Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque sotterranee
Esiti del seminario “Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque sotterranee e superficiali” tenutosi a Firenze, promosso da ARPAT, LaMMA e Regione Toscana
Le acque sotterranee rivestono un ruolo primario e strategico per l’approvvigionamento idrico, a livello mondiale. Guardando in particolare all’uso idropotabile, questa risorsa copre la maggior parte del fabbisogno, raggiungendo mediamente il 70% della popolazione, a livello europeo. Anche in Italia, così come sul territorio regionale, le risorse idriche ospitate dai sistemi acquiferi rappresentano la principale sorgente di approvvigionamento di acqua per il consumo umano. Questa importanza è destinata ad aumentare in futuro, sia per la crescita demografica che per gli effetti dei cambiamenti climatici.
Nonostante il ruolo chiave che le acque sotterranee ricoprono, manca ancora a livello collettivo la consapevolezza: le conoscenze ed i dati sui sistemi acquiferi e le risorse idriche in essi ospitate non sono infatti molti e sono necessariamente da implementare per avere quadri conoscitivi sempre di maggior dettaglio, che consentano di capitalizzare al meglio il valore di questa risorsa, sfruttandone la capacità di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.
Il Prof. Marco Doveri, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, nel corso del seminario “Gli impatti dei cambiamenti climatici sulle acque sotterranee e superficiali” tenutosi a Firenze, promosso da ARPAT, LaMMA e Regione Toscana, ha presentato alcuni esempi di sistemi acquiferi per i quali le buone conoscenze acquisite - adottando approcci di studio multidisciplinari – hanno permesso di mettere in luce situazioni di sensibilità della risorsa idrica sotterranea ai cambiamenti climatici, sia in termini di quantità che di qualità delle acque. In particolare, Doveri ha evidenziato come in diversi contesti geografico-geologici i cambiamenti climatici possono condizionare la disponibilità idrica effettiva nei sistemi acquiferi.
Il primo esempio è quello di un sistema acquifero multistrato di pianura, ovvero quello piemontese, dove attraverso il progetto NextData è stato studiato ed osservato un aumento nelle concentrazioni di alcuni composti chimici, parallelamente ad un aumento dei livelli quantitativi in falda. La piovosità relativamente elevata che si è avuta nel 2009, e che si è interposta tra due periodi relativamente secchi, ha determinato infatti aumenti sia dei livelli piezometrici che delle concentrazioni di nitrati e cloruri nelle acque sotterranee. Fenomeni estremi possono quindi portare all'accumulo di sostanze nutrienti e salinità nella zona insatura dell’acquifero e ad un loro successivo rilascio concentrato nelle acque sotterranee.
Analogo comportamento è stato osservato in Toscana, a Cecina (LI), dove la concentrazione di nitrati, che raggiunge un massimo di circa 300 mg/L negli orizzonti acquiferi superficiali per poi diminuire in modo piuttosto regolare con la profondità, è fortemente influenzata dalle precipitazioni.
I nuovi regimi pluviometrici favoriscono dunque i fenomeni appena descritti.
Un altro esempio riportato dal Prof. Doveri riguarda un sistema pedemontano, ovvero l’alta pianura del fiume Brenta. Gli acquiferi pedemontani hanno un ruolo strategico nella mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici ed è pertanto importante studiarli e conoscerli. In questa area è stata riscontrata una perdita di efficienza del carattere disperdente del fiume Brenta in un contesto di regimi climatici estremi. Emerge, cioè, il carattere prevalentemente drenante del fiume, che va quindi ad alimentare la portata del fiume stesso e non la falda.
Lo stesso comportamento è stato osservato nell’acquifero pedemontano-costiero della zona versiliese-apuana, dove sull’anno medio il 33% dei contributi all’acquifero deriva dal fiume Versilia, e nella falda pratese, alimentata in modo significativo dal fiume Bisenzio. Quest’ultimo, oltre che da un punto di vista quantitativo, influenza anche lo stato di qualità della falda acquifera, interessata da problemi di nitrati e organoalogenati.
Un altro esempio portato dal Prof. Doveri è il sistema insulare di Pianosa in Toscana che presenta un acquifero sensibile ai cambiamenti climatici. Le piccole isole costituiscono infatti ambienti sentinella per i cambiamenti climatici e per i loro effetti. A Pianosa non c’è un deflusso significativo: molta acqua torna in atmosfera, mentre solo il 10% finisce in falda. Di fronte ad eventi estremi di piovosità, il sistema insulare risponde con un’inefficace infiltrazione, ovvero con un decremento dei livelli piezometrici ed allo stesso tempo con un incremento della conducibilità elettrica (EC), quindi della salinità.
Per quanto riguarda gli effetti qualitativi dei cambiamenti climatici sulle acque sotterranee, ARPAT ha presentato, in occasione del seminario, tre casi studio.
