Valutazione e monitoraggio degli impatti ambientali dell'energia geotermica
Il contributo di ARPAT alla conferenza internazionale promossa dal Dipartimento di Scienza della Terra dell'Università di Pisa
Nell’ambito della conferenza GeothermiX, che si è recentemente svolta a Pisa, ARPAT ha partecipato con tre relazioni nella sessione dedicata a monitoraggio, modelizzazione e valutazione degli impatti ambientali dell’energia geotermica.
Gli interventi di Antongiulio Barbaro, Alessandro Bagnoli ed Ilaria Peroni hanno descritto le diverse attività che ARPAT svolge nel campo della geotermia. In primo luogo è stato ricordato come l’Agenzia sia impegnata nella valutazione e nel monitoraggio degli impatti ambientali dei nuovi impianti in corso di autorizzazione e dei 36 gruppi geotermici produttivi in esercizio in Toscana, nella zona delle Colline Metallifere e in quella del Monte Amiata, due aree che presentano specifiche anomalie geotermiche che ne rendono particolarmente conveniente lo sfruttamento energetico.
ARPAT ha quindi il compito di vigilare sul corretto funzionamento degli impianti e di monitorare l'ambiente al fine di tenere sotto controllo e contenere gli impatti ambientali, nel rispetto della normativa europea e nazionale e delle autorizzazioni rilasciate per la realizzazione e l’esercizio dei singoli impianti. In particolare, l’Agenzia esamina per questi impianti diversi aspetti ambientali: rumore, emissioni in atmosfera, impatti sul sistema acquifero superficiale e di falda, gestione dei residui potenzialmente contaminati da radioattività naturale. Tali attività di valutazione e monitoraggio sono svolte sia in fase di autorizzazione che durante l’esercizio degli impianti.
La Regione Toscana, al momento del rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di ciascun impianto, ha richiesto ad ENEL Green Power Italia Srl, che gestisce tutte le centrali ad oggi esistenti, l'installazione di centraline fisse per il monitoraggio delle concentrazioni in aria di acido solfidrico, e in alcuni casi anche di radon, che vanno a costituire una rete di 18 stazioni di monitoraggio situate in prossimità delle centrali geotermiche. I dati raccolti da questa rete vengono mensilmente trasmessi anche ad ARPAT che li verifica ed integra con proprie indagini, condotte mediante una stazione fissa di monitoraggio della qualità dell'aria a Montecerboli e, soprattutto, mediante due laboratori mobili.
L’attività di controllo quindi si sviluppa attraverso un monitoraggio in centrale, in particolare ai punti di emissione in torre e nei punti più significativi dell’impianto (es. collettore gas, uscita AMIS, etc.), e un monitoraggio diffuso sul territorio, in prossimità dei centri abitati individuati come più esposti.
Questa complessa attività di monitoraggio inizia già dagli anni 2000 e si è evoluta fino ad oggi. sulla base dello sviluppo tecnologico della strumentazione impiegata e delle esperienze maturate.
I dati raccolti negli ultimi 10 anni forniscono un quadro preciso della situazione e della sua evoluzione nel tempo, anche in riferimento ai limiti fissati dall'OMS per le concentrazioni di acido solfidrico, le cui emissioni in atmosfera costituiscono, oltre che uno degli impatti più rilevanti delle centrali geotermiche, anche un buon indicatore degli altri inquinanti correlabili con i gas geotermici.
Nel 2010 la Regione Toscana ha definito un quadro di regole coerenti per l'autorizzazione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica al fine di limitarne l'impatto sull'ambiente e, in particolare, sull'aria (Decreto della Giunta Regionale n. 344/2010), ovvero:
- applicazione delle migliori tecnologie disponibili
- definizione di valori limite di emissione per acido solfidrico, mercurio e biossido di zolfo, di valori obiettivo per acido solfidrico, mercurio, arsenico e ammoniaca e di valori target per acido solfidrico, mercurio, arsenico, ammoniaca, biossido di zolfo ed acido borico, da inserire nelle autorizzazioni
- requisiti minimi di funzionamento dell'impianto
- protocollo di gestione e manutenzione dell'impianto
Il Decreto n. 344/2010 ha inoltre chiesto ad ENEL di sviluppare un sistema di modelli con il quale stimare nelle aree circostanti gli impianti le concentrazioni in aria ambiente dei vari inquinanti emessi, secondo le indicazioni metodologiche espresse da ARPAT. Pertanto, tra il 2014 e il 2016, CESI spa, per conto di ENEL, ha realizzato due studi con tecniche di modellazione della dispersione degli inquinanti in atmosfera, grazie ai quali è stato possibile ampliare la conoscenza degli impatti anche ad aree ed inquinanti non monitorati da ARPAT e dalla rete ENEL (arsenico, mercurio). I risultati di questi approfondimenti, sia per l’area delle Colline Metallifere che per quella del Monte Amiata, sono stati successivamente valutati e verificati da ARPAT.
