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ARPAT News - newsletter sulle tematiche ambientali
Mercoledì 29 settembre 2021

Settore tessile-moda: sostenibilità ambientale o green washing?


Nel settore industriale tessile-moda, secondo l'indice di sostenibilità (BoF), non c'è ancora molta trasparenza sugli impatti ambientali e sociali prodotti e su quali azioni le aziende di questo comparto stiamo intraprendendo verso la sostenibilità

Negli ultimi tempi, si sente sempre più parlare di responsabilità ambientale e sociale delle grandi aziende della moda, infatti la parola "sostenibilità" è letteralmente esplosa, tanto che, negli ultimi cinque anni, i riferimenti alla sostenibilità, presenti nelle relazioni annuali di alcune delle più grandi aziende di moda del mondo, sono più che raddoppiati.

Di recente, Greta Thunberg, giovane attivista ambientale svedese, chimata a posare per la copertina di Vogue Scandinavia, ha lanciato un messaggio di denuncia contro il "sistema moda", industria, a suo avviso, poco etica e, falsamente "verde", puntando l'attenzione sul fatto che: "Molti fanno sembrare che l'industria della moda stia iniziando ad assumersi le proprie responsabilità, spendendo cifre fantasiose in campagne in cui si dipingono come "sostenibili", "etiche", "verdi", "climaticamente neutre" e eque".

In questo contesto in cui non è ancora del tutto chiaro se prevalga il greenwashing, le campagne pubblicitarie che fanno credere ai consumatori che la moda ha intrapreso un percorso verso la sostenibilità oppure se in realtà il comparto industriale stiamo muovendo realmente dei concreti passi verso la sostenibilità, l'Unione Europea (UE) si inserisce in modo chiaro, cercando di mettere a punto per la fine del 2021 una strategia per il tessile sostenibile.

Il BoF Sustainability Index, da parte sua, ci indica a che punto è il settore, cercando di fare capire attraverso l'analisi dei dati raccolti se il settore moda stia davvero facendo i progressi richiesti per

  • limitare i danni che possono derivare dalla mancanza di attenzione per l'ambiente, in particolare per i cambiamenti climatici 
  • raggiungere tutele sociali più ampie per i lavoratori e per le lavoratrici del comparto tessile moda, dove, come mostrano anche molti video-documentari, esiste molta precarietà, scarsissime tutele, se non addirittura condizioni simili alla schiavitù.

L'obiettivo del BoF non è quello di premiare o mettere in cattiva luce un'azienda piuttosto di un’altra, ma fare il punto sui progressi fatti, sfruttare i dati per identificare carenze e delineare un quadro chiaro per il futuro.

donneLa lotta al cambiamento climatico ed il raggiungimento di un buon livello di benessere lavorativo dei lavoratori e delle lavoratrici del settore si presentano come due sfide cruciali per il prossimo decennio. La moda ha e avrà un ruolo di primo piano nell'affrontare queste due sfide, sia perché opera su scala globale sia perché ha una grossa influenza culturale.

I marchi di moda hanno intensificato i loro impegni per operare in modo più responsabile, misurare i progressi in modo comparabile e standardizzato, ma verificare in concreto cosa stanno facendo è un compito veramente arduo, come emerge dal report BoF Sustainability Index. Questo indice mira a creare un punto di riferimento trasparente e affidabile per tracciare in modo chiaro i progressi e renderli misurabili in termini di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità nell'industria della moda, prendendo in considerazione l’attività realizzata dalle imprese moda operanti in tre settori specifici, quali: lusso, high street ed abbigliamento sportivo.

L'indice tiene in considerazione oltre 5.000 dati per ogni azienda, utilizzando 338 metriche in sei categorie per misurare il raggiungimento di 16 ambiziosi obiettivi ambientali e sociali fissati dal “The Business of Fashion” con il sostegno anche di un consiglio di esperti globali in materia di sostenibilità.

rifiuti tessiliIl punteggio medio delle aziende valutate, in base all’indice BoF, raggiunge il valore di 36 su 100, che significa, da una parte, un impegno positivo dell'industria della moda sul tema della sostenibilità, dall’altra la presenza di una retorica ancora spinta, spesso molto più avanti rispetto alle azioni concrete realizzate dalle aziende.

Anche tra le quelle più grandi e più ricche del settore, purtroppo ancora si registrano "realtà imprenditoriali" che hanno appena iniziato a misurarsi con le questioni chiave: trasparenza, emissioni in atmosfera, inquinamento dell’acqua, spreco di acqua, uso di prodotti chimici, consumo di materie prime, produzione di rifiuti e diritti dei lavoratori e lavoratrici. 

L'impennata della retorica della sostenibilità è il risultato di molteplici elementi:

  • in primis, chi fa commercio ha compreso che mandare messaggi che veicolano valori è uno strumento sempre più potente nell'arsenale di un marchio di moda, soprattutto quando ci si rivolge ad una nuova generazione di consumatori, le cui vite sono state modellate da recenti sconvolgimenti politici, sociali e ambientali, come quelli a cui abbiamo assistito di recente.
  • un terzo dei consumatori statunitensi Millennial e Gen-Z afferma che spenderà di più per prodotti meno dannosi per l'ambiente. In Europa, due terzi indicano che non compreranno o ridurranno significativamente la loro spesa per prodotti di marchi che maltrattano i dipendenti o i fornitori.
  • le aziende sono alle prese anche con pressioni interne, infatti, i dipendenti chiedono sempre più spesso che la cultura aziendale e le pratiche commerciali riflettano valori positivi.

