuso e riutilizzo dell'acqua sono fondamentali, come un utilizzo ridotto sia in agricoltura che nell’industria, poi bisogna aumentare la disponibilità di acqua anche attraverso impianti di dissalazione. In questo contesto, sinergia è la parola d’ordine.
Non possiamo stare in una situazione di emergenza continua ma abbiamo bisogno di un numero maggiore di infrastrutture strategiche (come invasi, depuratori e altre grandi opere). L’auspicio è che le istituzioni toscane (Lamma, Accademia dei Georgofili, Cnr, Università ed altri ) si confrontino per definire le priorità. In base a queste, poi, verranno programmati gli interventi strutturali da realizzare in tempi brevi.
I dati, presentati, mostrano un peggioramento delle qualità delle acque perché, se non piove, gli inquinanti si concentrano nella poca acqua presente nei corsi d’acqua ma lo stesso si può dire quando piove troppo, in quanto le forti piogge trascinano fango ma anche sporco che si accumula.
Scoccianti - WWF Toscana - ritienche che il ciclo dell’acqua sia molto complesso e un'efficace gestione di questa comprende l’uso della tecnologia, che è solo una parte della risposta ai problemi odierni. Bisogna ri-usare e raccogliere l’acqua a seguito di eventi meteo intensi, queste, però, non sono le uniche soluzioni su cui fare affidamento. Vanno presi in considerazione tutti i fattori anche la riduzione dei consumi.
Dobbiamo, inoltre, utilizzare la tecnologia ma anche le soluzioni basate sulla natura che tendono a implementare la resilienza caratteristica dell’ambiente. Un esempio in questa direzione è rappresentato dalla buona gestione delle foreste, che hanno un ruolo centrale nel ciclo dell’acqua. Se vogliamo ottenere dei benefici ambientali, dobbiamo cessare di sfruttare il patrimonio forestale.
Le casse di espansione sono fondamentali in caso di eccessiva presenza di acqua ma dobbiamo porci il problema dell’eccessiva cementificazione dei corsi dei fiumi. Le zone umide possono diventare anch’esse casse di espansione, con vantaggi ambientali come la ricarica lenta delle falde e l’assorbimento dell’anidride carbonica.
Romizi - Isde-Medici per l'ambiente- apre il suo intervento, parlando di PFAS; a livello europeo, si sta discutendo della messa al bando di queste sostanze, al momento esistono alcune alternative, certamente più costose, ma in grado di garantire maggiore tutela della salute umana. In quest’ambito, l’Europa dovrà mostrarsi coraggiosa come lo è stata con la recente direttiva sulla qualità dell’aria. Quest’ultima impone limiti più restrittivi che tengono conto delle linee guida elaborate dall’ organizzazione mondiale della sanità (OMS).
Altro problema importante è l’antibiotico resistenza, che la stessa organizzazione mondiale della sanità ha definito come la nuova devastante pandemia, entro il 2030, questa provocherà numerosi morti nel mondo. Sarebbe interessante che ARPAT si attivasse per monitorare la presenza di metaboliti di alcuni farmaci nelle acque, in particolare quelli legati agli antibiotici di cui sia gli umani che gli animali fanno largo uso. Non si scoprono nuovi antibiotici ma si perde, ogni anno, l’efficacia di almeno tre antibiotici che risultano non più attivi sul corpo umano che è diventato resistente.
Venendo al problema specifico del riuso delle acque in Toscana, Romizi, sottolinea come la nostra regione sia caratterizzata da esempi avanzati dove si riutilizza l’acqua e ci si avvale di tecnologia innovativa (come esempio l'osmosi inversa) ma questo non basta perché dobbiamo volgere lo sguardo alle realtà, anche europee, che mostrano di essere estremamente all’avanguardia.
Dobbiamo partire da una concezione che vede ambiente e salute come un’unica cosa e non arretrare rispetto a quanto definito nel green deal europeo. I territori devono farsi garanti e sostenere le politiche finora delineate dall’Europa anche con azioni sinergiche che vedono mondi diversi dialogare.
Friday for future non è presente ma ha voluto, comunque, inviare il proprio pensiero, per iscritto, che riportiamo di seguito.