Questi studi hanno evidenziato i significativi miglioramenti apportati dalle nuove tecnologie (con particolare riferimento all’installazione del sistema di abbattimento di acido solfidrico e mercurio, AMIS) e dalle modalità di gestione introdotte in conformità alle normative della Regione Toscana. Hanno anche evidenziato contributi alla qualità dell'aria diversi da quelli dovuti alle centrali geotermiche e attribuibili in larga parte a manifestazioni naturali (sorgenti calde, fumarole e lagune). Queste emissioni contribuiscono al “valore di fondo” delle concentrazioni in aria ambiente e, in determinate situazioni meteorologiche (soprattutto condizioni di vento e stabilità atmosferica), possono causare aumenti locali della concentrazione.
Inoltre, sulla base di questo lavoro di approfondimento, l'Agenzia Regionale di Sanità della Toscana (ARS) ha potuto condurre alcune valutazioni epidemiologiche, con specifico riferimento alla zona del Monte Amiata, nell’ambito del Progetto InVetta. Gli esiti di questo importante lavoro di ARS non forniscono alcuna prova che l'esposizione cronica ai bassi livelli di acido solfidrico misurati nell’area amiatina sia associata all'ostruzione cronica delle vie aeree e a qualsiasi alterazione della funzione polmonare. Il consumo di acqua potabile e di verdure prodotte localmente costituisce la via più rilevante per l'esposizione umana, soprattutto per quanto riguarda l'arsenico. L'esposizione alle emissioni degli impianti geotermici non è stata associata ad un aumento dei livelli urinari di metalli, come arsenico e mercurio. Per approfondire gli esiti del progetto è possibile consultare il rapporto sul sito di ARS.
Nell'energia geotermica, l'uso di vapore con un contenuto d'acqua proveniente da pozzi profondi può produrre nell'impianto formazione di incrostazioni e di altri residui arricchiti in radionuclidi naturali provenienti da rocce della crosta terrestre. I solidi totali disciolti e i gas non condensabili nel fluido geotermico, infatti, possono potenzialmente essere una fonte di materiali radioattivi.
Per questo la produzione di energia geotermica è stata recentemente inclusa nella normativa europea e italiana tra i settori industriali che possono comportare un'esposizione per i lavoratori e/o per la popolazione non trascurabile dal punto di vista della radioprotezione.
Nell'ambito di un progetto di ricerca sostenuto dall'INAIL e con l'obiettivo di una piena applicazione della Direttiva Europea 2013/59/EURATOM e della normativa nazionale (D.Lgs. 101/2020), ARPAT ha sviluppato un protocollo con l'obiettivo di identificare le matrici e gli scenari di esposizione di interesse radiologico nell’energia geotermica. Questo protocollo è stato applicato agli impianti geotermici toscani sia durante la manutenzione che in fase di esercizio. Attraverso l’analisi di circa 100 campioni, l’Agenzia ha misurato la concentrazione di attività dei radionuclidi delle catene radioattive naturali dell’uranio-238 e del torio-232, insieme al potassio-40, radionuclide naturale di origine cosmogenica. Tutti i risultati hanno riportato livelli di attività inferiori alla soglia stabilita dalla normativa italiana per lo smaltimento in discarica.
Dopo la prima fase di sperimentazione svolta nel 2021, ENEL ha attualmente introdotto il protocollo di monitoraggio nella fase di manutenzione delle centrali e nelle perforazioni di nuovi pozzi per manutenzione del campo geotermico; è tuttora in corso la definizione con ARPAT di un protocollo semplificato da utilizzare per il monitoraggio in fase di esercizio delle centrali.