Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque: la biodiversità
Come i cambiamenti climatici stanno incidendo sulla biodiversità delle specie che vivono in habitat acquatici
L’intervento di Letizia Marsili dell’Università degli Studi di Siena, al seminario “Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque sotterranee e superficiali”, si è incentrato sull’analisi delle specie aliene nelle acque dolci con un focus sulla Toscana.
Letizia Marsili ha subito ricordato che le specie non native sono oggetto di osservazione dal 18° secolo. Nel 1958, Charles Elton, “padre” della biologia invasiva, definì le invasioni biologiche come “esplosioni ecologiche”. Queste sono trasportate dall’uomo, in modo volontario o accidentale, al di fuori della loro area di origine. La Convenzione sulla Biodiversità (CBD) del 1992 e il Regolamento EU 1143/2014 comprendono, tra le specie aliene, anche i semi, i propaguli (piante, funghi, batteri in grado di svilupparsi separatamente per dare vita ad un organismo identico da quello da cui deriva), le uova ma anche le razze e le varietà delle specie in grado di sopravvivere e riprodursi in un'area differente da quella di origine.
Al contrario, una specie presente nella sua area nativa è definita autoctona o indigena.
Marsili ha puntato l’attenzione sul ruolo dell'uomo nel movimento delle specie: diaspora dei coloni europei, rapido sviluppo economico e crescente commercio globale e sugli impatti ecologici, economici e sulla salute che queste sono in grado di produrre.
A livello globale, su 1517 specie aliene invasive registrate, il 39% è stato introdotto intenzionalmente, il 26% involontariamente, il 22% sia intenzionalmente che involontariamente, mentre del 13% non si hanno informazioni disponibili.
La biodiversità viene messa a dura prova dalle specie aliene, che sono la causa del 25% delle estinzioni vegetali e del 33% delle estinzioni animali. Le specie native sono coinvolte in meno del 5% e del 3% delle estinzioni vegetali e animali. L’introduzione e diffusione di specie aliene o esotiche invasive comportano impatti anche sui servizi ecosistemici: l'approvvigionamento di acqua e aria, legname, impollinazione ecc. Inoltre, le specie aliene sono responsabili della perdita della diversità filogenetica, che riguarda quanto le specie sono vicine o distanti da un punto di vista evolutivo; l'11% delle specie native sono minacciate da quelle invasive proprio su questo aspetto.
L'impatto economico dovuto alle specie invasive aliene è incredibile; i costi sono ingenti, stimati a livello globale in 26,8 miliardi di dollari annui, sia per gli impatti diretti che per la gestione delle specie invasive. In Italia, il costo economico è stimato in più di 700 milioni di euro, spesi nel periodo tra il 1990 e il 2020.
Gli impatti prodotti dalle specie aliene possono coinvolgere anche la salute umana; infatti, le malattie emergenti nell'uomo possono essere causate direttamente da agenti patogeni invasivi, da agenti patogeni trasportati da vettori o da organismi serbatoio che possono essere anche ospiti intermedi o facilitati da specie invasive non direttamente coinvolte nel ciclo di vita o nel trasporto dell'agente patogeno, ma possono creare condizioni di habitat favorevole per la proliferazione locale. Per fortuna, non tutte le specie aliene creano danni nei territori in cui si insediano.
Le specie aliene invasive sono arrivate, nel nostro paese, tra il 1970 e il 2014; delle 3000 specie aliene registrate negli ultimi trent'anni, il 15% sono considerate invasive. Quelle maggiormente conosciute sono: la nutria, la zanzara tigre, il gambero della Louisiana, il giacinto di acqua.
Per fronteggiare questa situazione, a livello europeo, è stato adottato il Regolamento 1143 del 2014, che detta disposizioni per prevenire e gestire l'introduzione e la diffusione di specie esotiche invasive. Il regolamento è in vigore dal 1° gennaio 2015.
A livello nazionale, con il Decreto legislativo 230 del 2017, è stato affidato alle Regioni e alle Province autonome il compito di effettuare, per tutte le specie di interesse dell'Unione europea, il monitoraggio, il rilevamento precoce, l'eradicazione rapida e il controllo e, qualora necessario, il ripristino degli ecosistemi danneggiati.
Per quanto riguarda le specie aliene nelle acque dolci, bisogna premettere che quest’ultime rappresentano una parte minima delle acque del mondo, lo 0,01% ma sono ricche di biodiversità, il 10% di tutte le specie descritte e il 30% dei vertebrati. Per questo, devono essere oggetto di particolare attenzione visto che le specie aliene invasive mettono a forte rischio quelle autoctone, come nel caso dei vertebrati di acqua dolce particolarmente minacciati, secondo la red list della IUCN- 2022. In generale, 83% delle popolazioni animali di acqua dolce ha mostrato una marcata tendenza alla diminuzione di abbondanza tra il 1970 e il 2018.
Il cambiamento climatico e il commercio globale, soprattutto legato agli acquisti elettronici su Web, sono la causa della perdita di biodiversità, anche nelle acque dolci.
I cambiamenti climatici possono avere effetti sulla perdita di biodiversità nelle acque dolci sia in modo diretto che indiretto. Nel primo caso, incidono sui cambiamenti del ciclo idrologico e sull'aumento di temperatura dell'acqua, nel secondo caso, invece, riguardano l'aumento del prelievo delle acque per l’agricoltura o altri usi umani, l'aumento della frammentazione dei fiumi per la costruzione di dighe, il peggioramento qualitativo delle acque o l'invasione, appunto, di specie aliene.
Le mutazioni nel clima e le specie aliene lavorano anche in modo sinergico, incidendo sulla biodiversità delle specie di acqua dolce, tanto che, in questo habitat, le specie aliene hanno occupato il 50% della superficie totale; si tratta di molte d’ interesse europeo: 36 specie di piante e 30 specie di animali.