"Oltre a ridurre al minimo l’utilizzo dell’ acqua e ri-usarla dopo un adeguato trattamento, è ancora più importante che le industrie si prendano carico e responsabilità legislativa e etica della depurazione delle acque che utilizzano e poi immettono nei corsi d’acqua. Sottolineo in questo senso le cattive pratiche della toscana: La Solvay di Rosignano che oltre ai residui di calcare, nel corso della sua attività, ha scaricato in mare anche metalli pesanti quali arsenico, cromo, mercurio e altri inquinanti. In una dichiarazione, per l'anno 2017, presentata all'European Pollutant Release and Transfer Register (il registro europeo delle emissioni inquinanti da attività industriale), l'azienda confermava l'emissione di 59 kg/anno di mercurio, con quantità di cromo e arsenico tra le 3 e le 4 tonnellate annue. Nonostante gli sforzi nella riduzione dei processi produttivi più inquinanti e le spiagge limitrofe considerate balneabili, i metalli pesanti, che contaminano le acque superficiale e le falde della zona, sono questione rilevante per la salute pubblica e degli ecosistemi che non ha altra responsabilità se non quella dell'azienda sopra citata. I suoi sversamenti sono diventati una realtà comunemente accettata per la imponente presenza sul territorio e il ruolo sociale avuto dallo stabilimento nel passato. Similmente possiamo citare il distretto del tessile a Prato per l’inquinamento da Pfas, oppure le industrie delle cave di marmo a Carrara che riversano nei corsi d’acqua la marmettola derivante dalla lavorazione (oltre che distruggere ecosistemi interi trasformando montagne in pianure). Considerato il dovere delle aziende di raccogliere, smaltire o depurare le acque di scarto della lavorazione, si può anche parlare di riuso dell’acqua all’interno delle aziende".
Ferruzza - Legambiente Toscana - afferma che il tema del riuso ha molteplici sfaccettature, va, quindi, affrontato nella sua complessità e a partire dalle realtà territoriali. Non possiamo permetterci di perdere neppure una goccia d’acqua, la circolarità nella gestione della risorsa idrica è un tema centrale per i territori che devono trasformarsi in spugne, ogni territorio con le sue specificità: la montagna, il fondovalle, la città. Tutti devono adottare le migliori soluzioni per la gestione dell’acqua, tenendo conto che il territorio risponde in modo diverso a seconda del grado di impermeabilizzazione del suolo. Questo comporta alcune riflessioni, e ripensamenti, in merito alla cementificazione e asfaltatura, fonti di problemi anche ambientali.
La siccità rappresenta, invece, l’altra faccia della medaglia. In questo caso, la risposta sta nella creazione di invasi in grado di contenere l’acqua e in modo da disporne in periodi siccitosi. Queste infrastrutture vanno però costruite in tempi brevi ma ancora oggi è difficile pensare che opere pubbliche di questo tipo possano essere realizzate velocemente. Nell’attesa possiamo riattivare tanti piccoli laghetti costruiti in passato e utilizzati a fini irrigui in agricoltura, anche in casi di emergenza.
Il Direttore generale propone, poi, la seconda domanda, chiedendo se i paesi occidentali, che sanno come adattarsi alle crisi climatiche, in particolare la siccità, possano esportare nei paesi del sud del mondo queste conoscenze anche per limitare i flussi immigratori.
Il primo a prendere la parola è Romizi, - Isde Medici per l'ambiente - affermando che, in questo momento, noi occidentali, in particolare italiani, non siamo in grado di trasferire buone pratiche ai paesi del sud ma dobbiamo concentrarci sui nostri territori ed in particolare trasformare l’agricoltura conservativa in agricoltura sostenibile, abbandonando quella di tipo intensivo. Il nostro primo obiettivo è adottare politiche efficaci, in questa parte di mondo, puntando alla sostenibilità.
Il secondo a rispondere è Scoccianti - WWF Toscana - che sostiene la necessità di lavorare nella nostra realtà ed al tempo stesso essere utili agli altri in quanto il mondo è uno solo e dobbiamo risolvere i problemi tutti insieme. Possiamo portare come esempio la necessità di abbandonare una dieta basata sulle proteine animali. Per fare questo, dobbiamo sostenere l’agricoltura ma anche sensibilizzare la cittadinanza ad adottare una dieta plant based che richiede un minore consumo di acqua e di suolo. Per fare questo, bisogna essere molto coraggiosi e prendere spunto da altri paesi, come la Danimarca, dove i governi si stanno muovendo in questa direzione, cercando di cambiare i paradigmi della società.
Dal punto di vista di Ferruzza - Legambiente Toscana - dobbiamo prendere atto che non è possibile fare agricoltura, e neppure vivere, a 52°, quindi si deve riconoscere il diritto alla fuga. Le persone che decidono di lasciare i loro paesi per motivi climatici sono alla ricerca di una vita normale che non possono avere nei loro paesi d’origine.
Questo ci riporta ad un assioma fondamentale: l’ecologia devi andare al passo con la giustizia climatica, tema alquanto contemporaneo.
Chiude il giro di interventi Gatteschi - Amici della terra - sottolineando che attualmente il nostro paese non ha molto da insegnare su temi dell’ agricoltura ed inoltre il sud del mondo è costituito da paesi molto diversi l’uno dall’altro, quindi, la realtà si presenta alquanto complessa.
La giustizia sociale, invece, deve essere un punto di riferimento fermo anche nel nostro paese dove ci sono situazioni di caporalato. Questo ci fa capire che non siamo esattamente un “primo mondo”. A questi fenomeni preoccupanti, però, si affiancano esperienze positive, che vedono gli immigrati lavorare in agricoltura nel rispetto delle tutele previste dalla normativa in materia di lavoro.