Dall'altra parte, gli investitori ed i politici cominciano a stare più attenti a come si comporta questo comparto industriale, per evitare rischi finanziari, ambientali e ricadute negative dal punto di vista politico.

abitiL'investimento sostenibile, una volta considerato una nicchia riservata alle fondazioni caritatevoli o basate su movimenti religiosi, è diventato “mainstream”, ovvero centrale, alimentando un interesse, sempre più crescente, che coinvolge l’ambiente, il sociale, la governance, ma anche la finanza. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il patrimonio totale dei fondi sostenibili ha raggiunto un record di quasi 1,7 trilioni di dollari alla fine del 2020 (dati Morningstar) ed i più importanti marchi della moda hanno colto l’importanza della finanza verde, con un numero crescente di aziende che emettono debito legato al raggiungimento degl obiettivi di sostenibilità ambientale.

Al tempo stesso, i governi a livello centrale, ma anche locale, sono sotto pressione per introdurre politiche, incentivi e norme in grado di favorire il raggiungimento gli obiettivi globali per ridurre i rischi legati al cambiamento climatico. Le scelte politiche francesi si mostrano su questo particolarmente attente, lo scorso anno, con decreto legge, è stato vietato, a partire dal 2023, ai marchi di distruggere le scorte rimanenti e l'invenduto. Di recente, l'Assemblea Nazionale francese ha approvato il disegno di legge contro la crisi climatica e la resilienza, che contempla, tra le varie azioni, anche quella di applicare sui prodotti di consumo un'etichetta ambientale che mostri quale sia l'impronta di carbonio del prodotto.

Le aziende del settore tessile - moda percepiscono questi mutamenti intorno a loro, e si stanno attivando, rispondendo a queste ed altre necessità di cambiamento, impegnandosi sul tema della sostenibilità e inviando messaggi promozionali che puntano soprattutto sulle collezioni ecologiche e sulla giustizia sociale.

Ma le loro azioni sono all'altezza delle loro parole?

Rispondere a questa domanda richiede di districarsi in un labirinto sconcertante di informazioni. Senza un un linguaggio standardizzato o un reporting regolamentato e un quadro normativo definito, decifrare ciò che le aziende stanno effettivamente facendo è estremamente difficile. Le informazioni non sono sempre rese disponibili al pubblico e anche quando vi è trasparenza, l’accuratezza di quanto realizzato è difficile da valutare.

Quello che emerge dal report è che, nonostante decenni di lavoro, le catene di fornitura della moda, spesso non lineari e opache, risultano ancora al centro degli scandali per la violazioni dei diritti fondamentali del lavoro. Come accaduto con la pandemia di Covid-19; nei primi mesi del 2020, molti marchi di moda si sono rifiutati di pagare i prodotti finiti, con ripercussioni disastrose per i lavoratori e le lavoratrici dell'abbigliamento in importanti paesi di produzione come Bangladesh e Cambogia, poi, con il ritorno degli ordini, alcuni marchi hanno chiesto ai loro fornitori di abbassare i prezzi, aumentando la pressione su coloro che lavorano nelle fabbriche di abbigliamento, che hanno visto peggiorare le loro condizioni di lavoro e di vita.

textiles.pngLo stesso può dirsi per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, l'industria della moda, infatti, continua a produrre emissioni in atmosfera, responsabili del cambiamento del clima, rilasciare sostanze chimiche nei corsi d’acqua, risucchiare quantità elevate di acqua e altre materie prime non rinnovabile oltre che generare volumi crescenti di rifiuti.

Bisogna, però, anche riconoscere che le divulgazioni pubbliche sono un barometro imperfetto della misurazione della performance aziendale, la metodologia utilizzata dal BoF, infatti, ha dei limiti e diverse aziende esaminate si sono mostrate non completamente d'accordo con l’approccio utilizzato. La metodologia applicata, infatti, è di natura binaria, in quanto si basa su una serie di domande con risposta sì-no per valutare quanto fatto dalle aziende in termini di sostenibilità ambientale e sociale.

Questo ha creato un quadro rigido che non ha sempre messo in evidenza pienamente gli sforzi realizzati dalle aziende. Inoltre, la metodologia è progettata per misurare progressi verso obiettivi, piuttosto che prendere semplicemente un'istantanea delle pratiche attuali.

In ogni caso, le aziende esaminate hanno dimostrato di avere realizzato progressi nella trasparenza e nelle emissioni in atmosfera, dove l'attenzione sulla fissazione degli obiettivi e sulla divulgazione delle informazioni ha dato vita ad un quadro più preciso. Al contrario, i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici insieme alla questione dei rifiuti si sono rivelati le aree più deboli in base alla valutazione del BoF.

Questo significa che deve essere fatto di più per dimostrare che si stanno superando certi status quo in materia di lavoro (anche se pochi ci sono riusciti) e che sono necessari maggiori sforzi per stabilire modelli di business circolari, che, al momento, sono ancora allo stadio iniziale.

Ci sono già segnali positivi che evidenziano un maggiore impegno nel 2021, con le aziende che fissano nuovi obiettivi e la sperimentazione di nuovi modelli di business, ma l'impatto di questi sforzi sarà valutato nella prossima edizione del BoF Sustainability Index.

Leggi "The BoF Sustainability Index"

Testo di Stefania Calleri


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