Le specie ittiche di acqua dolce, che rappresentano il 51% della diversità ittica conosciuta a livello mondiale, sono particolarmente minacciate. La fauna ittica italiana, d’acqua dolce, è composta da 48 specie autoctone e 41 specie introdotte. 15 specie introdotte, tra quelle segnalate, non sono ancora considerate naturalizzate. Su 44 bacini indagati, 10 hanno un numero di specie introdotte pari o superiore al numero di specie native.
Marsili ha illustrato la situazione in Toscana, dove vi sono molte specie aliene nelle acque interne ed anche transfaunate ovvero sono specie nazionali ma appartengono ad un altro distretto ittiogeografico. Nel complesso si tratta di 25 specie aliene e 10 transfaunate.
Alcuni esempi di specie aliene invasive presenti nella nostra regione sono:
- la Pseudorasbora parva, un ciprinide originario dell’Asia centrale, che rappresenta un competitore dell’alborella. Presente in Toscana dal 1994, soprattutto nel territorio senese e grossetano. Questo pesce è la causa del declino di numerose specie di pesci, a livello europeo, per un patogeno a questo associato
- il siluro è un pesce presente dagli anni ’90 nel fiume Arno, grande predatore di specie endemiche senza competitori naturali
- la noce di mare, specie marina ritrovata nell’Ombrone
- le vongole asiatiche e chiocciole asiatiche presenti nel Bisenzio, nel territorio pratese e pistoiese, specie che, negli anni passati, sono state anche oggetto di un commercio illegale.
C’è, poi, il caso del fiume Elsa, non tra i più importanti a livello toscano, ma che rappresenta un hot-spot per il suo stato ecologico differente nei vari tratti analizzati, dove si trovano tantissime specie ittiche e vegetali introdotte ed anche acquariofile nelle zone con acque termali, (le caldane) trasformatesi in aree tropicali, presenti anche a Rimigliano, dove esistono due fosse calde con specie di acquario.
Per quanto riguarda il ritrovamento di specie aliene in Toscana: 19 casi sono legati ad attività di ripopolamento finalizzate al miglioramento delle attività alieutiche in genere, 5 casi di acquariofilia e solo un caso di controllo biologico: la Gambusia, introdotta negli anni ’50 per il controllo della zanzara causa della malaria.
Letizia Marsili ha concluso ricordando il granchio blu, che non abbandona le proprie attività biologiche, fisiologiche e metaboliche al di sotto dei 15 gradi di temperatura. Purtroppo, ormai le acque, per effetto del cambiamento climatico, si sono riscaldate; quindi, questo granchio mangia e si riproduce in continuazione senza avere antagonisti, se non l’uomo. Il polpo potrebbe essere un importante predatore ma ancora non ha imparato a riconoscere il granchio blu come una sua preda.
Il seminario ha avuto termine con l’intervento di Ella Guscelli, che ha illustrato il lavoro, frutto del suo dottorato di ricerca sul gamberetto nordico, finanziato dall’Università del Quebec a Rimouski in Canada.
Questo gamberetto vive nelle acque fredde, predilige temperature tra 0° e 5°, si trova nelle acque fredde dell’Oceano atlantico, in particolare, nella parte est del Canada. Ha un’importanza ecologica, trovandosi alla base del regime alimentare di altre specie, tra cui diversi pesci e ricopre anche un valore socio-economico, visto che, da più di 50 anni, risulta fonte di sostentamento economico per le comunità locali.
Ella Guscelli ha evidenziato come i monitoraggi (abbondanza, sesso, taglia e distribuzione) abbiamo mostrato una crescita di questa specie fino al 2005, poi è iniziato un declino, tuttora in corso, dovuto anche al cambiamento climatico, che ha modificato le condizioni fisico-chimiche dell’habitat in cui vivono i gamberetti impattato dall’aumento delle temperature delle acque, dall’acidificazione delle acque profonde e dall’ipossia (perdita di disponibilità di ossigeno).
Guscelli, poi, ha riportato, in sintesi, quanto emerso in laboratorio. Questa specie di gamberetto risulta piuttosto tollerante ai singoli effetti del cambiamento climatico, meno a quelli combinati. I tre fattori: aumento delle temperature delle acque, acidificazione delle acque profonde ed ipossia, determinano, insieme, una riduzione della sopravvivenza di questa specie. Infatti, solo il 40% riesce a sopravvivere a queste condizioni, che incidono sulla loro performance energetica, i gamberetti mangiano meno, si riproducono meno, crescono poco e mostrano difficoltà di adattamento. La taglia dei gamberetti è un elemento importante anche dal punto di vista economico, perché sono pagati in base alla taglia e al peso, una diminuzione di questi fattori determina impatti economici.
Ella Guscelli ha concluso, ricordando che, nel Quebec, sia il settore produttivo che quello governativo stanno cercando soluzioni per affrontare la riduzione di abbondanza del gamberetto nordico che potrebbe rendere la sua pesca non vantaggiosa economicamente. Il dibattito è aperto e coinvolge, in riunioni periodiche, tutte le parti interessate che dibattono, in base anche ai dati scientifici emersi, sulle quote di pesca e sulla potenziale adattabilità del settore ittico ai cambiamenti climatici, puntando, per il futuro, ad una pesca qualitativa più che quantitativa.
- "Specie aliene nelle acque dolci della Toscana" Letizia Marsili - Università degli Studi di Siena (presentazione e video)
- "Impatti del cambiamento climatico sul comparto della pesca al gamberetto in Quebec" Ella Guscelli - Università del Quebec a Rimouski (presentazione e video)