Il primo, proposto da Stefano Menichetti e Luca Sbrilli, riguarda l’acquifero vulcanico del Monte Amiata, l’area più strategica della Toscana meridionale che soddisfa le esigenze idriche delle province di Siena, Grosseto e Viterbo. Il sistema idrogeologico del Monte Amiata è studiato da oltre un decennio da ARPAT che effettua un monitoraggio sulle acque profonde, superficiali e sulle sorgenti, in parallelo ad ENEL GP. I dati ricavati da questa attività permettono di fare un’analisi degli andamenti della falda nel tempo, sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, provvedendo al loro confronto con le precipitazioni.
I risultati del monitoraggio della falda confermano lo sfasamento di circa 1,5 anni tra piovosità e livelli della falda e portate delle sorgenti. Lo stesso sfasamento sembra emergere anche con i dati qualitativi, in particolare con le concentrazioni dell’arsenico. Negli ultimi 10 anni, infatti, si assiste alla variazione delle concentrazioni di arsenico come del boro presenti in falda che seguono, in maniera opposta, la variazione della falda.
Una disamina dei dati più significativi relativi ai cambiamenti climatici evidenzia una tendenza di diminuzione delle piogge nel Monte Amiata dal 1947 al 2022, mentre, per il periodo dell’ultimo decennio, si osserva una riduzione delle portate delle sorgenti e, contestualmente, nello stesso arco temporale, un incremento della temperatura.
Un altro caso è quello riguardante l’acquifero della Val di Chiana, presentato da Marcello Panarese e Stefano Menichetti. Il corpo idrico significativo della Chiana è sottoposto al monitoraggio ambientale di ARPAT da cui emerge uno stato chimico scarso e opposte tendenze per tre diversi parametri responsabili di tale stato: ferro e manganese in incremento ambientalmente significativo e nitrati in inversione. Per una stazione del corpo idrico è stata condotta un’ulteriore analisi per ferro, manganese e nitrati, ricercando una possibile relazione tra dato chimico e livello quantitativo. L’analisi ha messo in evidenza una ciclicità nelle piogge di 5-6 anni, espressa, in modo correlato, anche nei dati dei nitrati. La cross-correlazione tra piogge e livelli sembra indicare un tempo di risposta, oltre le oscillazioni immediate stagionali, di circa otto mesi. L’analisi ha inoltre indicato che, a partire dal 2012, si è verificata una forte variabilità del regime pluviometrico con conseguenze sui livelli piezometrici che calano, sulle sostanze derivate dalla matrice dell’acquifero che crescono e sulle sostanze lisciviate dalla ricarica che calano. Il quadro che emerge è quello di una ridotta ricarica degli acquiferi come conseguenza di precipitazioni sempre più concentrate.
L’ultimo caso presentato da Elena Calosi e Marcello Panarese di ARPAT riguarda l’acquifero carbonatico della Montagnola Senese, un importante serbatoio idrico della Toscana meridionale. Qui sono stati analizzati i dati di monitoraggio, che non presentano elementi di criticità nella qualità ambientale, per verificare la presenza di eventuali tendenze confrontabili con i cambiamenti del regime pluviometrico e piezometrico; è stato deciso di prendere in considerazione solfati e cloruri in quanto eventuali variazioni della loro concentrazione potrebbero essere correlati a variazioni di apporto idrico.
L’analisi ha mostrato che la pluviometria presenta ciclicità stagionale, più marcata dal 2016 e ca-ratterizzata da eventi piovosi concentrati, ma nel complesso non mostra tendenze decise di scostamento dalla media decennale. I livelli piezometrici mostrano un andamento prevalentemente decrescente; prima e dopo il 2016 si può ipotizzare una distribuzione diversa dei dati di conducibilità potenzialmente correlata con la variazione dell’andamento piezometrico e la distribuzione della piovosità.
Dal punto di vista qualitativo, si rileva che i pozzi ad emungimento continuo ad uso potabile mostrano una generale tendenza all’aumento dei cloruri e solfati e che il rapporto cloruri/solfati presenta un salto dopo il 2016.
- "Effetti reali e potenziali dei cambiamenti climatici sulle acque sotterranee" Marco Doveri - Università degli Studi di Pisa, Dip.to Scienze della Terra (presentazione e video)
- "Il monitoraggio dell’arsenico nelle vulcaniti amiatine" Luca Sbrilli e Stefano Menichetti - ARPAT (presentazione e video)
- "Dinamiche di infiltrazione di sostanze indesiderate nell’acquifero della Val di Chiana" Stefano Menichetti e Marcello Panarese - ARPAT (presentazione e video)
- "Acquifero della Montagnola Senese: analisi preliminare dei dati di monitoraggio per una gestione sostenibile della risorsa" Elena Calosi e Marcello Panarese - ARPAT (presentazione e video)