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Il contributo delle donne alla sfida dei cambiamenti climatici
L'impatto della crisi climatica sulla vita quotidiana di milioni di donne e il contributo delle donne alla sfida dei cambiamenti climatici da Rio de Janeiro 1992 alla COP26 di Glasgow 2021
È ormai acclarato come le conseguenze della crisi climatica investano maggiormente le donne. Gli effetti del climate change aggravano la loro vulnerabilità, economica e di accesso a cibo e servizi. Meno scontato è capire come ciò possa avvenire e in che modo i governi dei vari paesi si pongono nei confronti di un problema annoso che colpisce e colpirà, con l’acuirsi della crisi climatica, sempre più donne.
Abbiamo approfondito il tema con Pinuccia Montanari, coordinatrice scientifica Ecoistituto REGE, Ecoistituto Reggio Emilia-Genova Centro di Diritto Ambientale, che è stata tra le poche donne italiane che ha partecipato alle più importanti conferenze internazionali sull’ambiente: Rio de Janeiro nel 1992, Johannesburg nel 2002 e Glasgow nel 2021.
Nell’ambito della sua attività, Lei ha incontrato molte donne, provenienti da paesi di tutto il mondo, impegnate nelle battaglie sociali e per il clima. Qual è l’impatto della crisi climatica sulla vita quotidiana di milioni di donne?
Ho avuto la percezione di quanto grave fossero le conseguenze del danno ambientale e dei cambiamenti climatici sulle donne già da un primo incontro, svoltosi a Venezia nel 1992. Invitammo donne che venivano da vari luoghi del pianeta, donne che erano impegnate in battaglie sociali a difesa della collettività, colpite da disastri e da gravi rischi per la salute e per l’ambiente. Erano donne come Esperanza Martinez che si era battuta per difendere i diritti delle popolazioni indigene dalle deforestazioni causate dalle grandi multinazionali del petrolio. Esperanza riuscì a far introdurre il diritto all’ambiente nella costituzione ecuadoregna. O come Vandana e Mira Schiva che conobbi in quell’occasione, o Indira Jaising che aveva difeso le vittime di Bhopal. Se non manterremo l’aumento della temperatura entro 1,5 ° C, i cambiamenti climatici avranno conseguenze sulla vita delle persone, a causa della siccità, incendi, devastazioni dovute a dissesti idrogeologici. E le prime a percepire queste devastanti situazioni saranno le donne, che svolgono un ruolo centrale nella vita quotidiana delle popolazioni, soprattutto nelle aree più povere. L’Europa e l’Italia si sono impegnate nella riduzione della CO2 e nel contenere l’aumento della temperatura. Ma, sino ad oggi, non mi pare siano stati realizzati risultati concreti. Credo molto nel ruolo delle città. Da lì parte la necessaria inversione di rotta.
Il contributo delle donne alla sfida dei cambiamenti climatici: da Rio de Janeiro (1992) alla COP26 di Glasgow novembre (2021). Cosa è cambiato nel tempo e qual è la voce “differente” delle donne?
Ho partecipato alla Conferenza sull’ambiente di Rio de Janeiro nel 1992, ed assieme a Jutta Steigerwald, Luisa Gnecchi, Grazia Francescato, passavamo i nostri pomeriggi, non solo a seguire i risultati degli accordi internazionali, ma ad ascoltare i racconti delle donne in una grande tenda che si chiamava Planeta femea. Lì ho avuto l’opportunità di confrontarmi con molte donne che, già nel 1992, erano consapevoli della necessità di una conversione ecologica della società. In India avevano già sperimentato la green revolution, che non aveva certo tutelato la biodiversità. Le uniche a difendere la biodiversità, la garanzia del cibo, erano state le donne. In quell’occasione mi resi conto che il nostro stile di vita sarebbe dovuto cambiare per tutelare i boschi e le foreste, non dissipare le risorse che non erano e non sono infinite, come la questione energetica sta dimostrando. In ogni conferenza a cui ho partecipato - per ultima la Cop26 di Glasgow - le donne sono sempre state presenti con esperienze anche alternative, come le contadine che conservano i semi antichi, che garantiscono un cibo sano e libero dai pesticidi, un’agricoltura biologica. Purtroppo queste esperienze difficilmente incidono sulla politica e sulle decisioni. In trent’anni i movimenti hanno fatto passi da gigante e, nel tempo, si è affermata molta cultura ambientale. Ma è ancora troppo poco. Manca una governance dell’ambiente sia a livello italiano che europeo che internazionale.
Lei ha partecipato alla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow nel novembre 2021, con quali risultati?
Durante la Conferenza di Parigi è stato dato molto spazio sia ai giovani ed alle giovani donne negli eventi di Generation climat. Tra i 56 documenti approvati a Glasgow, Gender and Climate change affronta la questione dell’integrazione della dimensione di genere nel piano di azione per il clima, a partire dall’accesso alle tecnologie informative, dall’analisi delle diseguaglianze di genere che possono avere un impatto sull’attuazione di un’efficace azione per il clima, per garantire un’equa partecipazione delle donne alla leadership ed in tutti i processi delle azioni di contrasto al cambiamento climatico, per integrare la dimensione di genere nei piani, nelle strategie e nelle azioni nazionali sui cambiamenti climatici. Il documento richiama la necessità di monitorare i progressi e gli impatti differenziati di genere, esplorando i legami tra azioni per il clima e la promozione di opportunità inclusive, per tutti, in un’economia a basse emissioni, invita a garantire una transizione giusta e la piena partecipazione delle donne e migliorare i livelli di rappresentanza nelle delegazioni, e in tutti gli organismi istituiti, valorizzando il ruolo delle donne come agenti centrali del cambiamento, rafforzando la capacità delle donne e promuovendo l’accesso ai finanziamenti per i clima per le organizzazioni femminili.
Nel libro di cui lei è curatrice, Spigolatrici di ambiente. Il contributo delle donne ai cambiamenti climatici, uscito nel 2021, è presente una vasta rassegna di contributi che adottano un approccio di genere al cambiamento climatico. In che modo?
Nel nostro volume "Spigolatrici d’ambiente” lo sguardo di genere si sviluppa a partire dall’analisi della molteplicità dei percorsi teorici, dall’ecofemminismo che si fonda sull’incontro tra femminismo ed ecologia per combattere la comune oppressione delle donne e della natura fino ad indirizzi di pensiero e pratica di azione, quali la coscienza del limite, il principio di precauzione che pervengono ad un’etica ecologica della cura, superando la prospettiva individualistica, per divenire responsabili del destino dell’aria, dell’acqua, della terra, schiudendo una nuova idea di cittadinanza fondata sull’etica della sostenibilità, dove la cura è centrale non solo per le donne, ma per l’umanità intera e gli ecosistemi. Questa nuova prospettiva è raccontata, ad esempio da Luisella Battaglia, una delle più interessanti filosofe italiane. Le donne sono state, negli anni, protagoniste delle battaglie per il clima e per la Terra, ma oggi occorre un salto di qualità della coscienza collettiva, per risvegliare il mondo e perseguire quella conversione ecologica fondata su cura, interconnessione e autentica sostenibilità, come ci ricorda Grazia Francescato. Nel volume sono protagoniste le esperienze di vita e di lavoro, sviluppate in una prospettiva ecologica, come le attività di ricerca e insegnamento scientifico di Maria Rosa Ronzoni, instancabile educatrice e di Anna Luise che illustra le principali azioni rivolte alle donne e contenute negli accordi multilaterali ambientali. La spinta gentile per la sostenibilità, a cura di Irene Ivoi, aiuta a costruire nuovi ed innovativi comportamenti, tesi a mitigare il caos climatico. Raccontano la loro sfida ai cambiamenti climatici Giovanna Sartori che ha sperimentato e ideato le prime fabbriche del riciclo, prima esperienza concreta di economia circolare, Rosalba Giugni instancabile a difendere del mare, Antonella de Nisco con le sue sperimentazioni tra arte urbana e natura, Teresa Tacchella che ci ricorda che il cibo sano fa bene a noi ed alla terra, Letizia Blommestein e Deidr Pirro che contribuiscono a far avanzare a livello internazionale la tutela giuridica dell’ambiente, Luisa Gnecchi che nella lotta contro le diseguaglianze di genere mette al centro il lavoro e la tutela ambientale, le esperienze e testimonianze di Edvige Ricci ed Elena Mazza, l’ambiente e le favole di Enrica Zinno o Laura Cima che rappresenta la storia della sfida dell’ecofemminismo ai cambiamenti climatici. Il contributo delle donne alla sfida dei cambiamenti climatici, pubblicato dalla casa editrice che ebbe il coraggio di stampare Lettere ad una professoressa di Don Milani, attraverso il racconto e le testimonianze, schiude opportunità di riflessione sul futuro sostenibile, ma avanza anche proposte concrete per realizzarlo.
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